Diritto Penale. Quando la gelosia morbosa è reato.
“Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato non soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce o privazioni, ma anche dagli atti di vessazione psicologica che si risolvano in una vera e propria, durevole, sofferenza morale“.
È il principio di diritto statuito dalla sesta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 20126/15 pubblicata il 14 maggio scorso, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Pm avverso la pronuncia della Corte di Appello di Palermo, che aveva assolto l’imputato per il delitto di maltrattamenti, confermando la condanna per il reato di atti persecutori.
Nel caso di specie, in particolare, la condotta ossessiva, tenuta da un uomo siciliano che, tra l’altro, aveva fatto pressione sulla moglie affinché abbandonasse il lavoro di assistente di volo, sino a condizionarne in modo diretto la vita quotidiana e le scelte lavorative, integra secondo i giudici di legittimità il reato previsto e punito ex art. 572 c.p. .
Concordemente al costante indirizzo giurisprudenziale nella materia de quo, infatti, la Corte di Cassazione ha affermato che la gelosia morbosa che si manifesta nell’insistente contestazione di tradimenti inesistenti, nella ricerca incessante di tracce di relazioni extra-coniugali con ispezione costante del telefono della donna, nella verifica degli orari di rientro a casa e nel controllo degli spostamenti, certamente sostanzia la situazione di “abituale vessazione psicologica” punita dall’art. 572 c.p. “in quanto espressione di un evidente spirito di prevaricazione e fonte di un’intensa e perdurante sofferenza morale”.
Sulla scorta delle considerazioni suesposte, il giudice di ultima istanza ha ribaltato la pronuncia d’appello, traendo l’abbrivio del proprio convincimento dalla considerazione per cui gli atteggiamenti caratterizzati da gelosia ossessiva tenuti dall’uomo, sono relativi a quella vessazione psicologica richiesta ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti di famiglia; con il suo modo di agire il partner avrebbe, infatti, provocato nella moglie importanti limitazioni e condizionamenti nella vita quotidiana e nelle scelte lavorative, nonché un intollerabile stato d’ansia.
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