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Diritto Civile. Convivenza coniugale e delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale. (Cass., I sez. civ., 1494/2015).

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Convivenza coniugale e delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale.

Con la sentenza n.1494 del 27 gennaio 2015, la Prima Sezione Civile della Cassazione torna a pronunciarsi sul tanto tormentato problema della non delibabilità di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale per la prolungata convivenza tra i coniugi. Fino a qualche tempo fa, vi era contrasto all’interno delle stesse sezioni della Suprema Corte in relazione alla considerazione della convivenza quale motivo di ordine pubblico ostativo ad attribuire efficacia giuridica nell’ordinamento italiano alle sentenze canoniche (Cass. 1343/2011; 1786/2012;8926/2012). Con la sentenza n.16379/2014, le S.U. hanno introdotto un’importante regola limitatrice, stabilendo che non possono essere delibate le sentenze di nullità matrimoniale, quando la convivenza tra i coniugi è durata per tre o più anni. Lungi dall’intraprendere un commento a tale sentenza, la Corte ha di sicuro voluto porre un freno agli abusi dell’istituto della delibazione, che consentivano a molti coniugi di eludere la normativa italiana sul mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole.

Nel caso di specie, il ricorrente ritiene che la Corte di Appello di Lecce non abbia tenuto nel debito conto il fatto che egli fosse affetto da una radicale incapacità di tipo psichico nell’adempiere alle obbligazioni essenziali derivanti dal matrimonio, tale da viziare il consenso e dichiararne la nullità canonica (can.1095 §3 CIC). Ciò a prescindere dal fenomeno della coabitazione, che ai sensi dell’art.120 c.c., avrebbe avuto rilievo solo se fosse venuta meno la causa d’invalidità. Inoltre, il ricorrente lamenta la violazione dell’art.8 dell’Accordo di Revisione del 1984, poiché la convivenza coniugale non sarebbe espressiva delle norme fondamentali che disciplinano l’istituto del matrimonio, così come stabilito dalla Cassazione con la sentenza n.8926/2012. La Corte di Appello avrebbe violato anche gli artt.120 e 143 c.c., in quanto non avrebbe accertato se nel caso di specie si fosse realizzata un’effettiva comunione coniugale, essendo irrilevante la mera coabitazione materiale (Cass. n.1780/2012).

La Corte rigetta il ricorso proprio alla luce dei principi offerti dalle S.U. con la sentenza 16379/2014; la convivenza è un elemento essenziale del matrimonio rapporto, che lo connota in modo determinante, per cui è di ostacolo alla dichiarazione di efficacia di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, così come delineato in Costituzione (artt.2,3,29 e 30), dalla Cedu (art.9) e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (art.7). Infatti, sebbene l’incapacità psichica possa viziare il matrimonio atto, non può in alcun modo inficiare i parametri di ordine pubblico che caratterizzano il matrimonio rapporto. La moglie aveva costantemente assistito il marito per circa 12 anni, dando così luogo ad una convivenza effettiva, fonte di obblighi e diritti per i coniugi.

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Cass., I sez. civ., 1494/2015.