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Diritto Tributario. Imposte sul reddito d’esercizio

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Diritto Tributario. Imposte sul reddito d’esercizio.

La Cassazione, con la Sentenza n. 10903 depositata il 27 maggio 2015, ritorna su una questione delicata relativa ai rapporti tra Amministrazione Finanziaria e Contribuenti, con particolare riferimento all’applicazione delle imposte sui redditi di esercizio. Sul punto, l’art. 109 del TUIR dispone che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza. Nell’indicata sentenza, la Suprema Corte precisa che vanno considerati nell’esercizio di competenza anche quei componenti dei quali non ne sia ancora certa l’esistenza o è determinabile l’ammontare.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione avverso la Sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo aveva rigettato l’appello, confermando la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento con maggiori IRPEG ed IRAP relative all’anno di imposta 2003 a carico della contribuente stessa.

L’Ufficio con l’avviso impugnato censurò lo storno operato dalla società, nell’esercizio 2003, di ricavi già contabilizzati quali provvigioni su incentivi indebitamente corrisposti sulla vendita di auto, disconosciuti dalle case madri (secondo la prospettazione dell’Ufficio e sulla base della documentazione in atti) nell’anno 2004, rilevando che detta sopravvenienza passiva avrebbe potuto essere imputata in quest’ultimo anno, e che con l’indebita imputazione del costo all’anno precedente la Società aveva conseguito un notevole risparmio di imposta (che in quell’anno era molto alta) mentre nell’anno seguente (in cui il reddito dichiarato era stato minimo) avrebbe unicamente ottenuto di aumentare le perdite.

Secondo la Corte, l’esercizio di competenza è quello nel quale nasce e si forma il titolo, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, per consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare.

Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-05-2015, n. 10903

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO dalla quale è rappresentata e difesa;

– ricorrente –

contro

INTERAMNIA AUTO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Principessa Clotilde n. 7 presso lo studio degli Avv.ti TONUCCI MARIO e Marco A.Grilli che la rappresentano e difendono per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n.84/IV/08, depositata il 18.11.2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26.2.2015 dal Consigliere Dott. Roberta Crucitti;

udito per la ricorrente l’Avv. Bruno Dettori;

udito per la controricorrente l’Avv. Marco Grilli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità ed, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo ha, rigettandone l’appello, confermato la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento portante maggiori IRPEG ed IRAP relative all’anno di imposta 2003. In particolare, il Giudice di appello – con riferimento al rilievo, contenuto nell’avviso di accertamento, relativo all’imputazione all’esercizio 2003 dello storno degli incentivi su provvigioni corrisposti sulla vendita di autovetture (disconosciuti dalla casa madre nel 2004, con revoca del mandato di concessione, perché le vendite erano state effettuate con documentazione contraffatta) – riteneva che la Società non avesse violato l’art. 109 TUIR e che l’Ufficio non avesse tenuto conto del disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 14 e 22, secondo cui la parte ha facoltà di effettuare le registrazioni contabili entro sessanta giorni dall’operazione.

Riteneva, pertanto, la Commissione Regionale che, anche a volere ritenere corretta la ricostruzione dell’Ufficio per cui la Società era venuta a conoscenza del “problema” nel febbraio 2004, la stessa era, ancora in termini, per effettuare le registrazioni nell’esercizio di competenza per cui correttamente aveva operato, nel suo bilancio, lo storno in diminuzione dei ricavi contabilizzati nel 2003 e rimborsati alle case madri nel 2004.

Il ricorso è affidato a quattro motivo ed è resistito, con controricorso dalla contribuente.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione ad opera della C.T.R. del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 111 Cost.. Secondo la prospettazione difensiva il Giudice di appello non aveva motivato il perchè, in presenza di corrispondenza tra la società e le case madri sul disconoscimento degli incentivi, recanti date del 2004 e richiamanti eventi dello stesso anno, avesse ritenuto che i requisiti di cui all’art. 75 TUIR si fossero già realizzati nel 2003.

1.1. Il motivo va rigettato non sussistendo il vizio denunciato. Il Giudice di appello ha, invero, motivato il suo decisum esplicitandone i fondamenti giuridici ed anche, richiamando, facendole proprie, le argomentazioni e le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado.

  1. Con il secondo ed il terzo motivo, articolati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate deduce che la censura mossa dall’Ufficio con l’atto impugnato fosse pienamente fondata mentre i richiami operati dalla C.T.R. agli artt. 14 e 22 TUIR fossero del tutto inconferenti.

2.1. In particolare, con il secondo mezzo, afferente anche omessa o insufficiente motivazione, la ricorrente, richiamati brani dell’atto di appello in cui era stato fatto presente che tutta la corrispondenza intercorsa con le casi madri in ordine allo storno degli incentivi alla vendita aveva data 2004 e che nessuna prova era stata fornita, come da suo onere, dalla contribuente in ordine all’effettiva e compiuta conoscenza dei costi da dedurre già nell’anno 2003, deduce la violazione ad opera della sentenza impugnata dell’art. 75, TUIR, e art. 2697 c.c..

2.2. Con il terzo mezzo, invece, la ricorrente rileva come sia l’art. 14, che l’art. 22 citati dal Giudice di appello presuppongono che si verta in tema di operazioni di competenza del 2003 e suscettibili di essere registrate , o aggiornate, in quell’anno.

  1. In conseguenza, con il quarto motivo, viene censurato, sempre per violazione dell’art. 75 TUIR , il capo di sentenza nel quale la CTR abruzzese ha affermato la correttezza dello storno di ricavi operato dalla contribuente nel 2003 per l’importo degli incentivi successivamente recuperati.
  2. Respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente apparendo i quesiti formulati ex art. 366 bis c.p.c., idonei allo scopo ed aderenti ai dettami in materia di questa Corte, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente siccome vertenti sulla medesima questione, sono infondati, con assorbimento del secondo.

4.1. Nel caso in esame, l’Ufficio con l’avviso impugnato censurò lo storno operato dalla società, nell’esercizio 2003, di ricavi già contabilizzati quali provvigioni su incentivi indebitamente corrisposti sulla vendita di auto, disconosciuti dalle case madri (secondo la prospettazione dell’Ufficio e sulla base della documentazione in atti) nell’anno 2004, rilevando che detta sopravvenienza passiva avrebbe potuto essere imputata in quest’ultimo anno e che con l’indebita imputazione del costo all’anno precedente la Società aveva conseguito un notevole risparmio di imposta (che in quell’anno era molto alta) mentre nell’anno seguente (in cui il reddito dichiarato era stato minimo) avrebbe unicamente ottenuto di aumentare le perdite.

4.2. Ai sensi dell’art. 109 TUIR (già art. 75) i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi…concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano le condizioni.

In materia questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di imposte sui redditi d’impresa, dalla complessiva prescrizione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, si desume che anche per le spese e gli altri componenti negativi dei quali “non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare” il legislatore considera come “esercizio di competenza” quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare.

L’individuazione dell’esercizio di competenza” involge, d’altro canto, accertamenti di fatto, che rientrano tra i compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento può essere censurato in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale (cfr. Sentenza n. 1431 del 25/01/2006; Sez. 5, Sentenza n.20521 del 22/09/2006 la quale nel confermare detto principio ha, anche, statuito che “la regola posta dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, secondo cui i ricavi, i costi e gli altri oneri concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, a condizione che la loro esistenza o il loro ammontare sia determinabile in modo oggettivo (dovendo altrimenti essere calcolati nel periodo d’imposta in cui si verificano tali condizioni), mira a contemperare la necessità di computare tutte le componenti nell’esercizio di competenza con l’esigenza di non addossare al contribuente un onere troppo difficile da rispettare: essa va, quindi, interpretata nel senso che il dovere di conteggiare tali componenti nell’anno di riferimento si arresta soltanto di fronte a quei ricavi ed a quei costi che non siano ancora noti all’atto della determinazione del reddito, e cioè al momento della redazione e presentazione della dichiarazione. Pertanto, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità delle componenti del reddito in un determinato esercizio sociale incombe all’Amministrazione finanziaria per quelle positive, ed al contribuente per quelle negative”).

Di recente, questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 3484 del 14/02/2014) ha poi specificato che “i componenti positivi o negativi che concorrono a formare il reddito possono essere imputati all’anno di esercizio in cui ne diviene certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell’esercizio di competenza. Tuttavia, i costi sostenuti dopo la chiusura dell’esercizio contabile di riferimento, ma incidenti sul ricavo netto determinato dalle operazioni dell’anno già definito devono costituire elementi di rettifica del bilancio dell’anno precedente, cosi concorrendo a formare il reddito d’impresa di quell’anno ed incidendo legittimamente in flessione sullo stesso – senza che sia lasciata al contribuente la facoltà di decidere a quale anno imputare tali costi – tutte le volte in cui siano divenuti noti, in quanto certi e precisi nell’ammontare, prima della delibera approvativa del risultato d’esercizio”.

4.2. La fattispecie ivi esaminata presenta analogia con quella odierna, in quanto non riguarda una contestazione di omessa imputazione all’esercizio di produzione (id est 2004) delle componenti negative, di cui sussistessero elementi idonei a censirne anche solo la determinabilità, bensì la correttezza o meno della imputazione, da parte del contribuente, dei costi sostenuti con certezza dopo la chiusura dell’esercizio contabile di riferimento, ma certamente incidenti sul netto ricavo determinato delle operazioni dell’anno già definito. Nella odierna vicenda, non appare, invero, tema di controversta l’inerenza dei costi sostenuti rispetto alla formazione dei ricavi maturati nel corso dell’anno 2003, afferendo lo “storno” operato dalla società a provvigioni su incentivi alle vendite indebitamente corrisposti dalle case madri che ebbero a revocare formalmente il mandato nell’anno 2004, Nè è dubitata e contrastata con il ricorso la circostanza (che la CTR con la sua motivazione da per pacificamente ed implicitamente accertata) che tali revoche fossero state assunte tra le componenti negative del conto dello stesso esercizio 2003, anzi avendone la Società sancito con l’approvazione del bilancio la più corretta imputazione ai sensi della previsione prudenziale di cui all’art. 2423 c.c.. In altri termini lo “storno” di ricavi, per la revoca operata dalle Società madri delle provvigioni su incentivi alla vendita la cui originaria corresponsione costituiva titolo di una componente del reddito 2003, così come doveva costituire elemento di rettifica del bilancio di quell’anno, perchè divenuta noto – in quanto certo e preciso nell’ammontare – prima della delibera approvativa del risultato di esercizio, altrettanto concorreva a formare il reddito di impresa dello stesso anno, dunque legittimamente incidendo in flessione sullo stesso.

  1. Alla luce dei condivisi principi sopra esposti, la sentenza impugnata – la quale è giunta, seppur con diversa motivazione, alla medesima, conforme a diritto, conclusione appare, pertanto, immune da censure. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dell’Agenzia delle Entrate, soccombente, alle spese del grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 5.000.00, oltre accessori di legge e rimborso spese forfetarie nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2015.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2015