Diritto Penale. È integrato il delitto di violenza sessuale anche se questa si realizza tra coniugi ed in assenza di un dissenso attuale esplicito della vittima.
Con sentenza n. 3231 del 23 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha modo di intervenire in riferimento al delitto di violenza sessuale ex art.609 bis c.p., ritenendone integrata la fattispecie anche allorché la stessa si realizzi tra coniugi.
La Suprema Corte, invero, afferma che è del tutto irrilevante che tra il marito e la moglie esista un’abitualità di rapporti intimi perché, in ogni caso, ciascuno di essi deve essere caratterizzato da una convergenza di volontà e non può mai discendere dalla imposizione di una parte sull’altra in nome di una sorta di “abitudine” o (ancor meno) di una pretesa conseguente all’esistenza del rapporto di coniugio (che non degrada la persona di un coniuge ad oggetto di possesso dell’altro coniuge).
Del pari, secondo la Corte, è irrilevante che il “dissenso” della vittima ai rapporti sarebbe stato espresso blandamente sì che l’imputato, a causa della sua condizione di alterazione alcolica e per droghe, non sarebbe stato in grado di percepirlo.
Si afferma, nella pronuncia in argomento, infatti, che il dissenso al rapporto sessuale imposto può essere espresso flebilmente senza che, per questo, l’imputato possa invocare la cosa a propria scusante, visto che il reato di abuso sessuale, proprio perché coinvolge una delle sfere più intime dell’individuo, sussiste anche laddove la vittima, per “rassegnazione”, abbia finito per non opporsi più, né con le parole né con i fatti, alle avances sessuali del soggetto attivo quando questi si sia mostrato del tutto incurante delle iniziali espressioni di diniego e la situazione complessiva ponga la persona offesa in una condizione di soggezione.
A tale stregua, infatti, si è ritenuto che l’apparente “accondiscendenza” è solo finalizzata a porre fine ad una situazione divenuta angosciosa ed insopportabile.
In altri termini, integra il delitto di violenza sessuale, non solo la violenza che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta con il compimento di atti idonei a superare la volontà contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica in un contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della vittima.