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Direttore di un Telegiornale RAI accusato di peculato in quanto qualificato come incaricato di pubblico servizio

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Direttore di un Telegiornale RAI accusato di peculato in quanto qualificato come incaricato di pubblico servizio.

 

Un recentissimo ed interessante intervento della VI sezione Penale della Corte di Cassazione n. 6405/2016, a cavallo tra il diritto penale e il diritto amministrativo, ha posto l’attenzione sulla vicenda che ha coinvolto il direttore di un Telegiornale Rai accusato di peculato, perché implicato in un caso di vero e proprio “spreco” di denaro pubblico.

Nella fattispecie, il soggetto in questione veniva accusato di essersi appropriato, nel periodo 2009/2010, di un’ingente somma di danaro mediante l’uso indebito della carta di credito aziendale di cui aveva la disponibilità quale direttore del TG1-RAI.

In primo grado l’imputato veniva assolto perché il fatto, secondo il Tribunale, non costituiva reato. In particolare si diceva che pur essendo configurabile il delitto di peculato, in quanto la Rai era da ascriversi al novero degli Enti pubblici, pare mancasse l’elemento soggettivo della consapevolezza di appropriarsi di denaro pubblico a perfezionare la fattispecie incriminatrice. In appello questa conclusione viene completamente ribaltata, ritenendo concretamente e perfettamente integrato il reato di peculato. L’imputato, quindi, proponeva quindi ricorso per Cassazione sollevando numerose censure inerenti il difetto di motivazione e, in particolare, presentando una diversa ricostruzione dei fatti. Sollevava nello specifico la circostanza che l’utilizzo della carta aziendale, successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, era stato concesso in ragione di una finalità compensativa.

La Suprema Corte, aderendo all’impostazione dettata in appello, dichiarava infondato il ricorso.

Era evidente la falsità della ricostruzione addotta dal ricorrente. Si rilevava, infatti, la sistematica violazione delle regole aziendali mediante l’utilizzo pressoché quotidiano della carta di credito per la consumazione di pasti, senza mai documentare le ragioni di rappresentanza, senza mai indicare i beneficiari della spesa e, soprattutto senza mai richiedere l’approvazione del Direttore Generale, prevista per i casi di particolari esigenze di riservatezza.

Del pari infondata, secondo il Supremo Collegio, è la violazione dell’art. 358 c.p.. A parere del ricorrente la condanna per peculato sarebbe accompagnata dal presupposto erroneo che la RAI sia un ente pubblico mentre, giurisprudenza recente sosterrebbe invece la sua natura di società per  azioni. Diversamente la Corte precisa che: il suddetto articolo, nel definire la figura di incaricato di pubblico servizio, ha privilegiato un criterio oggettivo-funzionale. In tal senso non si richiederebbe che l’attività svolta sia direttamente imputabile ad un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche.

Il direttore di un telegiornale RAI svolge un’attività di indubbia connotazione pubblicistica, volta al preminente interesse generale ad un’informazione corretta e pluralista, concretandosi in un servizio offerto alla generalità dei cittadini.