Diritto Amministrativo: COMMISSARIO AD ACTA: svincolato dalle procedure ordinarie dell’azione amministrativa
Il Commissario ad acta è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l’azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi in concreto idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nel provvedimento giurisdizionale da portare ad attuazione.
Il Tribunale di Roma emetteva decreto ingiuntivo nei confronti di una Azienda Unità Sanitaria Locale intimando di pagare, in favore di una farmacia, la somma di Euro 35.406,80.
Gli importi in oggetto venivano solo parzialmente pagati sicché la farmacia agiva per l’ottemperanza dinanzi il giudice amministrativo.
I giudici laziali, riprendendo un consolidato orientamento, hanno ribadito in primis che Il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile solo con la revocazione o con l’opposizione di terzo nei limitati casi di cui all’art. 656 c.p.c., ha infatti valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l’ottemperanza (cfr., ex plurimis, T.A.R. Roma, sez. II bis, 26 febbraio 2015, n. 3364).
Tanto premesso, il TAR adito ha affermato che non può, conseguentemente, sostenersi che il Commissario ad acta nominato dal giudice non potrebbe in ogni caso procedere al pagamento, dovendo essere seguito l’ordine di priorità dei crediti stabiliti dalla Regione.
Infatti, l’esigenza di svincolare l’azione del Commissario dal rispetto dei vincoli procedurali ordinari dell’azione amministrativa, anche con riguardo alla disciplina procedimentale che regola l’emissione dei mandati di pagamento, trova conferma decisiva nel principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., oltre che nei principi, in tema di equità del processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU.
In conclusione, appare del tutto ragionevole consentire la piena attuazione del precetto giudiziario con il ricorso ad ogni determinazione idonea al concreto conseguimento dello scopo, anche in deroga ai canoni ordinari dell’azione amministrativa (Cons. St., sez. III, 7 giugno 2013, n. 3124).
T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 08-06-2015, n. 798
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14469 del 2014, proposto da:
I.F. Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, in qualità di cessionaria con rappresentanza della Farmacia Infantino con sede in Gerano, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Lepore, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Polibio, 15;
contro
Asl 103 – Rm/C;
per l’ottemperanza
– al decreto ingiuntivo n. 10726/2010 del Tribunale di Roma, emesso il 29 aprile 2010 e depositato il 18 maggio 2010, munito di formula esecutiva il 9 giugno 2010 ed in tale forma notificato l’11 giugno 2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con decreto ingiuntivo n. 10726/2010 del Tribunale di Roma, emesso il 29 aprile 2010 e depositato il 18 maggio 2010, munito di formula esecutiva il 9 giugno 2010 ed in tale forma notificato l’11 giugno 2010, è stato ingiunto alla Azienda Unità Sanitaria Locale RM/C, di pagare, in favore della istante, la somma di Euro 35.406,80, oltre interessi legali a far data dalla richiesta della parte ricorrente e spese processuali come liquidate nel decreto ingiuntivo in oggetto.
Gli importi in oggetto sono stati parzialmente pagati.
L’azienda non si è costituita e non ha provveduto a dimostrare l’intervenuto totale adempimento alla obbligazione derivante dai titoli esecutivi in oggetto.
Il ricorso deve, quindi, deve essere accolto non avendo l’ASL Roma C provveduto a dimostrare l’avvenuto adempimento delle somme residue così come indicate nel ricorso.
Occorre, peraltro, rilevare che ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., è ammissibile il giudizio di ottemperanza per i decreti ingiuntivi non opposti o confermati in sede di opposizione (Cons. St., sez. V, 20 aprile 2012, n. 2334).
Il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile solo con la revocazione o con l’opposizione di terzo nei limitati casi di cui all’art. 656 c.p.c., ha infatti valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l’ottemperanza (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5045; Tar Pescara 3 giugno 2013, n. 310).
Né potrebbe ritenersi che il pagamento del decreto ingiuntivo sia nel caso all’esame del Collegio impedito dall’art. 3, D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 6 giugno 2013, n. 64, recante disposizioni per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale, tenuto conto che tali disposizioni, pur essendo state dettate per regolare l’ordinato pagamento dei debiti delle Amministrazioni sanitarie, non impediscono l’esercizio di azioni esecutive, rese poi possibili dalla richiamata sentenza n. 186 del 12 luglio 2013 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 51, L. 13 dicembre 2010, n. 220, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto, sospendendo prolungatamente (di proroga in proroga) la tutela esecutiva, non solo vanificava gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai creditori delle Aziende sanitarie locali, ma determinava anche disparità di trattamento tra le parti. Effetto tipico della sentenza n. 186 del 2013 è il venir meno con efficacia ex tunc della disposizione di legge incriminata e, con esso, dell’impedimento alla tutela esecutiva assicurata, nel caso di specie, dal giudizio di ottemperanza (Cons. St., sez. III, 24 dicembre 2013, n. 6237; id. 10 dicembre 2013, n. 5888).
Non può parimenti sostenersi che il Commissario ad acta nominato dal giudice non potrebbe in ogni caso procedere al pagamento, dovendo essere seguito l’ordine di priorità dei crediti stabiliti dalla Regione.
Sul punto vale osservare che il Commissario ad acta è un ausiliare del giudice (ai sensi degli artt. 21 e 114, comma 4, lett. d), c.p.a.), titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione; ne deriva che detto organo è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l’azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi in concreto idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nel provvedimento giurisdizionale da portare ad attuazione.
L’esigenza di svincolare l’azione del Commissario dal rispetto dei vincoli procedurali ordinari dell’azione amministrativa, anche con riguardo alla disciplina procedimentale che regola l’emissione dei mandati di pagamento, trova conferma decisiva nel principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., oltre che nei principi, in tema di equità del processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU.
La corretta attuazione di detti principi suggerisce, infatti, l’approdo ad una soluzione esegetica che consenta la piena attuazione del precetto giudiziario con il ricorso ad ogni determinazione idonea al concreto conseguimento dello scopo, anche in deroga ai canoni ordinari dell’azione amministrativa (Cons. St., sez. III, 7 giugno 2013, n. 3124; Id., sez. V, 1 marzo 2012, n. 1194; Tar Milano, sez. III, 5 dicembre 2013, n. 2713).
Ciò stante, il Collegio deve affermare l’obbligo della predetta A.S.L. Roma C di dare esecuzione ai decreti ingiuntivi di cui all’odierno ricorso nei limiti di quanto ancora dovuto dalla Azienda resistente ed indicato nel ricorso.
Il tutto entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione.
Per l’ipotesi di ulteriore inadempienza alla scadenza del termine assegnato si nomina sin d’ora il Segretario Generale del Ministero del lavoro o un funzionario da lui delegato, Commissario ad acta per l’adozione degli atti di esecuzione necessari, da compiersi entro giorni 60 (sessanta) dalla scadenza del termine in precedenza fissato, a carico e a spese dell’Amministrazione inadempiente.
A detto Commissario l’Amministrazione dovrà tempestivamente comunicare l’avvenuto adempimento.
Il ricorso deve dunque essere accolto nei sensi sopra indicati.
L’Azienda ASL Roma C deve essere condannata alla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara l’obbligo della ASL RM/C di dare esecuzione al decreto ingiuntivo n. 10726/2010 del Tribunale di Roma – emesso il 29 aprile 2010 e depositato il 18 maggio 2010, munito di formula esecutiva il 9 giugno 2010 ed in tale forma notificato l’11 giugno 2010 – con conseguente obbligo di pagare alla parte ricorrente le somme così come indicate nel ricorso entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione.
Dispone che, in caso di inutile decorso del termine assegnato per l’ottemperanza, all’esecuzione della predetta sentenza provveda il Commissario ad acta, nominato sin d’ora nella persona del Segretario Generale del Ministero del lavoro o di un funzionario da lui delegato, per l’adozione dei provvedimenti di esecuzione entro ulteriori 60 (sessanta) giorni dalla scadenza del termine assegnato ed eventualmente spirato.
Condanna l’ASL RM/C al pagamento – nei confronti della parte ricorrente – delle spese e degli onorari del giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento) oltre accessori di legge.
Pone a carico della stessa Amministrazione anche il compenso spettante a detto Commissario ad acta, nella misura che il Collegio si riserva di quantificare a conclusione dell’incarico affidatogli
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Sapone, Presidente FF
Pierina Biancofiore, Consigliere
Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore