Sostanze stupefacenti: l’eterna questione dell’aggravante dell’ingente quantità torna sul “banco degli imputati”.
L’era attuale si caratterizza, tra le tante, per una copiosa legiferazione e per le frequenti modifiche legislative tanto che risulta quanto mai attuale la locuzione di Tacito (Annales, Libro III, 27) corruptissima re publica plurimae leges (moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto). Tra i vari settori investiti dall’opera del Legislatore, può osservarsi come la disciplina in tema di sostanze stupefacenti, D.P.R. 309/1990, sia stata più volte oggetto di interventi legislativi nonché di importanti pronunce pretorili: al riguardo si potrebbe parlare di almeno tre “stagioni normative”.
In un primo momento e fino al 2006, la legge Jervolino -Vassalli distingueva tra droghe pesanti e droghe leggere, prevedendo un differente trattamento sanzionatorio a seconda della tipologia di sostanza stupefacente. A tal uopo si rimandava a quattro tabelle, che distinguevano le droghe leggere (tabelle 2 e 4) dalle droghe pesanti (tabelle 1 e 3).
In un secondo momento, la legge n. 49/2006 Fini – Giovanardi ha equiparato il trattamento sanzionatorio tra droghe pesanti e droghe leggere, facendo venir meno la suddetta distinzione e rimandando ad un’unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti. Altresì, il D.L. 146/2013 ha trasformato la circostanza attenuante dell’art. 73, comma V, in reato autonomo.
Nella terza fase, la Corte Cost., con sentenza n. 32/2014, ha dichiarato incostituzionale -per motivi procedurali- la legge Fini Giovanardi.
A seguito di questa pronunzia, la legge Fini Giovanardi è stata espunta dall’ordinamento giuridico. L’effetto è stato la cd. resurrezione della legge Jervolino – Vassalli con la relativa distinzione droghe leggere/droghe pesanti. Peraltro, tale declaratoria di incostituzionalità ha posto una serie problemi e, in particolare, ha rimesso all’Interprete il gravoso onere di verificare in concreto quali siano le norme che subiscono la pronuncia di incostituzionalità e che cadono “a cascata” in quanto divenute prive del loro oggetto. Il Legislatore è, poi, nuovamente intervenuto a modificare il sistema tabellare tant’è che la legge n. 79/2014 ha introdotto cinque nuove tabelle.
Punto cruciale nonché fulcro della sentenza della Cassazione ivi in esame è che sotto la vigenza della Fini Giovanardi, le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi sull’annosa questione dell’ingente quantità. Nel silenzio del legislatore ed in mancanza di concordia di opinioni (tesi della cd. saturazione del mercato, tesi quantitativa), la Corte ha fatto riferimento alle singole sostanze indicate nella tabella allegata al D.M. 11.04.2006 ed ha, così, individuato il criterio determinante nel dato numerico delle duemila dosi giornaliere. In sostanza, dopo una animata querelle, la giurisprudenza sembrava essersi assestata nel senso di ritenere che l’aggravante dell’ingente quantità di cui all’art. 73, V comma, D.P.R. 309/1990 scattasse quando la quantità detenuta superasse di 2000 volte il valore soglia espresso in mg nella tabella suddetta.
Gli Ermellini nella sentenza che qui ci occupa, la n. 1609/2016, hanno accolto il ricorso con cui l’imputato -condannato per traffico illecito di droga con l’aggravante dell’ingente quantità ex art. 80, comma II, D.P.R. 309/1990- lamentava l’attualità del criterio delle 2000 dosi a seguito della statuizione di illegittimità costituzionale. Secondo i Giudici di P.zza Cavour, infatti, la determinazione dei presupposti per l’applicazione della aggravante della ingente quantità non può prescindere da questa impostazione normativa differente. Tale giurisprudenza dovrà essere rimeditata, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con una interpretazione tendenzialmente soltanto aritmetica e dunque automatica dell’aggravante dell’ingente quantità.
Attualmente, dunque, quello dell’ingente quantità rappresenta un nodo gordiano e non vi sono concreti indici normativi per verificare la ricorrenza dell’aggravante. De iure condendo non può che auspicarsi un imminente ed efficace intervento normativo, teso a sopire definitivamente il vivace dibattito.
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-05-2015) 18-01-2016, n. 1609
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente –
Dott. GRILLO Renato – Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro Mari – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.I., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1655 della Corte di appello di Bologna del 15 maggio 2014;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott., SELVAGGI Eugenio, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
G.I. ha impugnato di fronte alla Corte di cassazione la sentenza con la quale la Corte di appello di Bologna, confermando la decisione emessa dal giudice di prime cure quanto alla dichiarazione di penale responsabilità, anche con riferimento alla individuazione a carico del ricorrente e della sua complice P.D. della aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 ed alla valutazione in ordine alla concedibilità delle attenuanti generiche, lo aveva condannato, in tal modo rideterminando in senso più mite la pena già inflitta a suoi carico, ad anni tre e mesi 4 di reclusione.
Nel proporre la sua impugnazione di fronte alla Corte di legittimità il G. ha contestato la sentenza della Corte di appello, sotto il profilo del vizio di motivazione, quanto alla individuazione degli elementi costituitivi la aggravante della ingente quantità ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2.
Ha, infatti, osservato il ricorrente che, venuto meno il sistema della tabellazione e della dose media singola, non poteva più farsi riferimento, come invece fatto dalla Corte territoriale, alla metodica del multiplo della dose media singola, nella misura di 2000 volte questa, onde pervenire alla qualificazione della quantità di sostanza stupefacente detenuta come ingente.
Motivi della decisione
Il ricorso, risultato fondato deve essere perciò accolto.
E’ cosa nota che, ai fini della determinazione della nozione di ingente quantità rilevante per la integrazione della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 la certamente prevalente giurisprudenza di questa Corte si è assestata, anche a seguito dell’intervento chiarificatore della Sezioni unite penali, nel senso di ritenere tendenzialmente integrata la predetta fattispecie laddove la quantità detenuta sia almeno superiore a duemila volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionalità del giudicante nel ravvisare gli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie laddove il siffatto limite risulti essere superato (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 20 settembre 2012, n. 36258; idem Sezione 4 penale, 17 marzo 2013, n. 10618; idem 20 ottobre 2014, n. 43771).
Tale affermazione è stata, però, di recente motivatamente messa in discussione da questa stessa Sezione che ha, infatti, rilevato che la riferita impostazione, come sopra evidenziato accolta dalle Sezioni Unite ed in seguito più volte ribadita dalle Sezioni semplici, deve intendersi rapportata al sistema tabellare che il D.L. n. 272 del 2005, convertito con modificazioni nella L. n. 49 del 2006, aveva introdotto tramite art. 4-viciester, nel testo unico degli stupefacenti, sostituendo alle originarie quattro tabelle, che distinguevano le droghe leggere (tabelle 2 e 4) dalle droghe pesanti (tabelle 1 e 3), un’unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti.
Ritiene il Collegio che a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime talune disposizioni della L. n. 49 del 2006, fra cui quella dianzi richiamata, il legislatore ha modificato il sistema tabellare che ne era conseguito, introducendo con il D.L. n. 36 del 2014, convertito con modificazioni nella L. n. 79 del 2014, quattro nuove tabelle in ordine a tali sostanze. La determinazione, pertanto, dei presupposti per l’applicazione della aggravante della ingente quantità non può prescindere da questa impostazione normativa differente da quanto il giudice di merito ha considerato nel suo vaglio. Non può non rilevarsi che, in un quadro che smentisce la rado della normativa vigente all’epoca dello sviluppo giurisprudenziale di cui sopra – spezzando la sostanziale equiparazione tra il reato attinente a droghe pesanti e il reato relativo a droghe leggere, e per di più, non si può non rilevare per completezza, enucleando come reato autonomo, anche sotto il profilo delle modalità, e non solo dell’entità, del trattamento sanzionatorio, la fattispecie lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 – tale giurisprudenza dovrà essere rimeditata, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con una interpretazione tendenzialmente soltanto aritmetica e dunque automatica dell’aggravante dell’ingente quantità (Corte di cassazione, Sezione 3 penale 4 novembre 2014, n. 45458; idem Sezione 3 penale, 13 giugno 2014, n. 25176).
Deve, peraltro, anche osservarsi che, nel caso ora in questione, la Corte felsinea appare avere desunto gli ulteriori elementi idonei, ferma restando la invalicabilità verso il basso del limite della 2000 volte il valore-soglia, alla individuazione della ricorrenza della aggravante della ingente quantità da fattori o non congrui (quali la diversa natura delle sostanze rinvenute nella detenzione del ricorrente) – posto che, ai fini della individuazione della ingente quantità, siffatta diversità o è irrilevante laddove si tratti di sostanze per le quali vi è, come nel caso in esame, pur nella loro diversità farmacologica un identico trattamento sanzionatorio (si trattava nel caso di hashish e marijuana), ovvero, se si tratta di sostanze il cui possesso è oggetto di sanzioni diverse, dovrebbe semmai comportare la autonoma considerazione della quantità detenuta di ciascuna di esse – ovvero non significativi (come il possesso ingiustificato di un’ingente somma di danaro da parte del G.) o, infine, non pertinenti oltre che congetturali (l’esistenza di plurimi canali di approvvigionamento dello stupefacente).
Discende dalle le ragioni esposte, che la sentenza impugnata deve essere annullata, ferma restando la affermazione della penale responsabilità del prevenuto, per la sola valutazione della sussistenza dell’aggravante de qua e per l’eventuale rimodulazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Bologna che si atterrà a quanto precisato da questa Corte.
Tenuto, altresì, conto che l’impugnazione proposta ed accolta per motivi non esclusivamente personali ad un imputato giova anche agli altri imputati (secondo quanto previsto dall’art. 587 c.p.p., comma 1) -, riconoscendosi l’effetto estensivo della doglianza appena esaminata anche alla correa del G., la sentenza impugnata deve essere annullata, nei medesimi limiti sopra evidenziati e perciò definitivamente affermata la penale responsabilità di questa, con rinvio alla medesima Sezione sopra indicata della Corte d’appello di Bologna, con riferimento anche alla posizione di P.D..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna limitatamente alla applicabilità della aggravante di cui all’art. 80, comma 2, TU Stup., nei confronti di G.I. e, per l’effetto estensivo, anche nei confronti di P.D..
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2016