Diritto Amministrativo. Invalidi i matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso. Il Consiglio di Stato ritiene illegittimi i registri delle unioni civili.
Sulla scorta della sempre più pressante esigenza, da parte di coppie omossesuali, di veder riconosciuta la loro unione, anche nell’ordinamento civile, diversi Comuni, tra cui quello di Roma, hanno provveduto ad istituire registri di unioni civili, dove trascrivere i matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso.
Il Ministro dell’Interno è intervenuto in materia, esortando i Prefetti ad annullare gli atti in argomento.
Il Tar del Lazio se, da un lato, aveva considerato insussistente il diritto dei coniugi alla trascrizione del loro matrimonio contratto all’estero – in quanto lo stesso, nel nostro ordinamento, presuppone la diversità di sesso tra i nubendi – aveva, dall’altro, ritenuto illegittimi gli atti con cui i Prefetti avevano provveduto ad annullare d’ufficio tale trascrizione.
Il percorso argomentativo del Tar si basava sull’assorbente rilievo secondo cui la rettifica e cancellazione degli atti dello stato civile spetta al giudice ordinario, non avendo i Prefetti alcun potere in materia.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n.4897/2015, ribalta l’orientamento del Tar. Si afferma, in tale pronuncia, che il Sindaco agisce, in tale settore, quale ufficiale di governo e, perciò, sussiste tra l’amministrazione statale e i comuni un rapporto interorganico, tale per cui rientra tra le competenze del Prefetto quella di annullare gli atti dello stato civile di cui il Sindaco ha ordinato l’illegittima trascrizione.