La Corte di giustizia dell’Unione europea si pronuncia in merito al rilascio di un certificato protettivo complementare («CPC»).
La Corte lussemburghese chiarisce in via pregiudiziale l’interpretazione degli articoli 1, lettera b), e 3, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali.
Il Giudice dell’Unione stabilisce che gli articoli 1, lettera b), e 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, non ostano, in linea di principio, a che un principio attivo possa formare oggetto di un certificato protettivo complementare qualora tale principio attivo sia in legame covalente con altri principi attivi inclusi nella composizione di un medicinale. Ancora, l’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009 osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per un principio attivo il cui effetto non rientra nelle indicazioni terapeutiche riportate nel testo dell’autorizzazione di immissione in commercio. Infine, l’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009 si interpreta nel senso che una proteina vettrice, coniugata ad un antigene polisaccaridico per mezzo di un legame covalente, può essere qualificata come «principio attivo», ai sensi di tale disposizione, soltanto qualora sia dimostrato che tale proteina produce un effetto farmacologico, immunologico o metabolico proprio, rientrante nelle indicazioni terapeutiche dell’autorizzazione di immissione in commercio, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto che caratterizzano la controversia principale.
Il tema è di certo rilievo scientifico e presenta interessanti aspetti per la salute dell’uomo in ragione dell’uso pediatrico, e non solo, di taluni medicinali.
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