11 febbraio 2015 Corte Costituzionale: nella determinazione dell’assegno divorzile non si può tener conto solo del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio
È stata depositata, in data 11 febbraio 2015, sentenza n. 11 con la quale la Corte Costituzionale ha definitivamente fugato ogni dubbio in merito agli elementi cui parametrare l’assegno divorzile, nella cui determinazione, pur non potendo prescindersi dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, deve necessariamente tenersi conto anche degli altri criteri indicati dall’art. 5 comma 6 legge n. 898/1970.
Tale disposto normativo pone claris verbis in evidenza la natura composita dell’assegno divorzile, che, accanto alla natura più schiettamente assistenzialistica, manifesta una componente di tipo compensativo, come testimoniato dal rilievo dato all’apporto personale e patrimoniale di ciascuna delle parti alla conduzione della vita in costanza di matrimonio, ed una di tipo risarcitorio, come dimostra la necessità di tener conto dell’eventuale responsabilità di uno dei due coniugi alla rottura del nucleo familiare.
Nonostante il giudice della nomofilachia, anche di recente, abbia ribadito il proprio consolidato orientamento, secondo il quale il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, pur rilevando in astratto per determinare il tetto massimo della misura dell’assegno (in termini di tendenziale adeguatezza al fine del mantenimento del tenore di vita pregresso), vada poi in concreto bilanciato con tutti gli altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5, il Tribunale ordinario di Firenze ha di recente sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, dell’art. 5, sesto comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, «nell’interpretazione di diritto vivente per cui l’assegno divorzile deve necessariamente garantire al coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio».
Il giudice rimettente ravvisa una “contraddizione logica fra l’istituto del divorzio, che ha come scopo proprio quello della cessazione del matrimonio e dei suoi effetti, e la disciplina in questione, che di fatto proietta oltre l’orizzonte matrimoniale il tenore di vita in costanza di matrimonio”, nonché un contrasto “per eccesso” con il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., nonché con l’art. 29 Cost., “esprimendo una concezione criptoindissolubilista del matrimonio che appare oggi anacronistica».
La Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità sollevata, affermando che, nei casi di divorzio, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce l’unico parametro di riferimento ai fini della statuizione sull’assegno divorzile, ma va di volta in volta bilanciato con altri parametri: condizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione, che agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto.