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SCUOLA: RESPONSABILITA’ DEGLI INSEGNANTI A SEGUITO DI INFORTUNIO IN CLASSE

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

SCUOLA: RESPONSABILITA’ DEGLI INSEGNANTI A SEGUITO DI INFORTUNIO IN CLASSE

Il caso sul quale si è pronunciata recentemente la Cassazione rinviene la sua genesi nella caduta di un alunno durante l’orario scolastico, nel mentre pitturava l’aula insieme agli altri compagni di classe. Tale evento lesivo comportava, al piccolo malcapitato, una frattura del coccige ed avveniva  in assenza degli insegnanti, ma con la supervisione del bidello.

I genitori dell’alunno, per ottenere giustizia nel caso concreto, incardinarono un giudizio per il risarcimento del danno contro il Ministero della Pubblica Istruzione e la scuola media statale da esso frequentata. La richiesta risarcitoria veniva rigettata sia in primo grado che in appello.

Gli ermellini, con sentenza n. 23202 del 2015, hanno accolto il ricorso e ribadito che in tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, esiste una presunzione di responsabilità da parte di questi che scatta automaticamente e a prescindere dalla loro colpa, per tutto il tempo in cui il bambino viene consegnato all’istituto scolastico da parte del genitore. Quindi occorre muovere dalla considerazione che presupposto della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’allievo, nonché fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato, sicché chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla sorveglianza del docente, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie.

 

 

Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-11-2015, n. 23202

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2574-2013 proposto da:

M.S. (OMISSIS), T.T. (OMISSIS) e M.A. (OMISSIS), quali genitori esercenti la potestà, sul minore M.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.B. TIEPOLDO 4, presso lo studio dell’avvocato ISIDORO SPERTI, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MA.AL., Q.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato POLTRONIERI MARIA LUDOVICA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUERCIO GIOVANNI giusta procura speciale in calce al controricorso;

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA in persona del Ministro in carica, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5183/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/10/2012, R.G.N. 1146/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2015 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato ISIDORO SPERTI;

udito l’Avvocato MARIA LUDOVICA POLTRONIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Svolgimento del processo

 

Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di risarcimento danni proposta da M.A. e da T.T., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore S., nei confronti di Ma.Al., di Q.S., di B.R., del Ministero della Pubblica Istruzione e della Scuola Media Statale (OMISSIS).

Secondo la versione dei fatti fornita dagli attori, il giorno 11 novembre 1999, M.S. intento, insieme ad altri compagni, a pitturare le pareti dell’aula, era caduto a terra, battendo violentemente il coccige, perchè, mentre stava per sedersi, una sua compagna, Ma.Da., gli aveva sottratto la sedia.

La caduta aveva provocato un ematoma spinale all’infortunato, con invalidità temporanea assoluta e parziale e postumi permanenti dei quali gli attori venivano ora a chiedere il ristoro.

Il Tribunale di Roma rigettò la domanda.

Con la sentenza impugnata, depositata in data 22 ottobre 2012, la Corte d’appello ha respinto il gravame proposto dai soccombenti.

Il ricorso di M.S. e A. nonchè di T. T. è affidato a cinque motivi.

Si sono difesi con due distinti controricorsi Ma.Al. e Q.S. nonchè il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

 

Motivi della decisione

 

1.1 Con il primo motivo gli impugnanti lamentano violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Le critiche si appuntano contro l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la dinamica dell’incidente posta a base della pretesa azionata non poteva ritenersi dimostrata, non essendo stato possibile accertare se il sinistro si era verificato in quanto Ma.Da. aveva sottratto la sedia a M.S. o non piuttosto perchè questi era caduto nel mentre si contendeva la sedia con la compagna.

Assumono per contro gli esponenti che nei motivi di gravame essi avevano dedotto che la dichiarazione dell’insegnante e le deposizioni dei testi escussi non solo erano state valutate atomisticamente, ma neppure erano state collegate alle conclusioni del consulente tecnico. Evidenziano altresì che, in ogni caso, la domanda era stata da essi radicata sulla circostanza che l’insegnante aveva lasciato incustoditi gli allievi nel mentre veniva praticato un metodo educativo, che era in realtà un gioco pericoloso, nel corso del quale era presente il solo bidello. In tale contesto doveva ritenersi che gli attori avessero fornito piena prova dei fatti costitutivi della pretesa azionata, e cioè della responsabilità del docente, tenuto conto del dovere del giudice di decidere iuxta alligata et probata e della necessità di valutare globalmente il materiale probatorio.

1.2 Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza per omessa pronuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4. Rilevano che la domanda volta al riconoscimento della responsabilità dell’insegnante non aveva trovato alcuna risposta da parte della Corte territoriale, la quale si era limitata a esplicitare che la valutazione in ordine alla contraddittorietà tra le due versioni dei fatti era da essa condivisa.

1.3 Con il terzo motivo gli esponenti prospettano violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., con riferimento alla mancata valutazione della consulenza tecnica d’ufficio, ex art. 360 c.p.c., n. 3, sostengono che il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che le modalità dell’incidente erano state accertate dall’esperto.

1.4 Con il quarto mezzo si denunciano sia violazione dell’art. 2048 c.c., commi 2 e 3, sia vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere i giudici di merito omesso di applicare la disciplina di cui all’art. 2048 c.c., commi 2 e 3, volta a sancire che la presunzione di responsabilità per culpa in vigilando degli insegnanti viene meno solo se essi provano di non avere potuto impedire il fatto.

Le critiche si appuntano segnatamente contro l’affermazione della Corte territoriale secondo cui, perchè il precettore possa essere chiamato a rispondere, è necessaria la prevedibilità dell’accadimento, non essendo prevenibile ciò che non è prevedibile, con la precisazione che la prova della repentinità dell’azione dannosa esclude, in ogni caso, la responsabilità ex art. 2048 cod. civ., di talchè, anche a volere ritenere dimostrata la versione dei fatti fornita dagli attori, l’insegnante non poteva essere ritenuta responsabile della sottrazione della sedia ad opera della Ma., in quanto fatto repentino, mai in precedenza verificatosi.

Evidenziano per contro i ricorrenti che, ai fini della prova liberatoria, era necessaria la dimostrazione della adozione, in via preventiva, di tutte le misure, disciplinari e organizzative, idonee ad evitare l’insorgere di situazioni di pericolo, prova ampiamente disattesa dai convenuti, essendo emerso che, al momento del fatto, gli alunni erano sorvegliati dal solo bidello.

2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondate per le ragioni che seguono.

Occorre muovere dalla considerazione che presupposto della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’allievo, nonchè fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato, sicchè chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla sorveglianza del docente, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie (cfr. Cass. civ. 16 febbraio 2015, n. 3081;

Cass. civ. 10 ottobre 2008, n. 24997). A ciò aggiungasi, con particolare riguardo alla prova liberatoria richiesta dall’art. 2048 cod. civ., che la giurisprudenza di questa Corte considera, sì, dirimente la dimostrazione, da parte dell’insegnante, dell’esercizio della vigilanza nella misura dovuta nonchè della imprevedibilita e repentinità in concreto dell’azione dannosa, ma costantemente avverte che, ove manchino le più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi, non si può neppure invocare l’imprevedibilità del fatto. Ne deriva che questa ha portata liberatoria solo nell’ipotesi in cui non sia stato possibile evitare l’evento nonostante l’approntamento di un sistema di vigilanza adeguato alle circostanze (cfr. Cass. civ. 22 aprile 2009, n. 9542;

Cass. civ. 18 aprile 2001, n. 5668; Cass. civ. 21 agosto 1997, n. 7821; Cass. civ. 24 febbraio 1997, n. 1683; Cass. civ. 22 gennaio 1990, n. 318).

3 Venendo al caso di specie, la Corte territoriale si è segnatamente occupata della dinamica dell’incidente ritenendo, da un lato, indimostrato che la caduta di M.S. fosse stata determinata dalla sottrazione, ad opera di Ma.Da., della sedia sulla quale stava per sedersi (come sostenuto dagli attori), piuttosto che dalla contesa della medesima sedia tra lui e la compagna (come dedotto dai convenuti); e qualificando, dall’altro, in termini di imprevedibilità e repentinità l’iniziativa in tesi assunta dall’allieva, avvenuta in un’aula ove era comunque presente il bidello.

Proprio quest’ultima notazione disvela tuttavia l’insufficienza dell’approccio del giudice di merito con le problematiche sottese al superamento della presunzione della responsabilità del precettore, avendo il decidente sostanzialmente ignorato l’assoluta centralità dell’assolvimento, da parte dello stesso, dell’obbligo di vigilanza nella misura dovuta. Non può invero sfuggire che, per poter ritenere raggiunta la prova liberatoria nei termini imposti dall’art. 2048 cod. civ., era necessario indagare sulle condizioni dell’affidamento dei discenti, impegnati peraltro in un’attività extracurricolare, alla sorveglianza dell’ausiliario, a partire dalla eventuale adibizione di questi anche ad altre incombenze.

La mancanza di una adeguata verifica in ordine all’approntamento, in via preventiva, di cautele idonee, secondo una valutazione ex ante, a scongiurare situazioni di pericolo, vulnera in maniera irredimibile la scelta decisoria adottata, tanto più che, a ben vedere, la caduta conseguente alla contesa di una sedia tra due ragazzini è accadimento la cui qualificazione in termini di repentinità, imprevedibilità ed evitabilità non appare del tutto scontata. Ne deriva che, ragionando secondo gli schemi delineati negli interventi nomofilattici del giudice di legittimità, la negativa valutazione in ordine alla dinamica dell’incidente posta a base della pretesa azionata potrebbe risultare sostanzialmente neutra ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’insegnante al quale gli allievi erano stati affidati.

4 E’ invece destituito di fondamento l’ultimo motivo di ricorso, con il quale gli impugnanti, deducendo violazione dell’art. 2048 c.c., commi 1 e 3 e art. 2047 cod. civ., nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostengono che, essendosi il sinistro verificato per colpa della minore Ma.Da., dello stesso dovevano rispondere i genitori.

Valga considerare che la fondatezza di siffatta pretesa, a differenza di quella volta all’affermazione della responsabilità dell’insegnante, esigeva la prova rigorosa della dinamica dell’incidente, secondo le modalità descritte in citazione e cioè dell’autonoma iniziativa di Ma.Da. quale fattore causativo dell’infortunio. Sennonchè il negativo apprezzamento formulato al riguardo dal giudice di merito, in quanto basato su un’attenta ricognizione del materiale probatorio acquisito, del cui esito il decidente ha dato conto con congrua e adeguata motivazione, sfugge al sindacato di questa Corte.

5 In definitiva, respinto il quinto motivo di ricorso, accolti i primi quattro, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che, nel decidere, si atterrà al seguente principio di diritto: in tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 cod. civ. grava sull’insegnante, è necessario dimostrare che sono state adottate, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi della serie causale causativa dell’evento e che, nonostante l’adempimento di tale dovere, il fatto dannoso, per la sua repentinità e imprevedibilità ha impedito un tempestivo ed efficace intervento.

La difficoltà delle questioni consiglia invece di compensare integralmente le spese di giudizio tra M.S., M.A. e T.T., da una parte, Ma.

  1. e Q.S. dall’altra.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, rigetta il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione; compensa integralmente le spese di giudizio tra M.S., M.A. e T.T., da una parte, Ma.Al. e Q.S. dall’altra.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2015