La rilevanza degli atti di amministrazione compiuti dai soci accomandanti.
La società in accomandita semplice è una società di persone caratterizzata da una compagine sociale differenziata sotto i profili della partecipazione alla gestione imprenditoriale e dell’assunzione di responsabilità per i debiti della società. Vi sono infatti due categorie di soci: accomandanti, limitatamente responsabili alla quota di capitale sottoscritta, e accomandatari, illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali.
Con la recente sentenza n. 22666/2015 depositata il 5 novembre 2015, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema dell’ingerenza del socio accomandante nell’attività di gestione della società in accomandita semplice.
E’ doveroso, in primis, ricordare che per i soci accomandanti vige per legge il divieto di immistione: essi non possono partecipare attivamente al processo di gestione della società o avere potere di rappresentanza della stessa senza il preventivo rilascio di una procura speciale rilasciata dagli amministratori. Al più sarebbe possibile una ratifica ex post dell’atto compiuto dagli accomandanti. La violazione del divieto d’immistione comporta la perdita del beneficio di responsabilità limitata di cui normalmente godono i soci accomandanti (diversamente dagli accomandatari), e pertanto il socio acquista responsabilità illimitata verso i terzi per le obbligazione sociali.
Nel caso concreto le parti ricorrenti chiedono l’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare stipulato con la società in accomandita semplice in persona del socio accomandatario, sprovvisto di specifica procura.
A sostegno della tesi, essi ritengono che l’ingerenza del socio accomandante nella gestione della s.a.s., alla quale l’art. 2320 c.c. fa conseguire la responsabilità illimitata e personale dello stesso, comporterebbe una trasformazione “di fatto” della società in accomandita semplice in società in nome collettivo irregolare, con applicazione degli artt. 2297 e 2298 c.c.
Gli Ermellini hanno rigettato la domanda sancendo che non può parlarsi di ingerenza del socio accomandante o di complimento di attività di gestione interna ed esterna, in quanto, nel caso di specie, il socio accomandante non si è palesato come amministratore o socio accomandatario. In tal caso, difatti, è più corretto parlare “falsus procurator”.
Dalla lettura congiunta degli artt. 2320 e 2323 c.c. è chiaro che, qualora siano venuti meno tutti i soci accomandatari, i soci accomandanti non rivestono mai la qualifica di amministratori. In tal caso, sarà necessaria la nomina di un amministratore provvisorio per il compimento di atti di ordinaria amministrazione in attesa della sostituzione dei soci accomandatari. In mancanza di ciò, si avrà lo scioglimento della società.
Sentenza:
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 5022/2011 proposto da:
F.E. (OMISSIS), F.A.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DE’
CESTARI 34, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VALENTINO,
rappresentati e difesi dagli avvocati MOLFINI MAURIZIO, ANTONIO
MOLFINI;
– ricorrenti –
contro
D.P.I. (OMISSIS), MARCOS DI DI PAOLA IRENE & C.
SAS in persona del legale rappresentante pro tempore DI PAOLA IRENE,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCRINO 5, presso lo studio
dell’avvocato TAMBURRO LUCIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
P.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1427/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 20/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/09/2015 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato TAMBURRO Lucio, TAMBURRO Lucio, difensore della
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso ed
inammissibilità della domanda.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza del 10 giugno 2004 il tribunale di Napoli sez. dist.
di Marano rigettava le domande : a) con la quale F.A. ed E. avevano chiesto nei confronti della s.as. MAR.COS di Di Paola Irene r.l., del socio accomandatario D.P.I. nonchè di P.A. esecuzione in forma specifica del contratto preliminare avente a oggetto immobile che era stato promesso in vendita dal P., nella qualità di socio della predetta società, con contratto concluso con F.A. per il trasferimento del predetto immobile in favore di F.E.;
- b) di risoluzione del contratto per inadempimento della società promittente venditrice, previa dichiarazione di responsabilità ex art. 2320 c.c., del P.;
accoglieva la domanda di condanna del P. alla restituzione degli acconti versati e del risarcimento dei danni patiti dai promissari acquirenti.
Con sentenza dep. il 20 aprile 2010 la Corte di appello di Napoli rigettava l’impugnazione proposta dagli attori.
I Giudici osservavano quanto segue.
– Il contratto de quo era stato concluso dagli attori non con il socio accomandatario e legale rappresentante della società promittente ma con il P., che sia nel contratto sia nelle ricevute e nelle fatture del saldo prezzo aveva indicato la mera qualità di socio;
– il richiamo alla previsione dell’art. 2320 c.c., formulato dagli appellanti, i quali avevano sostenuto il mutamento della società in accomandita semplice in società in nome collettivo irregolare e la responsabilità in solido con la società del socio accomandante, ingeritosi nella gestione interna ed esterna della società, era fuori luogo posto che tale norma non introduce deroghe alla disciplina generale in tema di rappresentanza della società per il contratto stipulato dal falso procuratore salvo ratifica, che deve rivestire la stessa forma prescritta per il contratto concluso dal falso procuratore e ha carattere recettizio;
– in tema di rappresentanza delle persone giuridiche il principio dell’apparenza del diritto non può trovare applicazione;
– era da considerarsi inammissibile, perchè nuova, la questione introdotta con la comparsa conclusionale depositata dagli appellanti, che avevano dedotto la conferma da parte della società della validità del preliminare sottoscritto dal P., invocando l’atto di riassunzione di altro giudizio prodotto per la prima volta all’udienza del 30 marzo 2007; in ogni caso, tale atto non avrebbe dimostrato un tacito accordo o una ratifica preventiva fra il P. e la società;
– ad abundantiam, era emersa la esclusione del socio per le iniziative dal medesimo assunte;
– nella specie, non si versava in ipotesi di obbligazione sociale o riferibile alla società, per cui si ribadiva l’inapplicabilità dell’art. 2320 c.c..
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione F. A. ed E. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso Di Paola Irene,in proprio e nella qualità.
Ha spiegato intervento ad adiuvandum D.C.C., successore a titolo particolare nel diritto controverso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. – Il primo motivo deduce che era risultata provata la ingerenza, nella gestione interna ed esterna della società, del socio accomandante il quale si era qualificato come amministratore e legale rappresentante della società ingenerando l’affidamento incolpevole degli attori nel comportamento dal medesimo tenuto e che faceva presumere oltretutto un accordo tacito o almeno una ratifica del suo operato da parte del socio accomandatario. Tenuto di quanto previsto dall’art. 2230 cod. civ., in merito alla responsabilità illimitata e personale del socio accomandante che si ingerisce nell’amministrazione, si era verificato un mutamento della tipologia della società che si era trasformata in una società in nome collettivo irregolare ovvero di fatto con l’applicabilità degli artt. 2297 e 2298 c.c., per cui il P. ben poteva impegnare la società nei confronti dei terzi, non assumendo alcun rilievo quanto previsto dall’atto costitutivo.
1.2. – Il motivo è infondato.
L’ingerenza del socio accomandante ovvero l’attività di gestione interna ed esterna o l’accordo tacito intercorso con il socio accomandatario sono aspetti irrilevanti sotto il profilo del questione risolutiva della fattispecie in esame in cui il terzo (gli attori) hanno concluso un contratto preliminare con la società in accomandita in persona del soggetto – peraltro qualificatosi socio – che essendo l’accomandante non aveva il potere di agire impegnando la società: si versa quindi nell’ipotesi equiparabile a quella del negozio concluso dal fasus procurator, Ed invero, al riguardo, va ricordato che nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l’art. 2323 c.c., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorchè unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale. In tale tipo di società, infatti, diversamente da quanto accade nella società in accomandita per azioni, non vi è necessaria coincidenza tra la qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore, nel senso che non tutti gli accomandatari devono essere anche amministratori, con la conseguenza che l’ingerenza del socio accomandante nell’amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2320 c.c., non si traduce anche nell’acquisto del potere di rappresentanza della società (Cass. 21803/06).
E, d’altra parte, la sentenza ha correttamente ritenuto che non avrebbe potuto invocarsi il principio dell’apparenza, ben potendo gli attori verificare i poteri rappresentativi del P..
2.1. – Il secondo motivo denuncia che erroneamente era stata dichiarata inammissibile la produzione dell’atto di citazione in riassunzione notificato dal socio accomandatario agli acquirenti degli immobili della società venduti dal P., trattandosi di atto che gli attori non avevano potuto produrre prima e che in ogni caso, era indispensabile.
2.2. – Il motivo è infondato.
La sentenza, nel dichiarare la inammissibilità della produzione, non si è limitata a verificarne la tardività ma, con giudizio assorbente di ogni altro, anche la irrilevanza di tale documentazione al fine del decidere, posto che in base ad essa, al più si sarebbe potuto ritenere la ratifica meramente interna dell’operato del P. per quanto riguardava gli immobili oggetto di quel giudizio: da quanto dichiarato dagli stessi ricorrenti l’atto non sarebbe notificato ad essi attori e, d’altra parte, sembrerebbe, che il giudizio non riguarderebbe l’immobile de quo (e, proprio per questo, non vi era ragione di notificarlo).
Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti, e a favore dell’originaria resistente D.P.I., in proprio e nella qualità di della s.a.s. MAR.COS di Di Paola Irene r.l., nei cui confronti è stato proposto il ricorso; nessuna statuizione va adottata in proposito per quanto il successore a titolo particolare nel diritto controverso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.700,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2015