È violenza sessuale di gruppo se due soggetti costringono la vittima a compiere su di sé atti sessuali.
Con la sentenza n. 40366 del 08/10/2015 la sez. III della Corte di Cassazione ha affrontato la tematica relativa alla configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo, di cui all’art. 609 octies c.p., perpetrato, nel caso di specie, ai danni di un minore infraquattordicenne da parte di due soggetti, ospitati all’interno della medesima comunità, e concretatosi in un complessivo disegno criminoso di sopraffazione ed umiliazione della vittima, in cui si inseriva la consumazione della violenza sessuale, attuata costringendo la vittima al compimento di atti sessuali sulla sua persona.
La Suprema Corte, nel caso di specie, ribadisce che ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo non è richiesto l’accordo preventivo dei soggetti agenti, ma è sufficiente una consapevole adesione, anche estemporanea, all’altrui progetto criminoso. Pertanto, risponde di tale reato anche chi, pur non avendo compiuto atti di minaccia ovvero di violenza, dia comunque un contributo causale alla commissione del fatto, anche solo partecipando ad un segmento dell’azione delittuosa.
Non è inoltre richiesto, continua la Corte, che l’atto sessuale sia compiuto contemporaneamente da tutti i partecipanti, essendo sufficiente la loro mera presenza nel locus di commissione del reato, anche se l’atto viene posto in essere a turno da ciascuno, di modo che permanga nella vittima la consapevolezza di essere in balia di un gruppo di persone, con il conseguente accrescimento del suo stato di intimidazione e prostrazione, non potendosi sottrarre alla violenza.
Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 8 ottobre 2015, n. 40366
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRANCO Amedeo – Presidente
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mari – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4279/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 24/02/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Izzo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) sost. proc..
RITENUTO IN FATTO
- La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 24/2/2015 ha confermato la decisione con la quale, in data 16/10/2014, il Tribunale di quella citta’ aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile, in concorso con un minore separatamente giudicato, di plurimi atti di sopraffazione, vessazione e violenza in danno dei minori (OMISSIS), infraquattordicenne e (OMISSIS), con i quali conviveva all’interno di una comunita’.
Tali condotte, poste in essere in un arco di tempo compreso tra il (OMISSIS), integravano, secondo i giudici del merito, i delitti di violenza privata, percosse e lesioni (capi B, C, E, F, G, H, I e J della rubrica) e, unitariamente considerati, il delitto di atti persecutori (capo A), configurando, riguardo ad alcuni sviluppi dei singoli episodi, autonomi reati in materia di stupefacenti (capo C), violenza sessuale di gruppo, detenzione di materiale pedo-pornografico e rapina aggravata (capo H).
Avverso tale pronuncia il predetto propone personalmente ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
- Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, osservando che, nel corso del giudizio di merito, non sarebbe stata accertata la sua presenza all’atto della commissione di alcuni tra i reati contestati e, segnatamente, per la violenza sessuale di gruppo, che sarebbe stata consumata dal solo coimputato in via mediata.
Aggiunge che neppure i fatti per i quali aveva confessato la partecipazione sarebbero riconducibili in via prodromica al reato di cui all’articolo 609 octies c.p., trovandosi egli in altro luogo al momento dei fatti e non avendo offerto alcun contributo causale, come dimostrato dalle videoriprese, alla violenza effettuata dal coimputato.
Rileva che, in ogni caso, la sua partecipazione avrebbe dovuto essere valutata in termini di minimo rilievo, con conseguente applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 609 octies c.p., u.c., ovvero, considerando il suo ruolo totalmente defilato, come mero concorso nel reato di cui all’articolo 609 bis c.p..
- Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alle contestate aggravanti, rilevando che i giudici del merito non avrebbero tenuto conto della condotta processuale collaborativa e della confessione resa. Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso e’ infondato.
La vicenda presa in esame dai giudici del merito riguarda, per quanto e’ dato rilevare dai capi di imputazione e dai contenuti della decisione impugnata, una serie considerevole di atti vessatori, di obiettiva gravita’, posti in essere dall’imputato e da altro soggetto minorenne nei confronti di due minori, uno dei quali infraquattordicenne, ospitati all’interno della medesima comunita’ e concretatesi in minacce, anche con arma, percosse infette mediante pugni, calci, schiaffi e colpi con oggetti contundenti, umiliazioni consistite nel sottoporre domande pretestuose reagendo con colpi su tutto il corpo dopo ogni risposta, fino a costringere uno dei due minori ad inginocchiarsi, urinandogli addosso e riprendendo il tutto con la videocamera di un telefono, costringendolo anche ad un gesto di saluto agli spettatori.
In altre occasioni, il minore (OMISSIS) veniva costretto ad assumere sostanze stupefacenti, indotto a procacciare acquirenti di stupefacente tra i propri coetanei, a compiere a sua volta, grazie allo stato di soggezione indottogli, atti vessatori nei confronti dell’altro minore, (OMISSIS) e costretto, in altra occasione, dopo ripetute percosse e con minaccia, ad inserirsi le dita nell’ano alla presenza dell’imputato e del suo complice, che videoregistrava la scena.
- La Corte territoriale, con motivazione lineare, pone in evidenza tutti gli elementi sui quali il Tribunale aveva riconosciuto la responsabilita’ dell’imputato e rappresentati dalle dichiarazioni delle persone offese, confermate dagli educatori, dai file video ed audio reperiti nel telefono del coimputato, nei referti sanitari e nei rilievi degli educatori predetti e della polizia giudiziaria che documentavano lo stato dei due minori.
I giudici del gravame hanno anche posto in evidenza, in maniera puntuale, la circostanza che l’imputato ed il suo complice agivano sempre in piena sintonia, allo scopo di piegare le vittime alla loro volonta’, ottenendo vantaggi sia nella vita all’interno della comunita’ e nelle attivita’ esterne, sia nello spaccio di sostanze stupefacenti, al quale le due vittime erano costrette a collaborare.
- A tali considerazioni il ricorrente oppone, nel primo motivo di ricorso, del tutto genericamente, che non vi sarebbe la prova della sua partecipazione ai piu’ gravi tra i fatti contestatigli.
L’assunto, oltre che infondato, appare del tutto privo di correlazione con quanto evidenziato dai giudici dell’appello, oggetto, dunque, di laconiche censure, meramente assertive.
La sentenza impugnata, infatti, non manca di soffermarsi su tale particolare aspetto, oggetto di specifica doglianza anche nell’atto di appello, osservando come gli autori dei fatti fossero accomunati dal perseguimento dei loro fini ed agissero sempre di comune accordo, cosicche’, con riferimento all’episodio che vede il (OMISSIS) costretto ad inginocchiarsi e farsi urinare addosso mentre viene video-ripreso, i giudici del gravame fanno rilevare come la episodica assenza del ricorrente non sminuisse affatto la sua responsabilita’, collocandosi tale episodio nell’ambito di un programma criminoso ben definito e previamente concordato.
La Corte del merito, peraltro, chiarisce anche il ruolo svolto da ciascun autore dei fatti, riconoscendo all’odierno ricorrente il ruolo di ideatore iniziatore dell’impresa criminosa, essendo risultato che egli, ancor prima dell’ingresso del correo in comunita’, gia’ vessava, seppure con minore incidenza, gli altri ospiti, avvalendosi successivamente della collaborazione del nuovo arrivato, il quale, sebbene dimostratosi particolarmente violento e dotato di maggiore inventiva nella scelta delle umiliazioni da infliggere alle vittime, agiva con l’imputato in condizione perfettamente paritaria.
- Il ricorrente aggiunge, con maggior convinzione, alle generiche censure di cui si e’ appena detto, piu’ puntuali osservazioni in merito alla violenza sessuale di gruppo, richiamando anche alcuni principi affermati da questa Corte, ma non intaccando minimamente, anche in questo caso, la solidita’ dell’apparato argomentativo posto a sostegno della decisione impugnata.
Osserva infatti la Corte territoriale, in modo netto, che la compresenza del ricorrente e del suo complice durante la consumazione della violenza sessuale risulta dimostrata dalle inequivocabili dichiarazioni della persona offesa e dal fatto che, in ogni caso, questa condotta si inseriva nel complessivo disegno criminoso di sopraffazione ed umiliazione delle vittime preventivamente concordato ed attuato da entrambi.
Altrettanto efficacemente i giudici dell’appello rilevano che la circostanza, valorizzata dall’imputato, secondo la quale nelle video riprese si sentirebbe soltanto la voce dell’altro autore dei fatti, e’ ininfluente, atteso che per le modalita’ con cui la violenza veniva attuata, costringendo la vittima al compimento di atti sessuali sulla sua persona e per gli scopi e modalita’ di attuazione del piano comune, non era richiesto al (OMISSIS) alcun intervento diretto.
Va a tale proposito ricordato che, ai fini della configurabilita’ del reato in esame, non e’ richiesto neppure l’accordo preventivo dei partecipanti, essendo sufficiente una consapevole adesione, anche estemporanea, all’altrui progetto criminoso (Sez. 3, n. 32928 del 16/4/2013, V, Rv. 257275; Sez. 3, n. 44408 del 18/10/2011, B. e altri, Rv. 251610; Sez. 3, n. 34212 del 1/7/2010, V., Rv. 248230) e risponde di tale reato anche chi, pur non avendo compiuto atti di minaccia o di violenza, dia comunque un contributo causale alla commissione del fatto, anche solo partecipando ad un segmento dell’azione delittuosa (Sez. 3, n. 8775 del 02/12/2010 (dep. 2011), R, Rv. 249767; Sez. 3, n. 15089 del 11/3/2010, Rossi, Rv. 246614;Sez. 3, n. 11560 del 11/3/2010, M., Rv. 246448).
Non e’ inoltre richiesto che l’atto sessuale sia compiuto contemporaneamente da tutti i partecipanti, essendo sufficiente la mera presenza di tutti anche se l’atto viene posto in essere a turno da ciascuno (Sez. 3, n. 40121 del 23/5/2012, A. altri, Rv. 253674; Sez. 3, n. 42111 del 12/10/2007, Salvin, Rv. 238149) poiche’, in tal caso, permane l’effetto intimidatorio derivante dalla consapevolezza, da parte della vittima, di essere in balia di un gruppo di persone, con accrescimento, quindi, del suo stato di prostrazione ed ulteriore diminuzione della possibilita’ di sottrarsi alla violenza (Sez. 3, n. 45970 del 09/11/2005, Andrei ed altri, Rv. 232537).
E’ pertanto evidente che, nella fattispecie, ricorrono appieno gli elementi costitutivi del reato, avendo i giudici del merito accertato in fatto la compresenza degli autori alla violenza ed il preventivo accordo nei termini in precedenza specificati.
- Deve conseguentemente affermarsi che configura il delitto di violenza sessuale di gruppo la condotta di due soggetti che, nell’ambito di una pluralita’ di azioni finalizzate alla sopraffazione ed all’umiliazione della vittima, gia’ indotta in precedenza in stato di completa soggezione mediante atti vessatori, la costringano con minaccia a compiere su di se’ atti sessuali.
- La sentenza impugnata appare immune da censure anche nella parte in cui nega la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della circostanza attenuante del contributo di minima importanza di cui all’articolo 609 octies c.p., comma 4.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, tale circostanza puo’ essere riconosciuta solo quando l’apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria, quanto anche in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell’economia generale della condotta criminosa (Sez. 3, n. 31842 del 2/4/2014, P.G. in proc. M., Rv. 259939) evenienza, questa, non verificatasi nella fattispecie in esame, attesa la piu’ volte ricordata posizione paritetica dei due autori ed il loro comune intento.
- Infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito come, ai fini del giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, anche la sola enunciazione dell’eseguita valutazione delle circostanze concorrenti soddisfi l’obbligo della motivazione, trattandosi di un giudizio rientrante nella discrezionalita’ del giudice e che, come tale, non postula un’analitica esposizione dei criteri di valutazione (cosi’, testualmente, Sez. 2, n. 36265 del 8/7/2010, P.G. in proc. Barbera, Rv. 248535; conf. Sez. 1, n. 2668 del 9/12/2010 (dep.2011), Falaschi, Rv. 249549; Sez. 4, n. 10379 del 26/03/1990, Di Carlo, Rv. 184914; Sez. 4, n. 4244 del 27/1/1989, Bifolco, Rv. 180855. V. anche Sez. 1, n. 2668 del 9/12/2010 (dep. 2011), Falaschi, Rv. 249549).
Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 10713 del 25/2/2010, Contaldo, Rv. 245931) hanno ulteriormente specificato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita’ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto.
Nella fattispecie, i giudici del gravame hanno chiaramente specificato che le attenuanti generiche sono state riconosciute dai primi giudici “con criterio di ampia generosita’ e per motivi di scarsa incisivita’” pervenendo, quindi, alla conclusione che l’aggravante della violenza sessuale di gruppo commessa in danno di minore infraquattordicenne e la recidiva pluriaggravata per reati oggettivamente gravi giustificavano ampiamente la conferma del giudizio di equivalenza.
Tale motivazione, alla luce di richiamati principi, deve ritenersi piu’ che adeguata.
- Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.