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I presupposti del risarcimento del danno da ritardo secondo il Tar Campania-Napoli

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

I presupposti del risarcimento del danno da ritardo secondo il Tar Campania-Napoli

Con sentenza n. 5260/2015 la V sezione del Tar Campania Napoli si è pronunciata sulla natura e i presupposti del risarcimento del danno da ritardo ex art. 2 bis della legge 241 del 1990.

Il ricorrente aveva chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza tesa a concludere un procedimento per il conferimento di un incarico dirigenziale. Poi, con motivi aggiunti, aveva chiesto l’annullamento della successiva determina di annullamento d’ufficio della delibera di indizione della selezione, oltre il risarcimento dei danni.

Il Tar giudica fondato il ricorso introduttivo, divenuto però improcedibile in corso di causa, e infondato quello per motivi aggiunti.

Quanto al ricorso avverso il silenzio, il Tar ritiene che la p.a. sia stata inadempiente rispetto al dovere di concludere il procedimento con atto espresso e motivato ex art. 2 della L. n. 241 del 1990. Quanto al ricorso avverso l’annullamento d’ufficio della delibera di selezione, la V sezione sottolinea che essa doveva essere oggetto di notificazione o comunicazione individuale al ricorrente.

Soffermandosi sul provvedimento di annullamento dell’avviso di selezione adottato in autotutela, il Tar rileva che, difettando l’approvazione della graduatoria, il ricorrente sarebbe titolare di un interesse legittimo meramente strumentale al corretto esercizio dell’agere amministrativo e che, nella ponderazione degli interessi, pubblici e privati, coinvolti, appare comunque prevalente quello pubblico.

Quanto alla violazione dell’art. 7, l. 241/1990 (omessa comunicazione di avvio del procedimento), il Tar afferma che debba applicarsi l’art. 21 octies, co. II, secondo cui il provvedimento non è annullabile ove la p.a. dimostri in giudizio che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.

Il Tar respinge infine la richiesta di risarcimento del danno, ritenendo che, quanto all’illecito ricollegabile al mancato conseguimento dell’incarico, manchi la lesione di un bene della vita e, quindi, il danno ingiusto, inteso come danno contra ius o non in iure. Quanto all’illecito da ritardo, invece, mancherebbe la colpa, non ricorrendo una palese violazione delle regole d’imparzialità e buon andamento, essendo il ripensamento riconducibile ad un processo di riorganizzazione amministrativa.

T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 09-11-2015, n. 5260

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 58 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

V.P., rappresentato e difeso dagli avv. Enrico Soprano e Federica Esposito, con domicilio eletto presso Enrico Soprano in Napoli, Via Melisurgo, 4;

contro

  1. 106 – Napoli 1, rappresentata e difesa dagli avv. Annalisa Intorcia e Francesco Lembo, con domicilio eletto presso Annalisa Intorcia in Napoli, Via Comunale del Principe, 13/A;

per l’accertamento

– dell’illegittimità del silenzio inadempimento formatosi sull’istanza presentata all’A. NA1, con raccomandata A/R del 24.01.2014, tesa a concludere il provvedimento per il conferimento d’incarico dirigenziale di strutture complesse del ruolo professionale da conferirsi ai soli dirigenti che avevano maturato un’anzianità non inferiore ai 5 anni all’interno della struttura o altrimenti assimilabili;

– nonché per il risarcimento di tutti i danni determinati da detto inadempimento;

e, con motivi aggiunti depositati il 27.04.2015:

per l’annullamento

– della Delib. n. 1302/2014 del 12 agosto 2014, conosciuta solo in data 17.02.2015;

– di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di A. 106 – Napoli 1;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 settembre 2015 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. Il ricorrente, già dipendente dell’A. Na 1 Centro, con qualifica di ingegnere dirigente, agisce, con il ricorso introduttivo, per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza, datata 24.01.2014, tesa a concludere il procedimento per il conferimento di incarico dirigenziale di direttore di struttura complessa, essendo risultato primo graduato nella relativa selezione interna, indetta nel 2009 -con attribuzione, quindi, della relativa qualifica e del trattamento economico corrispondente-, e, con motivi aggiunti, per l’annullamento della determina, successivamente adottata, in data 12.08.2014, di annullamento, d’ufficio, della delibera di indizione della selezione con contestuale revoca anche dell’assegnazione all’U.O.C. medio tempore effettuata.

I.1. Chiede, altresì, il risarcimento di tutti i danni determinati da detto adempimento, pari alla differenza delle retribuzioni relative alla qualifica superiore, non percepite, per un ammontare di Euro. 142.482,72, oltre al differenziale derivante per il trattamento di fine rapporto e salvo conguaglio.

  1. A sostegno del gravame deduce:
  2. a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 2 bis, 7, 21 quinquies e 21 nonies della n. 241 del 1990, dei principi in materia dell’annullamento d’ufficio e del rispetto di un termine ragionevole, degli artt. 30 e 117 del D.Lgs. n. 104 del 2010, dell’art. 97 Cost. e dell’art. 36 bis della L.R. n. 32 del 1994;
  3. b) l’eccesso di potere per difetto e carenza d’istruttoria e di motivazione, violazione dei principi del giusto procedimento, illogicità e sviamento;
  4. c) il diritto al risarcimento per danno da ritardo, art. 30 c.p.a..

III. Si è costituita l’Amministrazione intimata, eccependo, preliminarmente, l’irricevibilità e inammissibilità e concludendo, in subordine, per il rigetto del ricorso, come integrato dai motivi aggiunti.

  1. All’udienza pubblica del 24.09.2015, fissata per la trattazione, la causa è stata trattenuta in decisione.
  2. Il ricorso introduttivo è fondato, sia pure divenuto in corso di causa improcedibile, mentre è infondato quello per motivi aggiunti.

V.1. Occorre premettere in fatto che:

  1. a) in data 3.07.2009, l’Azienda intimata, in esecuzione della deliberazione n. 381 del 30.06.2009, pubblicava l’Avviso interno per il conferimento di incarichi dirigenziali relativi alla qualifica di ingegnere ed architetto, per la direzione di strutture complesse;
  2. b) con Delib. n. 717 del 15 settembre 2009 procedeva all’ammissione dei candidati;
  3. c) con Delib. n. 847 del 17 ottobre 2009, veniva nominata la Commissione esaminatrice;
  4. d) in data 17.02.2010, la Commissione terminava i suddetti lavori redigendo la graduatoria di merito, nell’ambito della quale il ricorrente risultava primo classificato;
  5. e) con nota del 18.02.2010, prot. n. (…), la Commissione trasmetteva al Commissario Straordinario dell’Azienda la relativa documentazione per l’approvazione;
  6. f) in data 22.03.2010 tutti gli atti relativi alla selezione venivano sequestrati dai Carabinieri, su mandato della Procura della Repubblica – presso il Tribunale di Napoli, per essere restituiti, a seguito di archiviazione del procedimento, il 24.10.2012;
  7. g) con delibera n. 1302/2014 del 12.08.2014, posteriore all’istanza-diffida del ricorrente, datata 24.01.2014, il Direttore Generale ha annullato d’ufficio deliberazione del 30.06.2009, n. 381, relativa all’indizione dell’Avviso di Selezione interna per il conferimento di incarichi di struttura complessa.
  8. A) ricorso avverso il silenzio.

V.2. Il ricorso con il quale si censura la violazione dell’obbligo, a seguito di istanza, di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro i termini legislativamente previsti è fondato ma divenuto improcedibile.

Dispone, infatti, l’art. 2 della L. n. 241 del 1990, per quanto d’interesse:

  1. “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”;
  2. “Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni”.
  3. Quanto all’obbligo di provvedere, questo sussiste, a prescindere dall’esistenza di una specifica disposizione normativa, in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia ed equità impongano l’adozione di un provvedimento, cioè in tutte quelle ipotesi, come nel caso di specie, in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica e avuto riguardo ai rapporti preesistenti tra amministrazione ed amministrato, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni di quest’ultima (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 2 ottobre 2014, n. 10162; Cons. di St., sez. III, 14 novembre 2014, n. 5601).

VI.1. Essendo, dall’altro canto, abbondantemente trascorsi i termini previsti per la definizione del procedimento, intendendosi per tale, con riferimento al presente gravame, quello attivato con la diffida del 24.01.2014, l’Amministrazione è risultata inadempiente rispetto al proprio dovere di concludere il procedimento con atto espresso e motivato come disposto dal citato art. 2 della L. n. 241 del 1990.

VI.2. Ciononostante, a seguito del deposito di parte resistente, con memoria del 17.02.2015, della Delib. n. 1032 del 12 agosto 2014 avente a oggetto, tra l’altro, l’annullamento d’ufficio della deliberazione aziendale 30 giugno 2009, n. 381 (“Avviso di selezione interna per il conferimento di incarichi di strutture complesse del ruolo professionale”), la contestata inezia risulta, sostanzialmente, venuta meno sebbene sia mancata la dovuta comunicazione personale all’interessato, attuale ricorrente.

  1. B) ricorso avvero l’annullamento d’ufficio della selezione interna e revoca dell’assegnazione all’U.O.C. (Delib. n. 1302 del 12 agosto 2014), introdotto con motivi aggiunti.

VI.3. Devono essere, in primo luogo, respinte le eccezioni in rito in ordine all’irricevibilità del ricorso.

VI.3.1. Sostiene l’Amministrazione intimata che la delibera gravata, in quanto atto di contenuto prettamente gestionale finalizzato prioritariamente a conferire un assetto maggiormente efficiente alle articolazioni all’interno dell’impianto dipartimentale, fosse soggetta, come è avvenuto, al solo regime della pubblicazione sull’Albo pretorio e, nello specifico, sul portale web dell’ente, liberamente accessibile, non essendovi alcun onere di notificazione individuale.

Posto che, a norma dell’art. 41 c.p.a., il termine per proporre impugnativa decorre ex lege, “dal giorno in cui è scaduto il termine per la pubblicazione”, il ricorso per motivi aggiunti, avviato alle notifiche il 16.04.2015, sarebbe tardivo.

VI.3.2. L’eccezione è infondata.

VI.3.3. L’atto gravato ha, invero, natura complessa, contenendo nel proprio corpo sia disposizioni di carattere programmatorio che disposizioni puntuali, di natura strettamente provvedimentale, i cui destinatari sono o facilmente individuabili, per quanto concerne l’annullamento d’ufficio della selezione interna, dovendosi avere riguardo ai partecipanti ammessi, o, addirittura, nominativamente indicati, per quanto concerne, invece, la revoca dell’ordine di servizio, n. 341 del 18.07.2012, avente a oggetto il trasferimento del ricorrente, già responsabile dell’U.O.S. Settore tecnico Igiene Edilizia, alla Direzione dell’U.O.C. Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro.

Ne consegue che la delibera doveva essere oggetto di notificazione o comunicazione individuale, tra gli altri, all’attuale ricorrente, interessato, che ne ha avuto, invece, conoscenza solo a seguito del deposito agli atti nel presente giudizio, al momento della costituzione dell’Amministrazione intimata, in data 17.02.2015.

L’impugnativa, avviata alle notifiche, come detto, il 16.04.2015 è, pertanto, tempestiva.

VI.4. Tanto premesso, nel merito, il ricorso è, tuttavia, infondato.

VI.4.1. Lamenta parte ricorrente l’insussistenza dei presupposti per procedere sia all’annullamento d’ufficio della selezione, disposta ai sensi dell’art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990, che alla revoca dell’assegnazione all’U.O.C., in applicazione dell’art. 21 quinquies della medesima legge.

VI.4.2. I motivi di ricorso sono infondati.

VI.4.3. Per quanto concerne la selezione interna si osserva quanto segue.

VI.4.4. Il provvedimento di annullamento, in via di autotutela, dell’avviso di selezione interna è motivato, tra gli altri profili, quanto all’illegittimità dell’atto finale ritirato, per l’avvenuto riscontro della violazione dell’art. 36 bis, comma 6, della L.R. n. 32 del 1994. Tale norma, rubricata “Conferimento dell’incarico dirigenziale di direttore di struttura complessa di aziende sanitarie ed ospedaliere”, dispone, per quanto d’interesse, che: “Il direttore generale, all’atto della nomina della commissione, provvede alla fissazione di un termine, che comunque non può essere superiore a sessanta giorni tranne che per disposizione della Giunta regionale o per oggettive cause di forza maggiore, entro il quale la commissione stessa, a pena di decadenza, deve concludere i propri lavori”.

Ora, nel caso di specie, secondo l’Amministrazione procedente, il mancato rispetto del termine, stabilito dalla legge a pena di decadenza, entro il quale la Commissione avrebbe dovuto avviare e concludere i propri lavori, ha determinato che le graduatorie, tardivamente formate, non possano essere utilizzate, in quanto illegittime, stante la consumazione del potere da parte della stessa P.A..

VI.4.5. Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, la parte sostiene che, nominata la Commissione in data 17.10.2009, una volta conclusi i lavori, con la stesura della graduatoria, in data 17.02.2010, sia pure fuori termine, all’Amministrazione sarebbe preclusa ogni dichiarazione sulla decadenza postuma, essendosi ormai raggiunto lo scopo prefissato con conseguente consolidamento dello stesso.

VI.4.6. La censura è priva di pregio, vertendo, invero, il sindacato giurisdizionale non sulla consumazione del potere di amministrazione attiva quanto sulla verifica della sussistenza dei presupposti legittimanti un provvedimento di secondo grado, di ritiro, in autotutela, dell’atto illegittimo già emanato. L’autotutela amministrativa, rappresenta una delle caratteristiche del regime giuridico di cui godono gli enti pubblici e si configura come complesso di attività amministrative con cui ogni pubblica amministrazione risolve i conflitti, potenziali o attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese. E’, in altri termini, la capacità, il cui fondamento risiede in una potestà generale riconosciuta dalla legge, di farsi ragione da sé, con i mezzi amministrativi a disposizione, pronunciandosi unilateralmente sulle questioni di propria competenza.

L’autotutela decisoria, in particolare, è l’attività sussidiaria o strumentale che ha lo scopo di verificare la legittimità o l’opportunità di atti amministrativi precedentemente emanati ed è attuata attraverso l’emanazione di un’ulteriore decisione amministrativa di ritiro. Gli atti di ritiro sono, quindi, provvedimenti a contenuto negativo, emanati sulla base del riesame dell’atto, nell’esercizio dello stesso potere amministrativo ma finalizzati alla eliminazione dell’atto viziato: mentre l’annullamento consiste nel ritiro ex tunc di un atto viziato ab origine per illegittimità, la revoca costituisce il ritiro, ex nunc, di un atto viziato nel merito.

Fatta questa premessa in ordine all’inquadramento giuridico, la legge sul procedimento amministrativo, rispettivamente agli artt. 21 nonies e 21 quinques ne ha previsto la disciplina per l’esercizio.

VI.4.7. L’art. 21 nonies, nel testo in vigore all’adozione dell’atto di ritiro gravato, dispone che: “1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni d’interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”.

VI.4.8. Richiamata, quanto all’illegittimità, la violazione dell’art. 36 bis, comma 6, della L.R. n. 32 del 1994, occorre verificare la contestata sussistenza degli altri presupposti richiesti dalla legge se e in quanto integranti una compiuta motivazione.

Per quanto riguarda l’interesse pubblico al ritiro dell’atto, assodato che lo stesso non possa esaurirsi nel mero interesse al ripristino della legalità violata, occorre verificare, nella comparazione ponderativa della prevalenza su quello privato, se l’annullamento d’ufficio sia effettivamente improntato ai criteri di economicità, efficacia, imparzialità e proporzionalità dell’azione amministrativa. Il rispetto di quest’ultimo principio, inteso quale obbligo della P.A. di non comprimere le situazioni giuridiche soggettive dei privati se non nei casi di stretta necessità, impone, nella specie, la valutazione degli effetti giuridici ampliativi che il provvedimento o i provvedimenti ritirati hanno prodotto nella sfera giuridica dei privati.

Ciò posto, il provvedimento di annullamento d’ufficio della selezione interna si colloca nell’ambito del completamento di un percorso aziendale volto alla ridefinizione del modello di organizzazione e di funzionamento del Dipartimento di Prevenzione, di cui alle delibere n.n. 1044/2012, 1048/2013 e 865/2014, che, nella specie, ha comportato, con la delibera da ultimo impugnata, l’enucleazione di indirizzi volti al potenziamento delle azioni strategiche dirette a garantire il corretto esercizio delle funzioni di competenza, di prevenzione e protezione dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro, con previsione di uno specifico e dettagliato “organigramma della sicurezza”.

Di contro, occorre sottolineare che, quanto alla posizione giuridica vantata dall’odierno ricorrente anche in termini di affidamento, non essendo stata la graduatoria, formata dalla Commissione, ancora approvata dall’organo amministrativo, lo stesso non è titolare di alcuna specifica situazione soggettiva qualificabile come diritto soggettivo o interesse pretensivo al suo mantenimento, quanto di un interesse legittimo meramente strumentale, sia pure giuridicamente tutelato, al corretto esercizio dell’agere amministrativo.

Non ultroneo è, altresì, il rilievo che, secondo quanto emerge dalla stessa delibera impugnata con motivi aggiunti, il ricorrente, all’atto della sua adozione, in data 12.08.2014, risultava ormai già collocato in quiescenza con decorrenza dall’1.02.2014.

Nella ponderazione degli interessi, pubblici e privati, coinvolti, appare allora prevalente, come motivato nelle premesse dell’atto gravato, quello pubblico all’attuazione della scelta strategica del nuovo modello aziendale finalizzato al rafforzamento delle azioni di tutela, accertamento e controllo.

Con riferimento al termine ragionevole per l’annullamento in via di autotutela occorre preliminarmente, puntualizzare che, diversamente da quanto prospettato da parte ricorrente, la possibilità concreta del suo esercizio va fatta risalire non all’atto di approvazione dell’avviso della selezione interna, 3.07.2009, quanto alla data successiva alla riconsegna degli atti da parte dei Carabinieri, su mandato della Procura della Repubblica, a seguito dell’archiviazione del procedimento penale instaurato, ovvero a partire dal 24.12.2012.

Ciò posto, la ragionevolezza del termine va, altresì, posta in correlazione con la posizione vantata che, come detto, è di mero interesse legittimo, quale utilmente posizionato nella graduatoria, non essendo stato adottato l’atto conclusivo della procedura selettiva, culminante nella sua approvazione da parte dell’organo amministrativo, legale rappresentante dell’ente, con la nomina dei vincitori.

In considerazione, pertanto, della posizione giuridica di cui il medesimo risulta titolare, in una con l’attualità del processo riorganizzativo dell’Unità Organizzativa Complessa, in corso, del quale, invero, il ricorrente, in quanto dirigente a essa assegnato, non poteva non essere a conoscenza, non ritiene il Collegio che potesse sorgere nell’immediato, alcun apprezzabile e serio affidamento in ordine alla conclusione favorevole della procedura.

Ne consegue, pertanto, che il termine, superiore all’anno, nel corso del quale si è, dapprima, delineato il modello aziendale di riferimento, Delib. n. 1044 del 2012, con indicazione delle attività che dovevano essere necessariamente espletate, poi, definito il modello specifico di organizzazione e di funzionamento, determina n. 1048/2013, decidendo di individuare, nell’ambito dell’organigramma della sicurezza, i Direttori delle macrostrutture aziendali, quali datori di lavoro in materia di sicurezza, dotati di autonomi poteri di decisione e di spesa, e, infine, sono state previste le specifiche azioni strategiche, deliberazione n. 1302/2014, gravata, risulta congruo al fine di deliberare di procedere all’annullamento d’ufficio della decisione n. 381/2009-recante l’avviso di selezione interna per il conferimento di incarichi di strutture complesse, non conclusa-, prendere atto del pensionamento dell’attuale ricorrente e, previa revoca del suo ordine di servizio, decidere di indire un nuovo avviso di selezione, secondo l’atto aziendale.

VI.5. Quanto, da ultimo alla revoca, stante la sopravvenuta emanazione del provvedimento di quiescenza del ricorrente, dell’ordine di servizio n. 341 del 2012 avente a oggetto il suo trasferimento alla Direzione dell’U.O.C. Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro, inserita nel medesimo atto deliberativo del 2014, parimenti censurata, le censure dedotte appaiono inammissibili.

Parte ricorrente non ha, infatti, dimostrato o addotto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 100 c.p.c., l’interesse attuale a ottenere una decisione nel merito a esso favorevole, né la lesione concreta sofferta, atteso il suo stato di quiescenza.

VI.6. Con riferimento alla violazione dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990, per omessa comunicazione di avio del procedimento, ritiene il Collegio che, per le ragioni sopra esposte, possa trovare pianamente applicazione il disposto di cui all’art. 21 octies, comma 2, della medesima legge, a norma del quale: “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

VI.6.1. La censura è, pertanto, priva di pregio.

  1. C) diritto al risarcimento per danno da ritardo, ex art. 2 bis della n. 241 del 1990 e 30, comma 2, c.p.a. nonché per responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. (desumibile dalla quantificazione).

VI.6.2. L’istanza non può essere accolta.

VI.6.3. Dispongono, rispettivamente:

  1. l’art. 2 bis, comma 1, della legge sul procedimento amministrativo: “1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”;
  2. l’art. 2043 c.c.: “Qualche fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

VI.6.4. Ora, secondo condivisa giurisprudenza:

  1. a) “il risarcimento vero e proprio, disciplinato dal comma 1, della norma (art. 2 bis della n. 241 del 1990), deve … essere ricondotto, relativamente alla identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità, all’alveo proprio dell’art. 2043 c.c.” (Cons. di St., sez. IV, 13.10.2015, n. 4712);
  2. b) “ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana ex 2043, c.c. della Pubblica amministrazione … devono ricorrere i presupposti del comportamento colposo, del danno ingiusto e del nesso di consequenzialità” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 16.10.2015, n. 4865; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 12.06.2015, n. 2024; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 14.05.2015, n. 388; Cons. di St., sez. III, 13.05.2015, n. 2410);
  3. c) “quanto all’imputazione della colpa alla Pubblica amministrazione, essa non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell’illegittimità dell’atto amministrativo, essendo tenuto il giudice, malgrado l’intervenuto annullamento dell’atto, a svolgere una più penetrante indagine estesa alla valutazione della colpa non del funzionario agente, ma della Pubblica amministrazione come apparato, configurabile soltanto nel caso in cui l’adozione dell’atto illegittimo sia avvenuto in violazione delle regole d’imparzialità, correttezza e buona amministrazione” (Cons. di St., sez. V, 28.10.2015, n. 4508);
  4. d) “la qualificazione del danno da illecito provvedimentale rientra nello schema della responsabilità extra contrattuale disciplinata dall’art. 2043 c.c.; conseguentemente, per accedere alla tutela è indispensabile, ancorché non sufficiente, che l’interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento (o da comportamento) illegittimo dell’amministrazione reso nell’esplicazione (o nell’inerzia) di una funzione pubblica e la lesione deve incidere sul bene della vita finale, che funge da sostrato materiale dell’interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative o dei ritardi procedimentali (salvo la norma sancita dall’art. 2 bis n. 241 del 1990 secondo cui le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento) (Cons. di St., sez. IV, 22.10.2015, n. 4823).

VI.6.5. Tanto premesso, venendo al caso all’esame, il ricorrente, richiede il risarcimento del danno, sul duplice presupposto che vi sarebbe un ritardo colpevole non tanto nel mancato riscontro all’istanza del 24.01.2014, quanto nel definire il procedimento selettivo, e dall’altro, che la pretesa fatta valere, relativa al diritto all’ottenimento dell’incarico superiore, sarebbe, comunque, fondata.

Ciò è tanto vero che quantifica l’ammontare dovuto avendo riguardo al differenziale tra il trattamento economico, all’epoca fruito, quale dirigente del ruolo tecnico di struttura semplice e quello, che, in teoria, gli sarebbe, invece, spettato con l’auspicato incarico di struttura complessa. L’importo complessivo dovuto per il periodo intercorrente tra il 17.02.2010, data di attribuzione dei punteggi e redazione della graduatoria, e il 31.01.2014, data del collocamento in quiescenza, ammonterebbe, infatti, salvo ulteriori conguagli per il trattamento di fine rapporto e per quello previdenziale, a Euro. 142.482,72.

VI.6.6. Orbene, il Collegio ritiene che:

  1. a) quanto all’illecito provvedimentale generico, ricollegabile al mancato conseguimento dell’incarico, manchi, invero, la lesione a un bene della vita e, in definitiva, il danno ingiusto;
  2. b) quanto all’illecito da ritardo, ex art. 2 bis, non sia ravvisabile l’elemento psicologico della colpa.

VI.6.7. Invero, quanto al primo profilo, a seguito della formazione della graduatoria da parte della Commissione e in assenza della relativa approvazione dal parte del rappresentante legale dell’ente, il conferimento dell’incarico superiore non costituiva affatto atto dovuto, rientrando, invece, nella discrezionalità dell’Amministrazione procedente verificare, in attuazione del completamento del percorso aziendale programmato, se decorso, per fatto altrui (indagine penale, con sequestro degli atti), un sensibile lasso di tempo ovvero quasi tre anni, dall’attivazione della procedura selettiva, sussistesse l’attualità dell’interesse alla conclusione del procedimento precedentemente avviato. Manca, perciò, in altri termini, un danno qualificabile come ingiusto, per tale intendendosi un danno contra ius (contrario a specifiche norme dell’ordinamento) o non in iure (non riconducibile, alla luce dell’ordinamento sistematicamente considerato, a cause giustificatrici specifiche).

VI.6.8. Con riferimento, invece, al secondo profilo, relativo all’interesse prettamente strumentale, il ritardo nel riscontrare la diffida, e, più in generale, nel definire l’attività originata dall’avviso di selezione, -conclusasi definitivamente con l’annullamento d’ufficio dell’intera procedura-, non appare riconducibile alla palese violazione delle regole d’imparzialità e buon andamento dell’Amministrazione inquadrandosi il ripensamento nel quadro di un processo di riorganizzazione amministrativa della struttura complessa tuttora in corso. Conclusasi l’indagine penale che aveva interessato la procedura selettiva de quo, valutatane, comunque, l’illegittimità sotto un profilo strettamente amministrativo e definiti gli indirizzi operativi per il potenziamento delle azioni strategiche dirette a garantire il corretto e continuativo esercizio delle funzioni dell’Unità Operativa Complessa di riferimento, l’Amministrazione ha ritenuto opportuno annullare tutti gli atti della selezione interna non conclusa. La complessità della vicenda, legata a circostanza oggettive legate anche all’influenza determinante di comportamenti altrui, consente, pertanto, di attribuire, sotto il profilo psicologico dell’elemento soggettivo, efficacia scusante al lamentato ritardo.

VII. In conclusione, sulla base delle considerazioni svolte, va dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo nella parte in cui è rivolto a ottenere la dichiarazione dell’illegittimità del silenzio a fronte dell’istanza del 24.01.2014, mentre vanno respinte le domande avanzate con ricorso per motivi aggiunti ivi compresa l’istanza volta a ottenere il risarcimento del danno ingiusto.

VIII. La peculiarità della vicenda, giustifica, tuttavia, la compensazione integrale tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta):

  1. a) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo avverso l’inerzia serbata dall’Amministrazione sull’istanza del ricorrente;
  2. b) respinge il ricorso per motivi aggiunti.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente

Paolo Marotta, Primo Referendario

Gabriella Caprini, Primo Referendario, Estensore