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Diritto Civile. L’integralità del risarcimento del danno deve tener conto anche del chance lavorative.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Diritto Civile. L’integralità del risarcimento del danno deve tener conto anche del chance lavorative. 

Il caso di specie, sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, permette a quest’ultima di riaffermare quanto ormai già dalla stessa espresso con la sentenza delle S.U. n.26972 del 2008, a proposito dell’unitarietà della liquidazione del danno non patrimoniale.

Il ricorso presentato dall’attore si articola in tre motivi; nel primo, il ricorrente impugna il capo della sentenza della Corte di Appello nella parte in cui ha negato a quest’ultimo il risarcimento del danno patrimoniale, per avere egli perso, a seguito del sinistro di cui è stato vittima, l’opportunità di essere  assunto  presso  la  Italcoge  S.r.l.  come  operatore  elettrico;  a  tal  proposito  produceva  in giudizio la lettera della società in cui   quest’ultima comunicava ciò. La Cassazione accoglie il motivo, ritenendo che la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non proposta dall’attore in primo grado, comprende necessariamente tutte le voci di danno, e, quindi, anche il lucro cessante, a prescindere da qualsiasi precisazione in tal senso ed in virtù dell’onnicomprensività di tutte le voci di danno. Dunque, sussistono nel caso di specie tutti i presupposti per poter risarcire il danno da perdita di chance lavorativa che il ricorrente ha subito, a prescindere dal fatto che il rapporto di lavoro con la società in questione si sarebbe effettivamente instaurato.

Nel secondo motivo, rigettato dalla Corte, si riferisce alla mancata motivazione della liquidazione del danno biologico, nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che il giudice di prime cure non abbia fatto riferimento alle tabelle adottate per la liquidazione ed abbia erroneamente concesso la rivalutazione della somma monetaria. Secondo quanto affermato dalla Cassazione, le tabelle di liquidazione dei danno fungono da parametro valutativo a cui commisurare il giudizio equitativo, al fine di renderlo il meno arbitrario possibile, ma non costituiscono uno strumento di riferimento inderogabile per determinare l’entità del danno liquidato in via equitativa.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’omessa liquidazione dei danni morali, riconosciuti invece in primo grado, in quanto a detta della Corte di Appello, egli avrebbe omesso di provare le ragioni per le quali la sofferenza emotiva, subita a seguito del sinistro, non fosse compresa già nel danno biologico. Seppur, il principio di unitarietà della liquidazione del danno non patrimoniale, impone di evitare che sia più volte risarcito lo stesso danno, bisogna verificare se la tabella a cui il giudice di primo grado abbia fatto riferimento, tenga conto anche delle ulteriori voci danno non patrimoniale, così come avviene per quelle approvate dal Tribunale di Milano. Nel caso in esame, il giudice in primo grado aveva liquidato separatamente il danno biologico e il danno morale, per cui la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello, in modo che proceda ad una liquidazione unitaria del danno che tenga conto non solo del danno biologico, ma anche di quello morale.

(Cass., sez. III civ., sentenza 10 aprile 2015, n. 7193)