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La nuova legge sulle unioni civili in pillole.

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La nuova legge sulle unioni civili in pillole.

Il giorno 11 maggio 2016 è stata vagliata dalla Camera, dopo aver ricevuto l’approvazione del Senato, la legge sulle unioni civili, con 372 si, 51 no, e 99 astenuti. Per molti una data storica, o un giorno di festa per tanti, come ha acclamato il premier Renzi.

 Il nuovo disegno di legge, un unico articolo con ben 69 commi, introduce nel nostro ordinamento ben due novità: le unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze di fatto tra etero e omosessuali. Non è consentita, tuttavia, la possibilità di adozione da parte di coppie omosessuali.

Ecco le principali novità in materia.

Le unioni civili omosessuali

La legge riconosce a due persone maggiorenni dello stesso sesso il diritto di costituire una unione civile registrata e riconosciuta a livello giuridico. L’unione tra due persone dello stesso sesso viene definita una formazione sociale specifica, per distinguerla dall’unione matrimoniale che avviene tra un uomo e una donna, che, però, ha quasi gli stessi requisiti del matrimonio.

Gli interessati dovranno fare un’apposita dichiarazione di fronte all’Ufficiale di Stato Civile ed alla presenza di due testimoni. Tale dichiarazione (detta “atto di unione civile”) verrà quindi registrata nell’archivio dello stato civile, come gli atti di matrimonio.

L’atto attestante la costituzione dell’unione deve contenere i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale e della loro residenza, i dati anagrafici e la residenza dei testimoni.

Non si potrà unire civilmente chi è ancora sposato, se si hanno legami di parentela, in caso di interdizione per infermità mentale, o per chi ha commesso un omicidio o tentato omicidio nei confronti dell’ex coniuge o di un membro di un’unione civile.

Dall’unione civile tra persone dello stesso sesso deriva l’obbligo all’assistenza morale e materiale e il diritto alla coabitazione, “concordano l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune”.

Per quanto riguarda gli obblighi, entrambe le parti sono tenute infatti, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni, gli stessi diritti e doveri che il Codice civile prevede per i coniugi. Tuttavia – a differenza delle coppie unite in matrimonio – per le coppie omosessuali non è previsto l’obbligo di fedeltà e di collaborazione nell’interesse della famiglia; uno dei punti che ha più suscitato forti polemiche.

I partner sono inoltre riconosciuti a tutti gli effetti come dei veri e propri coniugi in caso di malattia e ricovero e in caso di morte. In questo caso, il partner superstite avrà diritto alla pensione di reversibilità, al Tfr maturato dall’altro, nonché all’eredità nella stessa quota prevista per i coniugi uniti in matrimonio, spettando per la parte su persistite il diritto alla legittima.

All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano gli articoli del codice civile relativi alle cause di nullità del matrimonio: quando il consenso sia dipeso da errore, violenza o timore di eccezionale gravità; quando solo uno dei coniugi versi in tale condizione; quando entrambi i coniugi siano stati in mala fede.

L’unione civile si scioglie quando anche una sola delle parti manifesta la volontà di scioglimento dell’unione registrata dinanzi all’Ufficiale dello Stato Civile.

Anche la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell’unione civile fra persone dello stesso sesso. In caso di rettificazione anagrafica di sesso, se i coniugi hanno manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, dal punto di vista giuridico viene automaticamente instaurata un’unione civile tra persone dello stesso sesso.

La nuova legge prevede che le disposizioni (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti, atti amministrativi e contratti collettivi), che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni che contengono le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Le convivenze di fatto

Sono unioni tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso non registrate. Sono considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, che coabitano ed hanno dimora abituale nello stesso comune.

Anche i conviventi di fatto hanno l’obbligo di reciproca assistenza e gli stessi diritti spettanti al coniuge previsti dall’ordinamento penitenziario, o in caso di malattia o di ricovero.

I conviventi, infatti hanno reciproco diritto di visita in ambito sanitario, di assistenza, di accesso alle informazioni personali, analogamente ai coniugi e familiari.

Ciascun convivente ha altresì la facoltà, in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, di designare l’altro quale suo rappresentante per le decisioni in materia di salute (comprese le scelte in materia di donazione di organi, modalità di trattamento del corpo e celebrazioni funebri).

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, al convivente di fatto superstite è garantito il diritto di abitazione per due anni o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore a due anni, fino ad un massimo di cinque anni.

Qualora dall’unione siano nati figli e questi siano minori o disabili, il convivente superstite ha diritto di abitazione per un periodo non inferiore a tre anni dalla morte del partner.

A differenza delle unioni civili non si ha invece diritto né al Tfr, né all’assegno di reversibilità.

In caso di cessazione della convivenza di fatto e qualora il convivente separato non disponga di un proprio adeguato reddito è previsto l’obbligo di mantenimento a carico dell’altro convivente per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. Spetterà sempre al giudice stabilire la misura e la durata dell’obbligo alimentare in proporzione alla durata della convivenza.

 I conviventi possono anche disciplinare i loro rapporti patrimoniali stipulando un apposito contratto di convivenza, mediante atto pubblico o scrittura privata, dinanzi ad un notaio o ad un avvocato.

Il contratto di convivenza si scioglie in caso di morte di una delle parti, di matrimonio o successiva unione civile anche con un terzo di una delle parti, di  accordo o recesso unilaterale di una delle parti.