Accordi di programma tra enti pubblici con adesione di soggetto privato. Problemi di giurisdizione.
La Suprema Corte a Sezioni Unite, nei primi giorni di quest’anno, è stata nuovamente chiamata ad esprimersi sull’annosa querelle involgente il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, questa volta in materia di accordi di programma.
In realtà la questione ha destato notevole interesse, in quanto all’accordo di programma regolarmente intervenuto tra Enti Pubblici, accedeva un contratto concluso con una società privata, sulla base di una clausola compromissoria. La società in questione, in seguito, attivava un procedimento arbitrale nei confronti degli Enti coinvolti chiedendo: l’accertamento del suo diritto al prolungamento del termine finale (10 anni) previsto nell’accordo e la continuazione delle opere intraprese, nonché il diritto al risarcimento dei danni per il venir meno delle parti pubbliche agli impegni assunti. Gli Enti coinvolti, nel costituirsi, sollevavano un problema di giurisdizione. In particolare si faceva notare che non sussisteva alcun contratto “accessivo” all’accordo di programma e, pertanto, la controversia non era deferibile ad arbitri, in quanto oggetto di giustizia amministrativa.
Giunta la questione dinanzi alla Suprema Corte, in pieno accoglimento di quanto statuito dalla Corte d’Appello incaricata, viene in primo luogo chiarita la natura pubblicistica degli accordi di programma. Si tratta di accordi espressamente previsti dall’art. 27 L. 241/90 conclusi tra Amministrazioni Pubbliche volti al coordinamento di attività di realizzazione di opere e interventi che richiedono per la loro realizzazione, l’azione integrata e coordinata di due o più tra i soggetti predetti. Nel caso di specie, il Collegio specifica che: non esiste alcun contratto “accessivo” di natura privatistica ma, è lo stesso accordo di programma che prevede, ai fini del raggiungimento dell’interesse pubblico, una partecipazione per conoscenza e formale impegno da parte del privato di adempiere agli obblighi a suo carico.
Pertanto, le Sezioni Unite, nell’attribuire al richiamato accordo natura di accordo di programma di cui all’art. 27 della L. 241/90, individuano il criterio di attrazione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Questo criterio fa leva sul fatto che la cognizione di detto giudice si ravvisa in una serie di rapporti, individuati non già con riferimento alla materia, ma nel fatto che essi trovano la propria regolamentazione nell’ambito dell’accordo e nella disciplina prevista dalla legge per la sua formazione, conclusione ed esecuzione.
Per quanto concerne inoltre, la controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno, questa Corte è concorde nel ricondurla alla giurisdizione esclusiva come espressamente previsto dall’art. 133 comma 1 lett.A n. 2 Dlgs. 104/2010, trattandosi di causa inerente l’esecuzione di un accordo integrativo e sostitutivo di provvedimenti amministrativi.
Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 07-01-2016, n. 64
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente f.f. –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1185-2014 proposto da:
COMUNE DI MARCIANISE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 67, presso lo studio degli avvocati VERDE GIOVANNI, Lamberti Antonio, che lo rappresentano e difendono per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.S.E. – INTERPORTO SUD EUROPA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TERENZIO 7, presso lo STUDIO TITOMANLIO-ABBAMONTE, rappresentata e difesa dagli avvocati IANNUCCILLI PASQUALE, GIUSEPPE ABBAMONTE, per delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
REGIONE CAMPANIA, PROVINCIA DI CASERTA, COMUNE DI MADDALONI;
– intimati –
avverso il provvedimento n. 2231/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2015 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
uditi gli avvocati Antonio LAMBERTI, Orazio ABBAMONTE per delega dell’avvocato Giuseppe Abbamonte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. FINOCCHI GHERZI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 21-11-2006 la Interporto Sud Europa (I.S.E.) s.p.a., sulla base della clausola compromissoria contenuta nell’art. 23 dell’Accordo di Programma del 2-4-1996, attivava procedimento arbitrale nei confronti della Regione Campania, della Provincia di Caserta e dei Comuni di Maddaloni e Marcianise, chiedendo l’accertamento del suo diritto al prolungamento del termine finale (10 anni) previsto nell’accordo e atta continuazione delle opere intraprese, nonchè del venir meno delle parti pubbliche agli impegni assunti, con conseguente diritto al risarcimento danni.
Nel costituirsi, le parti pubbliche sollevavano eccezioni in rito. Il Comune di Marcianiise, in particolare, eccepiva il difetto di potestas iudicandi degli arbitri, e chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’ISE al risarcimento dei danni arrecati per il mancato completamento delle opere di cui all’Accordo di Programma nei termini di legge e per la loro parziale ed insufficiente esecuzione.
Con lodo non definitivo del 9-4-2008 il Collegio Arbitrale si dichiarava competente a pronunciare su tutti i quesiti postigli, disponendo con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.
Avverso detto lodo non definitivo proponeva impugnazione il Comune di Marcianise, sostenendo, in particolare, che, contrariamente a quanto affermato dal Collegio Arbitrale, non sussisteva alcun accordo “accestivo” all’accordo di programma, e che la controversia non era deferibile ad arbitri, in quanto oggetto di giustizia amministrativa. L’impugnante, pertanto, concludeva per la declaratoria di nullità del lodo parziale, con condanna delle controparti al pagamento delle spese dei due giudizi.
Nel costituirsi, l’ISE instava, tra l’altro, per l’inammissibilità dell’impugnazione, per non avere il lodo definito nemmeno parzialmente il merito della controversia.
La Regione Campania e la Provincia di Caserta proponevano impugnazione incidentale.
Avverso lo stesso lodo parziale proponeva autonoma impugnazione la Provincia di Caserta, per gli stessi motivi di cui all’impugnazione incidentale proposta nel primo giudizio. In tale giudizio la Regione Campania proponeva impugnazione incidentale, il Comune di Marcianise aderiva all’impugnativa e l’ISE deduceva l’inammissibilità dell’impugnazione.
Con lodo definitivo depositato il 21 e 22-12-2009 il Collegio Arbitrale rigettava tutte le domande di merito proposte dalle parti, osservando, per quanto rileva in questa sede, che in ordine alle domande risarcitorie svolte dagli enti pubblici difettava la prova di un inadempimento riconducibile a cause imputabili ad I.S.E., nè era stato allegato il verificarsi di danni risarcibili e il nesso di causalità.
Avverso tale lodo definitivo proponeva impugnazione il Comune di Marcianise, deducendo la nullità di entrambi i lodi per violazione della normativa in tema di lavori pubblici, prevedente la nomina del terzo arbitro a cura della Camera Arbitrale e il deposito ivi del lodo; per infondate argomentazioni a sostegno della ritenuta carenza di interesse da parte dell’ISE a chiedere la proroga del termine decennale previsto nell’accordo di programma per il completamento degli interventi; .per violazione del contraddittorio e anomalo svolgimento del giudizio arbitrale in relazione alla ispezione giudiziale e alla C.T.U., nonchè alla concessione di ridotti termini di difesa; per contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla reiezione delle domande risarcitorie articolate dai Comune. L’impugnante instava, pertanto, per la riunione dei due giudizi, con l’accoglimento in fase rescindente dell’impugnativa del lodo parziale e di quello definitivo, ed in via rescissoria per la condanna dell’ISE al pagamento delle spese di lite anche della fase arbitrale e, in via subordinata, per la nomina di un C.T.U. e l’accoglimento delle domande risarcitorie svolte.
L’I.S.E. e la Provincia di Caserta proponevano impugnazione incidentale condizionata.
Con sentenza in data 3-6-2013 la Corte di Appello di Napoli dichiarava la nullità del lodo parziale e di quello definitivo per carenza di potestas iudicandi degli arbitri, e la giurisdizione del giudice amministrativo.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Comune di Marcianise, sulla base di due motivi..
L’I.S.E. – Interporto Sud Europa s.p.a. ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulle domande risarcitorie proposte dal Comune di Marcianise nei confronti di Interporto Sud Europa in sede arbitrale e riproposte innanzi alla Corte di Appello di Napoli.
Deduce che in motivazione la Corte di Appello ha affermato che “la clausola compromissoria di cui all’art. 23 dell’accordo di programma non può essere invocata dal privato per denunciare inadempimenti delle parti pubbliche, potendo invece eventualmente essere fatta valere dagli enti pubblici in relazione alla violazione agli inadempimenti del privato in fase di attuazione degli impegni da lui assunti”. Rileva che, sulla base di tale premessa, il giudice dell’impugnazione avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito sui motivi di doglianza proposti dal Comune di Marcianise avverso il lodo, nella parte in cui aveva ritenuto di rigettare le domande risarcitorie da esso formulate con i quesiti 18 e ss. sottoposti agli arbitri e ribaditi con l’atto di impugnazione del lodo, in quanto su tale punto della controversia esso aveva espressamente ritenuto che sussisteva la potestas iudicandi degli arbitri. La sentenza impugnata, al contrario, non solo non ha pronunciato sui motivi di nullità dedotti dall’impugnante, come avrebbe dovuto fare ai sensi dell’art. 830 c.p.c., comma 2 ma ha addirittura dichiarato che l’accoglimento del motivo di impugnazione relativo alla inarbitrabilità della controversia riguardante posizioni di interesse legittimo assorbiva gli ulteriori motivi relativi al lodo parziale e quelli relativi al lodo definitivo. In tal modo, secondo il ricorrente, la Corte di Appello è incorsa in una evidente omissione di pronuncia, dichiarando un inesistente “assorbimento” rispetto a domande autonome e a controversie scindibili, rispetto alle quali sussisteva la potestas iudicandi degli arbitri.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 100 c.p.c., violazione e falsa applicazione della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 27, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 34, della L. n. 241 del 1990, artt. 11 e 15, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, nn. 1 e 2 sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205 e D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 830 c.p.c., comma 2.
Deduce che, ove abbia inteso disconoscere la propria potestas iudicandi anche con riferimento alle domande risarcitorie articolate dal Comune e, dunque, negare la propria giurisdizione, la Corte di Appello è incorsa nella violazione e falsa applicazione delle norme in epigrafe che la fondano.
2) Il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
La Corte di Appello, disattendendo l’eccezione dell’ISE, ha ritenuto ammissibile l’impugnazione immediata proposta dal Comune di Marcianise e dalla Regione Campania avverso il lodo parziale, con il quale il Collegio Arbitrale si era dichiarato competente in ordine a tutti i quesiti sottopostigli. La sentenza impugnata ha richiamato, al riguardo, il principio affermato dalla giurisprudenza, secondo cui il lodo parziale che provveda sulla “competenza” degli arbitri a decidere della controversia, così ritenendo la sussistenza di una valida clausola compromissoria intercorsa fra le parti, deve essere oggetto d’impugnazione immediata, avendo deciso una questione preliminare di merito, ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4 in riferimento alla ipotesi di cui allo stesso art. 279 c.p.c., comma 2, n. 2 (Cass. 6-4-2012 n. 5634).
Passando all’esame dell’impugnazione, la Corte territoriale ha ritenuto fondato il motivo con il quale il Comune di Marcianise e la Regione Campania avevano dedotto la nullità del lodo parziale per difetto della potestas iudicandi degli arbitri, ex art. 829 c.p.c., n. 1. Essa ha dichiarato, conseguentemente, la nullità di entrambi i lodi, essendo la controversia devoluta al giudice amministrativo; e, per effetto di tale pronuncia, ha ritenuto assorbiti gli ulteriori motivi di impugnazione relativi al lodo parziale, nonchè quelli successivamente svolti in relazione al lodo definitivo.
II ricorrente deduce che la Corte distrettuale, avendo dato atto, nel corpo della motivazione, che la clausola compromissoria poteva “eventualmente essere fatta valere dagli enti pubblici in relazione alla violazione agli inadempimenti del privato in fase di attuazione degli impegni da lui assunti”, avrebbe dovuto pronunciare sulla domanda di risarcimento danni da esso azionata dinanzi agli arbitri con i quesiti n. 18 e ss., rigettata con lodo definitivo e riproposta dinanzi alla Corte di Appello. Sostiene, pertanto, che tale domanda non poteva ritenersi assorbita nella pronuncia di nullità del lodo.
Deve, peraltro, osservarsi che con la seconda impugnazione (v. pag. 6 della sentenza impugnata) il Comune di Marcianise aveva instato, previa riunione dei due giudizi, per l’accoglimento in fase rescindente dell’impugnativa del lodo parziale e di quello definitivo, ed in fase rescissoria per la condanna dell’Interporto Sud Europa s.p.a. al pagamento delle spese di lite anche della fase arbitrale e di funzionamento del collegio; mentre solo “in via subordinata” aveva chiesto l’accoglimento delle domande risarcitorie svolte.
Ciò posto, si rileva che la regola posta dall’art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda in giudizio o per resistere ad essa occorre avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, nel senso che l’interesse ad impugnare presuppone una soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio. Ne consegue che, in caso di proposizione di due domande distinte ed autonome, l’una in via principale e l’altra in via subordinata, la configurabilità della soccombenza va esclusa qualora venga accolta la domanda principale, mentre, nel caso di accoglimento della domanda subordinata, la parte ha interesse a proporre impugnazione in relazione al mancato accoglimento della domanda principale (cfr.
Cass. 27-7-2005 n. 15705; Cass. 4-5-2012 n. 6770).
Nella specie, pertanto, il ricorrente è privo di interesse ad impugnare la sentenza della Corte di Appello che, avendo accolto la domanda da esso proposta in via principale, non ha esaminato l’altra domanda proposta dalla stessa parte solo in via subordinata.
3) Anche il secondo motivo deve essere disatteso.
Come è stato evidenziato nella sentenza impugnata, con l’accordo sottoscritto in data 2-4-1996 tra la Regione Campania, la Provincia di Caserta ed i Comuni di Maddaloni e di Marcianise, tali enti pubblici hanno approvato il piano urbanistico particolareggiato del polo di Marcianise-Maddaloni dell’Interporto, assumendo impegni vari e prevedendo che l’intero intervento sarebbe stato realizzato dalla SO.PRO.SER. s.p.a. (poi divenuta ISE s.p.a.) in un arco temporale di 10 anni dalla data di pubblicazione del decreto di a approvazione dell’accordo. La SO.PRO.SER. s.p.a. ha dichiarato di intervenire a tale accordo “allo scopo esclusivo di prendere formale conoscenza del contenuto dell’accordo dì programma tra i suddetti enti pubblico- territoriali e di assumere espressamente l’impegno di adempiere a tutti gli obblighi previsti nel citato accordo” a suo carico, in tema di progettazioni, esecuzioni, rispetto dei termini, assunzione di oneri di pagamento delle indennità espropriativi realizzazione di infrastrutture, assunzione di personale.
L’accordo in questione è stato qualificato dalla Corte di Appello come accordo di programma ai sensi della L. n. 142 del 1990, art. 27 che è una convenzione tra Regioni, Province e Comuni ed altre amministrazioni pubbliche, mediante la quale le parti coordinano le loro attività per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento che richiedono, per la loro realizzazione, l’azione integrata e coordinata di due o più tra i soggetti predetti. Il giudice di merito ha escluso l’esistenza di un contestuale contratto “accessivo” di natura privatistica, osservando che vi è stato esclusivamente un accordo di programma contenente gli impegni assunti dagli enti pubblici tra loro e per il raggiungimento dell’interesse pubblico, e una partecipazione ai soli fini di conoscenza e di formale impegno da parte del privato ad adempiere agli obblighi a suo carico; impegno, quest’ultimo, che la sentenza impugnata ha ricondotto agli accordi di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 11, comma 1; con conseguente applicabilità della giurisdizione del giudice amministrativo, secondo il disposto del comma 5 dello stesso articolo.
L’inquadramento giuridico dato alla fattispecie dalla Corte territoriale appare conforme ai principi affermati da queste Sezioni Unite con ordinanza n. 12725 del 2005 – resa in un giudizio promosso dall’ISE s.p.a. nei confronti della Regione Campania -, con cui è stata affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda volta all’accertamento della violazione, da parte della Regione, delle pattuizioni contenute nell’accordo di programma del 2-4-1996, ed alla condanna dello stesso ente al risarcimento del danno per violazione degli obblighi consortili e concorrenza sleale.
In tale ordinanza, le Sezioni Unite, nell’attribuire al richiamato accordo natura di accordo di programma di cui alla L. n. 142 del 1990, art. 27 (successivamente trasfuso nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 34), hanno osservato che “tale strumento si sostanzia in un provvedimento amministrativo adottato dalle amministrazioni pubbliche e dai soggetti pubblici che vi partecipano – con esclusione quindi dei privati eventualmente coinvolti nella sua attuazione- al fine di assicurare l’azione integrata e coordinata di più amministrazioni per la realizzazione di un programma comune e determina nei soggetti destinatari e comunque interessati all’attuazione dell’accordo l’insorgere di un interesse legittimo per la tutela delle loro posizioni soggettive eventualmente lese dal cattivo uso del potere pubblicistico nei loro confronti”. Le Sezioni Unite hanno aggiunto che “il rapporto tra tale fattispecie e quella delineata dalla L. n. 241 del 1990, art. 15 si delinea come un rapporto dì genere a specie, configurando quest’ultima disposizione, contenuta in un testo normativo che ha carattere dì legge generale sul procedimento amministrativo, un modulo convenzionale di valenza generale attraverso il quale le amministrazioni che partecipano all’accordo rendono possibile e disciplinano il coordinato esercizio di funzioni proprie, nella prospettiva di un risultato di comune interesse, individuato attraverso uno specifico procedimento amministrativo. Per effetto dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 15, comma 2 all’accordo ivi disciplinato è applicabile l’art. 11 della stessa legge (ora modificato dalla L. n. 15 del 2005, art. 7), che al quinto comma dispone che le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così delineando un’ipotesi di giurisdizione esclusiva di detto giudice correlata non ad una determinata materia, ma ad una specifica tipologia di atto, qualunque sia la materia che ne costituisce oggetto. Ed invero, come queste Sezioni Unite hanno più volte osservato, tale disposizione, nel presupposto che attraverso l’accordo l’amministrazione esercita una funzione pubblica, individua il criterio di attrazione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel fatto che essa attenga alla formazione, conclusione ed esecuzione dell’accordo, così attribuendo alla cognizione di detto giudice una serie di rapporti individuati non già con riferimento alla materia, ma per il fatto che essi trovano la propria regolamentazione nell’ambito dell’accordo (v. sul punto, tra le altre, S.U. 2005 n. 732; 2001 n. 15608; 2001 n. 105; 2000 n. 1174; 2001 n. 87; 1999 n. 8;
1998 n. 8593; 1997 n. 7452″). Nella stessa ordinanza è stato esclusa la possibilità di pervenire a diverse conclusioni in termini di giurisdizione avendo riguardo “a quelle clausole, contenute nella parte finale dell’accordo, nelle quali sono enunciati alcuni impegni a carico della SO.CO.PER. s.p.a., quale soggetto attuatore del programma, ed alla clausola contenuta nell’art. 23, che deferisce ad arbitri eventuali controversie con detta società”; e ciò in base al rilievo secondo cui “la riconduzione dì tali ulteriori pattuizioni alla tipologia degli accordi tra amministrazione e privati previsti nella L. n. 241 del 1990, art. 11, comma 1 comporta la diretta applicazione della norma attributiva della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo di cui allo stesso art. 11, u.c.”.
Alla luce di tali principi, la cui validità va ribadita In questa sede, non può accedersi alla tesi del ricorrente, secondo cui la domanda proposta dal Comune di Marcianise nei confronti dell’ISE, volta ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento degli obblighi assunti dal soggetto attuatore con l’accordo di programma in questione, apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinano, riguardando posizioni di diritto soggettivo.
Anche tale domanda, al contrario, attenendo alla fase dell’esecuzione di un accordo di programma tra enti pubblici volto alla realizzazione di un interesse pubblico, al quale ha aderito una società privata, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 11, comma 5.
In tali termini si sono già espresse (con riferimento alla disciplina sopravvenuta dettata dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. a, n. 2 che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, fra l’altro, “le controversie in materia di … formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo”) queste Sezioni Unite, affermando che è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dall’inosservanza da parte di una società privata agli obblighi di un accordo di programma stipulato tra enti pubblici, cui la prima aveva successivamente aderito, finalizzato alla bonifica ed al recupero di un’intera zona industriale, trattandosi di causa inerente all’esecuzione di un accordo da qualificarsi come integrativo o sostitutivo di provvedimenti amministrativi di tali enti, ai sensi del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, che ricomprende tali controversie tra quelle riservate al giudice amministrativo (Cass. 29-7-2013 n. 18192).
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2016