La compatibilità della carica di consigliere comunale con la qualifica di dirigente medico ASL
Non sussiste incompatibilità tra la qualifica di dirigente medico di una ASL e la carica di consigliere comunale. L’art. 14, D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, infatti, nel disciplinare le “incompatibilità tra incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali”, prevede l’incompatibilità con la carica di consigliere comunale solo con riferimento agli incarichi di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario.
La sentenza in esame osserva, infatti, come, il D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39 (adottato in attuazione della delega di cui all’art. 1, comma 49 e 50, L. 6 novembre 2012, n. 190, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, nonché della prevenzione dei conflitti di interessi), disciplini la materia dell’inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.
Ora ai sensi del disposto dell’art. 14 D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, si deve ritenere che non sussista incompatibilità tra la qualifica di dirigente medico di una ASL e la carica di consigliere comunale.
Quest’ultimo articolo, infatti, nel disciplinare le “incompatibilità tra incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali”, prevede la sussistenza di incompatibilità con la carica di consigliere comunale solo con riferimento agli incarichi di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario.
Ciò in quanto il legislatore delegante, e di riflesso quello delegato, hanno inteso dettare per il personale delle aziende sanitarie una disposizione speciale che, nel momento stesso in cui assoggetta al regime delle incompatibilità i tre incarichi di vertice, implicitamente ma inequivocamente esclude da quel regime il personale ad essi subordinato, pur se rivestito di funzioni denominate “dirigenziali”.
Tale conclusione è in linea con la corretta premessa teorica secondo cui le norme che impongono limiti ai diritti di elettorato attivo e passivo dei cittadini -e fra queste anche quelle in materia di incompatibilità- sono da considerare di stretta interpretazione.