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Diritto Tributario. Nel processo tributario se almeno un esemplare dell’atto è firmato il ricorso ammissibile

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Nel processo tributario se almeno un esemplare dell’atto è firmato il ricorso ammissibile

In omaggio al principio secondo il quale le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro valore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone così l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato, la Suprema Corte, con sentenza del 17 novembre 2014, n. 24461, ha affermato che, in tema di processo tributario, la mancata sottoscrizione del ricorso sulla copia consegnata o spedita per posta all’Ufficio finanziario non costituisce causa di inammissibilità dell’atto in presenza della sottoscrizione sull’originale depositato nella segreteria del giudice tributario adito.

Tale il principio ribadito dalla Suprema Corte in una recente decisione. Per impedire l’inammissibilità del ricorso, osserva il giudice di legittimità in adesione a quanto già di recente affermato, è sufficiente che almeno un esemplare dell’atto rechi la firma autografa dell’autore, irrilevante poi essendo, nel caso di notifica diretta a mezzo posta, l’irregolarità rappresentata dal fatto che tale esemplare sia quello depositato presso la segreteria della Commissione e non quello consegnato all’Ufficio. Tale opzione ermeneutica non pregiudica il diritto di difesa dell’Ufficio, perché in ragione dello sfasamento tra il termine di costituzione del ricorrente -gg. 30 dalla proposizione del ricorso, art. 22 D.Lgs. n. 546 del 1992– ed il termine di costituzione della parte resistente -gg. 60 dalla notifica, consegna o ricevimento del ricorso art. 23 D.Lgs. n. 546 del 1992– la parte resistente che riceva un ricorso, ancorché non firmato, contro un proprio provvedimento è comunque in condizione di cominciare a predisporre le proprie difese, salvo stabilire se costituirsi o meno in giudizio dopo aver verificato la sussistenza della sottoscrizione sull’originale che il contribuente depositi nella segreteria del giudice adito nel termine di cui al cit. art. 22.

La Suprema Corte, nel caso che ci occupa, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale il giudice tributario di appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal contribuente avverso un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2002.

Il giudice tributario adito, conclude la Cassazione, dovrà così pronunciarsi sull’ammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente attenendosi al principio enunciato, previa verifica della presenza della sottoscrizione sull’atto depositato nella sua segreteria e della conformità tra quest’ultimo e la copia consegnata o spedita per posta all’ufficio.

Cass. Civ., Sez. VI – 5, 17 novembre 2014, n. 24461

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24020/2011 proposto da:

DAL TARANTINO SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 271, presso lo studio dell’avvocato TORNITORE ANTONELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato FARALLI BENEDETTO PAOLO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 327/40/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 21/05/2010, depositata il 28/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’08/10/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato Garofalo Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Svolgimento del processo

 

La società Dal Tarantino srl ricorre contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal contribuente avverso un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2002.

Il ricorso si articola in due motivi; con il primo, si censura il vizio di insufficiente motivazione in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa omettendo di esaminare l’attendibilità del metodo di accertamento induttivo sulla cui base era stato emesso l’avviso di accertamento impugnato; col secondo si censura la violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18) in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa statuendo l’inammissibilità del ricorso introduttivo per mancanza di sottoscrizione dell’esemplare dell’atto inviato all’Ufficio.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

La causa, portata in camera di consiglio con relazione ex art. 380 bis c.p.c., veniva discussa nell’adunanza del 22.1.14, per la quale la difesa erariale depositava una memoria difensiva, e quindi rimessa dal Collegio alla pubblica udienza, ove è stata decisa l’8.10.14.

 

Motivi della decisione

 

Il primo motivo è inammissibile, in quanto privo di pertinenza alle motivazioni della sentenza gravata; quest’ultima, infatti, non ha nemmeno affrontato il merito della controversia, limitandosi ad una declaratoria di inammissibilità del ricorso della società contribuente per ragioni di rito.

Il secondo motivo appare invece fondato.

L’assunto della Commissione Tributaria Regionale urta contro l’insegnamento di questa Corte espresso secondo il quale:

Le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo (extrema ratio) è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l’insegnamento fornito dalla Corte costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità” (sentenze C.Cost. nn. 189 del 2000 e 520 del 2002).

– La chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, (“ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità (da intendersi, come si è detto, quale vera e propria extrema ratio) quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.

– In particolare, con riferimento alla previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, riguardante la menzionata attività di consegna del ricorso in originale all’Ufficio finanziario e di deposito della copia, attestata come conforme dalla parte, presso la segreteria della Commissione, non si può far discendere l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio dalla eventuale irregolarità che abbia avuto ad oggetto tale procedura e, in ipotesi, sia consistita nel rovesciamento dell’ordine procedimentale fissato dalla legge, con la consegna della copia (anzichè dell’originale) all’Ufficio e il deposito dell’originale (anzichè della copia conforme) presso l’organo giurisdizionale.

Alla stregua di tali principi – espressi fin dalla sentenza n. 21170/2005 e poi ribaditi con le sentenze 6391/2006, 29394/2008, 15444/2010 e 6130/2011 – deve escludersi che il ricorso introduttivo possa considerarsi inammissibile per il solo fatto che all’Ufficio sia stata consegnata una copia conforme del ricorso, e non l’originale, in quanto l’inammissibilità discende solo dalla difformità – eventualmente riscontrata da parte del giudice all’esito dell’esibizione degli originali disposta ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, – tra l’atto consegnato o spedito per posta all’Ufficio e quello depositato nella segreteria della Commissione Tributaria.

Ciò posto, è ulteriormente necessario chiedersi se, come afferma la sentenza gravata, la mancanza di sottoscrizione del ricorso sulla copia consegnata o spedita per posta all’Ufficio costituisca causa di inammissibilità dello stesso indipendentemente dalla eventuale presenza della sottoscrizione sull’originale depositato nella segreteria della Commissione Tributaria Provinciale.

La difesa erariale prospetta una risposta positiva a tale quesito, sottolineando (in particolare a pag. 2 della memoria difensiva) come il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 3, (la cui violazione è sanzionata, nel quarto comma dello stesso articolo, con l’inammissibilità del ricorso) prescriva: “la sottoscrizione del difensore o della parte dev’essere apposta tanto nell’originale quanto nelle copie del ricorso destinate alla altre parti”, e richiama, a conforto del proprio assunto, il precedente di questa Corte n. 14117/09, secondo cui “il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, nella disciplina del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ove direttamente proposto per mezzo del servizio postale o con consegna all’ufficio finanziario, è inammissibile, quando manchi la sottoscrizione dell’autore dell’atto (la parte o il suo difensore) nella copia depositata con la costituzione in giudizio, indipendentemente dall’eventualità che la controparte non contesti la sottoscrizione dell’originale”. Tale precedente è però stato superato dalla giurisprudenza successiva e, in particolare, dalla sentenza n. 14389/10, che, in esplicito dissenso con la sentenza n. 14117/09, ha affermato che “La mancata sottoscrizione in originale, da parte del ricorrente o del suo difensore, della copia del ricorso depositata presso la segreteria del giudice tributario, non determina l’inammissibilità del ricorso, ma una mera irregolarità, atteso che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, richiede unicamente che la parte o il difensore (quando e se nominato) attestino la conformità di tale copia all’originale notificato alla controparte, la quale può riscontrare l’esistenza della firma nell’originale dell’atto ad essa spedito o consegnato, e che la necessità di tale requisito, a pena d’inammissibilità, non può desumersi neppure dall’art. 18, comma 3, del D.Lgs. cit., che regola unicamente l’ipotesi di ricorso proposto contro più parti, richiedendo la sottoscrizione in originale su tutte le copie dell’atto “destinate alle altre parti”, e non sulla copia depositata a fini di costituzione in giudizio”. In particolare, in detta sentenza si sottolinea, convincentemente, che, per un verso, le “copie del ricorso”, di cui l’art. 18, impone la sottoscrizione a pena di inammissibilità, sono soltanto quelle “destinate alle altre parti” – quindi le copie impiegate per la “notificazione” (nel senso del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3) e, per altro verso, che nella previsione (certamente in senso tecnico) delle “altre parti” del processo, non è compreso, nè può essere compreso, il giudice perchè soggetto (come le parti) del processo ma non parte dello stesso processo.

Questo Collegio non trascura la differenza tra il caso esaminato nella sentenza n. 14389/10 (nel quale la firma del ricorso, presente sull’atto notificato all’Ufficio, mancava su quello depositato nella segreteria della Commissione Tributaria) e il caso oggetto del presente giudizio (nel quale la firma del ricorso, presente sull’atto depositato nella segreteria della Commissione Tributaria, manca su quello notificato all’Ufficio); ma – sul principio, ormai pacifico in giurisprudenza, che l’inversione dello schema procedimentale delineato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, con la notifica della copia dell’atto ed il deposito nella segreteria della commissione tributaria dell’originale, da luogo ad una mera irregolarità, non sanzionata dall’inammissibilità (6391/06, 12185/08, 15444/10) – ritiene, in adesione all’ordinanza di questa stessa Sezione Sesta/Trib. n. 10282/13, che per impedire l’inammissibilità del ricorso sia sufficiente che almeno un esemplare dell’atto rechi la firma autografa dell’autore, irrilevante poi essendo, nel caso di notifica diretta a mezzo posta, l’irregolarità rappresentata dal fatto che tale esemplare sia quello depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria e non quello consegnato all’Ufficio.

La conclusione sopra enunciata, va aggiunto, non pregiudica il diritto di difesa dell’Ufficio, perchè, in ragione dello sfasamento tra il termine di costituzione del ricorrente (gg. 30 dalla proposizione del ricorso, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22) ed il termine di costituzione della parte resistente (gg. 60 dalla notifica, consegna o ricevimento del ricorso, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23) la parte resistente che riceva un ricorso, ancorchè non firmato, contro un proprio provvedimento è comunque in condizione di cominciare a predisporre le proprie difese, salvo stabilire se costituirsi o meno in giudizio dopo aver verificato la sussistenza della sottoscrizione sull’originale che il contribuente depositi nella segreteria del giudice adito nel termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22. La sentenza gravata va quindi cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale perchè la stessa si pronunci sulla ammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente attenendosi al principio di diritto sopra enunciato, previa verifica della presenza della sottoscrizione sull’atto depositato nella sua segreteria e della conformità tra quest’ultimo e la copia consegnata o spedita per posta all’Ufficio.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2014