Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (CGA), con l’ordinanza n. 1 del 15.01.2015, ha rimesso all’esame della Corte di Giustizia dell’UE due questioni pregiudiziali di compatibilità della normativa nazionale, in materia di appalti, con il diritto comunitario: la prima, concerne la valutazione della legittimità, in relazione agli articoli 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE e con riferimento all’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, dell’articolo 49 del D.Lgs n. 163 del 2006, nella parte in cui consente, ad un’impresa partecipante a una gara di evidenza pubblica, di ricorrere all’istituto dell’avvalimento anche in forma frazionata; la seconda questione, invece, riguarda il rapporto di compatibilità tra i principi comunitari della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto e della proporzionalità con quello della parità di trattamento tra le imprese concorrenti, nelle ipotesi in cui il bando della procedura ad evidenza pubblica non abbia indicato espressamente il possesso di un requisito di partecipazione, ancorché la necessaria ricorrenza del medesimo possa ricavarsi da un’interpretazione estensiva del quadro normativo vigente, nonché dalla eterointegrazione degli atti di indizione della procedura.
La controversia sottoposta al vaglio del Supremo Consesso siciliano si incentra sulla contestazione, da parte dell’impresa appellante, della mancata esclusione, da una gara pubblica, di altra impresa, la quale presentava, in luogo di due, una sola dichiarazione di un istituto bancario, avvalendosi, per l’altra dichiarazione, del requisito posseduto dall’impresa ausiliaria, a sua volta, munita di una sola referenza.
In particolare, la ricorrente ha impugnato la sentenza adottata dal Giudice di prime cure nella parte in cui considera il requisito, consistente nella presentazione delle suddette dichiarazioni, suscettibile di essere integrato mediante il ricorso all’avvalimento dell’impresa ausiliaria; in secondo luogo, l’impresa appellante ha affermato che, sebbene il requisito de quo non fosse stato espressamente previsto dal bando di gara, la sussistenza del medesimo poteva essere ugualmente desunta da una interpretazione estensiva della lex specialis di gara. Al riguardo, viene precisato che l’eterointegrazione degli atti di gara può essere agevolmente realizzata e, dunque, pretesa da un “esperto in materia”, ritenendosi tale chi concorre ad una gara pubblica.
Il Collegio, ha osservato che la controversia dinanzi a sé prospettata non possa prescindere da una previa pronuncia della Corte di Giustizia in merito a due questioni, rilevanti ai fini della decisione, concernenti la corretta interpretazione del diritto sovranazionale.
Con riferimento alla prima questione, relativa alla compatibilità con il diritto comunitario del c.d. avvalimento frazionato, disciplinato dal citato art. 49, comma 6, del D.Lgs. 163/2006, il CGA afferma che la normativa nazionale, a ben vedere, non vieta l’avvalimento frazionato, se non per i lavori nell’ipotesi di cui al comma 6 (comma peraltro, di recente sostituito dall’art. 21, comma 1, della L. 30 ottobre 2014, n. 161). Si osserva, inoltre, che il Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 5874/2013, ha ricordato come la Corte di Giustizia, sez. V, con pronuncia del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12, abbia riconosciuto l’ammissibilità del c.d. “avvalimento plurimo o frazionato” e che tale orientamento è vincolante per il giudice nazionale.
Il Collegio, rifacendosi alla regola in base alla quale il “più” comprende il “meno”, afferma, con riferimento al caso sottoposto alla sua attenzione, che: “Se si ammette che un’impresa possa ricorrere all’avvalimento per entrambe le referenze bancarie, a fortiori la logica elementare dovrebbe condurre a concludere che il medesimo istituto possa essere attivato anche per una sola referenza”; tuttavia, in virtù della differenza ontologica intercorrente tra la fattispecie oggetto della controversia e quella esaminata nel citato precedente della Corte di Giustizia dell’Unione europea, e, in considerazione del rinnovato quadro normativo per effetto della recente direttiva 2014/24/UE (le cui norme, pur non essendo ancora state recepite in Italia, risultano ugualmente applicabili, quanto meno sotto il profilo dell’obbligo, in capo ai giudici nazionali, di selezionare e di prediligere, tra le varie interpretazioni del diritto interno, soltanto quelle conformi alle norme eurounitarie da recepire), il Collegio reputa doveroso richiedere, sul punto, la corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea.
In particolare, viene evidenziato che l’art. 63 della direttiva da ultimo menzionata sembra, almeno prima facie, porsi in rotta di collisione con quanto previsto dalla giurisprudenza comunitaria in materia di avvalimento. Tale norma, infatti, attribuisce all’amministrazione aggiudicatrice il potere di esigere, proprio nel caso di avvalimento dei requisiti di capacità economica e finanziaria (il c.d. “avvalimento di garanzia”), che l’operatore economico ausiliato e i soggetti ausiliari siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto, nonché la possibilità di pretendere discrezionalmente che talune prestazioni critiche siano direttamente svolte dall’offerente stesso (quindi, con divieto di avvalimento).
Per le ragioni appena esposte, il CGA ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’UE il seguente quesito: “Se gli artt. 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, debbano essere interpretati nel senso che essi ostino a una normativa nazionale, come quella italiana sopra descritta, che consente l’avvalimento frazionato, nei termini sopra indicati, nell’ambito dei servizi”.
Il secondo interrogativo sollevato dal Supremo Consesso siciliano, invece, mira a comprendere se debba considerarsi prevalente l’esigenza di garantire la tutela della parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto e della proporzionalità, e se debba ritenersi opportuna, o no, l’esclusione dalla gara delle imprese che non risultino munite di quei requisiti che, pur non essendo previsti espressamente dal bando, risultino ugualmente desumibili da una interpretazione estensiva del medesimo.
A tal proposito, il Collegio afferma che la giurisprudenza amministrativa, in varie occasioni, ha stabilito che l’esclusione di un’impresa da una procedura di evidenza pubblica ben potrebbe derivare dalla mancata dimostrazione del possesso di un requisito non richiesto espressamente dalla normativa di gara, sempreché la necessità del requisito de quo sia ricavabile attraverso il meccanismo di eterointegrazione degli atti amministrativi (che, nell’ordinamento italiano, poggia in via generale sull’art. 1339 c.c.); tuttavia il Collegio si domanda se un simile orientamento giurisprudenziale possa ritenersi compatibile con il principio della tutela del legittimo affidamento, insieme a quelli della certezza del diritto e della proporzionalità, come riconosciuti nel diritto dell’Unione europea, o se, invece, i principi appena richiamati ostino a una regola del diritto italiano che consenta di escludere da una procedura di evidenza pubblica un’impresa che abbia fatto affidamento sulla completezza degli atti amministrativi con i quali sia stata indetta una gara.
Sulla base di tali premesse, il CGA ha ritenuto opportuno rimettere al vaglio della Corte di Giustizia il seguente quesito: “Se i principi del diritto dell’Unione europea, e segnatamente quelli di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità, ostino, o no, a una regola dell’ordinamento di uno Stato membro che consenta di escludere da una procedura di evidenza pubblica un’impresa che non abbia percepito, perché non espressamente indicato dagli atti di gara, un obbligo – il cui inadempimento sia sanzionato con l’esclusione – di provvedere al versamento di un importo per i fini della partecipazione alla predetta procedura e ciò nonostante che l’esistenza di detto obbligo non sia chiaramente desumibile sulla base del tenore letterale della legge vigente nello Stato membro, ma sia tuttavia ricostruibile a seguito di una duplice operazione giuridica, consistente, dapprima, nell’interpretazione estensiva di talune previsioni dell’ordinamento positivo dello stesso Stato membro e, poi, nella integrazione – in conformità agli esiti di tale interpretazione estensiva – del contenuto precettivo degli atti di gara”.
C.G.A. Sicilia, Sez. Giurisdizionale, Ord., 15 gennaio 2015, n. 1