Le Sezioni Unite sulla natura della responsabilità per i danni da infiltrazioni del lastrico solare.
In tema di condominio negli edifici, quando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni derivanti da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare, in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio.
Il concorso di tali responsabilità, salvo la prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1226 c.c., il quale pone le spese di riparazione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico o della terrazza e per i restanti due terzi a carico del condominio.
Deve, quindi, escludersi la natura obbligatoria del danno cagionato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello, e deve affermarsi la riconducibilità della responsabilità de qua nell’ambito dell’illecito aquiliano.
Deve altresì ritenersi che le fattispecie più adeguate di imputazione del danno siano quella di cui all’art. 2051 c.c., per il rapporto intercorrente tra soggetto responsabile e cosa che ha dato luogo all’evento, ovvero quella di cui all’art. 2043 c.c., per il comportamento inerte di chi comunque fosse tenuto alla manutenzione del lastrico.
In tal modo, le Sezioni Unite con la recente pronuncia n. 9449/16, aderendo all’orientamento espresso nell’ordinanza di rimessione, che aveva sollecitato un ripensamento sulla qualificazione giuridica dei danni provenienti dal lastrico solare di uso o di proprietà esclusiva e conseguenti oneri risarcitori, risolvono la questione, che per decenni è stata oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale.
Invero, un risalente arresto delle Sezioni Unite (n.3672/97) aveva ricondotto la posizione del titolare dell’uso esclusivo del lastrico solare ad una obbligazione propter rem dei condomini per la manutenzione delle cose comuni.
Dalla specifica disciplina in materia di condominio, e segnatamente dagli artt. 1223 e 1226 c.c. discenderebbero, si affermava, obbligazioni poste dalla legge a carico e a favore dei condomini, qualificabili appunto come obbligazioni propter rem, aventi ad oggetto la prestazione delle spese per la conservazione delle cose comuni e rispetto alle quali i condomini sono ad un tempo soggetti attivi e soggetti passivi.
Da tali premesse si inferiva che l’inadempimento dell’obbligazione propter rem di tutelare l’integrità del lastrico solare rientra nell’alveo applicativo dell’art. 1218 c.c. e, poichè il difetto di manutenzione deriva dall’inadempimento di obbligazioni propter rem, segue de plano che la responsabilità ed il relativo risarcimento del danno devono essere ripartiti secondo i medesimi criteri di imputazione e di riparto, salva l’eventualità di un fatto illecito commesso dal titolare del diritto reale, che configura una responsabilità extracontrattuale. Veniva, così, fatta salva l’eventualità che con l’individuata responsabilità per inadempimento delle obbligazioni propter rem potesse concorrere la responsabilità extracontrattuale per fatto illecito, fondata sul disposto dell’art. 2051 c.c. e nascente dalla lesione di un diritto soggettivo dei condomini estraneo ai rapporti di condominio (per esempio, del diritto alla salute del proprietario del piano sottostante), ovvero dalla lesione di un diritto dei terzi che entrino in relazione con l’edificio.
Tuttavia, la soluzione proposta dalle Sezioni Unite del ‘97 non ha mai sopito le opinioni contrarie di una parte della giurisprudenza e dalla dottrina, che l’ha efficacemente criticata, confutando le argomentazioni dalle quali essa aveva tratto l’abbrivio del proprio convincimento.
Si è rilevato che dalla premessa che il condominio è tenuto alla manutenzione del lastrico solare o della terrazza a livello, anche se di uso o proprietà esclusiva, e che la ripartizione delle spese deve avvenire secondo il criterio ex art. 1226 c.c., le Sezioni Unite ‘97 del tutto immotivatamente pervengono ad un riparto analogo dei danni arrecati al condomino o al terzo proprietario dell’appartamento sottostante, attraverso una indebita applicazione di norme che sono state concepite dal Legislatore per tenere conto della maggiore utilità che i condomini aventi l’uso esclusivo, quale piano di calpestio, traggono rispetto agli altri condomini che si giovano solo della funzione principale del lastrico, id est quella di copertura. Gli obblighi di contribuzione fissati negli artt. 1123, 1125 e 1126 c.c., infatti, riguardano il diritto dei proprietari e l’utilità che essi traggono dai beni, non l’allocazione del danno subito dai terzi.
Prendendo le mosse da tali considerazioni, già una parte della giurisprudenza e della dottrina, dissentendo dalla posizione espressa dal massimo consesso, avevano inquadrato la fattispecie de qua nell’ambito applicativo dell’art. 2051 c.c., in ossequio al principio che addebita il danno ascrivibile ai singoli o al condominio all’eventuale comportamento lesivo di chi lo ha cagionato.
Le Sezioni Unite n. 9449/16, condividendo le suesposte argomentazioni, evidenziano che i profili di maggiore criticità della soluzione proposta nel ‘97 sono ravvisabili proprio nel fatto di avere attratto in una disciplina di tipo obbligatorio una situazione in cui viene in rilievo la produzione di un danno ad un terzo, per effetto della violazione di un obbligo di custodia e comunque del dovere di manutenzione della cosa comune.
In questa prospettiva, le S.U. non possono che confermare l’assunto sostenuto nell’ordinanza di rimessione secondo il quale l’ambito di applicabilità dell’art. 2051 c.c. non può essere scalfito dall’art. 1126 c.c., atteso che le disposizioni operano a livelli completamente distinti: la prima detta una regola di imputazione delle conseguenze negative di un evento dannoso che prescinde da un preesistente rapporto; la seconda prescrive un criterio di ripartizione di spese erogate o da erogarsi in virtù dell’esistenza e della rilevanza sub specie iuris di una relazione condominiale.
In tal modo, le Sezioni Unite negano la natura contrattuale della responsabilità in questione per violazione di obbligazioni propter rem, inquadrandola piuttosto nell’ambito applicativo dell’art. 2051 c.c., riconoscendo in capo al proprietario, superficiario o comunque titolare del diritto di utilizzo in via esclusiva del lastrico solare la qualità di custode, rispetto alla quale non escludono la concorrente responsabilità del condominio, in caso di omessa attivazione degli obblighi di conservazione delle cose comuni gravanti sull’amministratore ex art. 1130, 1° comma c.c. ovvero nell’eventualità in cui l’assemblea non adotti le deliberazioni necessarie per il compimento di lavori di straordinaria manutenzione ai sensi dell’art. 1134, 1° comma, n. 4 c.c..
Tuttavia, nel ribadire che il fatto costitutivo dell’illecito risale alla condotta omissiva o commissiva dei condomini, che fonda una responsabilità aquiliana, che deve essere scrutinata secondo le rispettive colpe e, in caso di responsabilità condominiale, secondo i criteri millesimali, i giudici di legittimità giungono comunque ad una regola di ripartizione della responsabilità mutuata dall’art. 1126 c.c., quale criterio di riparto delle spese di manutenzione ma anche parametro legale valevole ai fini della ripartizione del danno.
Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-05-2016, n. 9449
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente Sezione –
Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione –
Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Sezione –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso, iscritto al N.R.G. 18358 del 20008, proposto da:
I.E., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Claudio Conti, presso lo studio del quale in Roma, via Manfredi n. 17, è elettivamente domiciliata;
– ricorrente –
contro
C.N., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del controricorso, dall’Avvocato Renato Amato, presso lo studio del quale in Roma, via Antonio Baiamonti n. 4, è elettivamente domiciliata;
– controricorrente –
e contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3279/07, depositata in data 24 luglio 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 aprile 2015 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentiti gli Avvocati Claudio Conti e Renato Amato;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
- – Con atto di citazione, notificato il 15 luglio 1999, C. N. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, il Condominio (OMISSIS), ed I.E. per sentirli condannare al risarcimento dei danni causati dalle infiltrazioni verificatesi, tra il novembre 1997 ed il maggio 1998, nel proprio appartamento sito all’int. 9, palazzina D. L’attrice deduceva che le infiltrazioni erano provenienti dal sovrastante terrazzo di proprietà esclusiva della I., avente, in parte, funzione di copertura del medesimo edificio, precisando che il Pretore di Roma, in data 19/21 giugno 1999, adito con ricorso per danno temuto, aveva emesso nei confronti di entrambi i convenuti un provvedimento interinale di condanna in solido all’esecuzione di lavori, come indicati dal C.T.U. nel corso del giudizio, ed aveva fissato il termine di trenta giorni per l’instaurazione della fase di merito.
1.1. – Si costituiva il Condominio che contestava la sussistenza di ogni responsabilità a proprio carico, e chiedeva la condanna dell’attrice al rimborso dell’importo (L. 14.800.000) necessario per l’esecuzione dei lavori disposti dal Pretore; in subordine, chiedeva accertarsi l’esclusiva responsabilità della I. e disporsi la sua conseguente condanna al rimborso delle somme indicate.
1.2. – Si costituiva in giudizio anche I.E., chiedendo il rigetto delle domande avanzate nei suoi confronti.
- – Nel corso del giudizio di primo grado la I. proponeva reclamo al Collegio avverso la predetta ordinanza e il Tribunale di Roma, con provvedimento del 13 settembre 1999, rigettava sia il reclamo principale, che quello incidentale, proposto dal Condominio (OMISSIS), confermando l’ordinanza reclamata, con ordine ad ambedue i reclamanti di eseguire, in solido tra loro, le opere descritte nella consulenza tecnica d’ufficio. In esecuzione di detto provvedimento il Condominio (OMISSIS) eseguiva tutte le opere indicate dal C.T.U..
- – Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 13250, depositata il 16 aprile 2003, confermava l’ordinanza cautelare, condannando i convenuti in solido al risarcimento del danno di Euro 10.000 in favore dell’attrice, da ripartire per 1/3 a carico della proprietaria esclusiva del terrazzo e per i 2/3 a carico degli altri condomini, oltre al pagamento delle spese processuali.
- – Avverso tale decisione I.E. proponeva appello chiedendo che, in parziale riforma della sentenza impugnata, il risarcimento del danno a suo carico, in favore della C. fosse rapportato alla sua quota millesimale e non a quella di 1/3 ex art. 1126 c.c..
Si costituiva in giudizio C.N. contestando, interamente, i motivi di appello, chiedendo il rigetto del gravame.
Il Condominio, con appello incidentale, domandava in via subordinata la condanna della I. al pagamento di 1/3 del costo dei lavori, per una somma pari a circa 2.900,00 Euro, ferma analoga ripartizione ex art. 1126 c.c., del danno liquidato in favore dell’attrice. Chiedeva, inoltre, il rigetto di ogni domanda svolta nei suoi confronti, con la conseguente condanna dell’attrice al pagamento, in proprio favore, delle spese del doppio grado del giudizio; in ogni caso chiedeva limitarsi la determinazione del danno subito dalla C. a quello realmente sopportato come diretta conseguenza delle infiltrazioni subite.
- – La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 3279 del 24 luglio 2007, rigettava il gravame, confermando la sentenza impugnata, e quindi ritenendo I.E. ed il Condominio tenuti ad eliminare tutte le cause delle infiltrazioni di acqua con le dovute riparazioni al terrazzo di copertura dell’edificio, nonchè a rifondere i danni che dette infiltrazioni avevano provocato all’interno dell’appartamento di C.N., nella misura indicata dall’art. 1126 c.c..
- – Avverso tale decisione I.E. proponeva ricorso per cassazione, notificato il 9 luglio 2008, affidato ad un unico motivo.
C.N. resisteva con controricorso.
- All’esito della discussione della causa nella pubblica udienza dell’11 marzo 2014, la Seconda Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 13526/14, rimetteva gli atti al Primo Presidente ai fini della eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ritenendo opportuno un ripensamento dell’orientamento espresso da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 3672 del 1997, sulla base del quale la controversia era stata decisa nei gradi di merito.
- La causa è quindi stata discussa all’udienza del 28 aprile 2015, in vista della quale la contro ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
All’udienza del 28 aprile 2015, in vista della quale sono state depositate memorie da parte, la causa è stata discussa e poi decisa.
Motivi della decisione
- – Con l’unico motivo di ricorso, I.E. deduce violazione di norme di diritto e contraddittoria motivazione (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) circa la propria legittimazione passiva ex art. 1126 c.c., e artt. 1130 e 1131 c.c., evidenziando che le sentenze che si erano succedute, pur avendo riconosciuto in fatto che nessuna responsabilità diretta era a lei ascrivibile, la avevano tuttavia condannata al risarcimento del danno subito da C. N. nella misura di cui all’art. 1126 c.c., oltre alle spese di giudizio. Precisa che il Condominio era stato tempestivamente avvertito delle infiltrazioni e che aveva ritardato gli interventi a causa del mancato raggiungimento della maggioranza per deliberare gli interventi necessari, nonostante il suo voto favorevole. Chiede, quindi, la cassazione della sentenza di appello, sia con riferimento alla regolamentazione delle spese di tutti i gradi di giudizio, le quali dovevano essere poste a carico di C.N. e del Condominio, che l’avevano illegittimamente evocata in giudizio, sia con riferimento alla imputazione del risarcimento del danno con riferimento all’art. 1126 c.c., anzichè in proporzione della quota millesimale.
- – Come si è già riferito, le decisioni del Tribunale e della Corte d’appello di Roma si sono uniformate al principio espresso dalla sentenza di queste Sezioni Unite n. 2672 del 1997, emessa in sede di risoluzione di contrasto, secondo cui “poichè il lastrico solare dell’edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal citato art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, e il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo”.
2.1. – Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la responsabilità per danni prodotti all’appartamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare (lastrico condominiale o in proprietà o uso esclusivo), per difetto di manutenzione, si ricollegasse, piuttosto che al disposto dell’art. 2051 cod. civ., ed al generale principio del neminem laedere, direttamente alla titolarità del diritto reale e, perciò, dovesse considerarsi come conseguenza dell’inadempimento delle obbligazioni di conservare le parti comuni, poste a carico dei condomini (art. 1223 c.c., comma 1) e del titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo (art. 1126 c.c.).
Secondo tale sentenza, tanto l’art. 1123 c.c., comma 1, quanto l’art. 1126 c.c., individuano tipi di obbligazioni propter rem, contrassegnate dalla titolarità, giacchè soggetti attivi e soggetti passivi ne sono i partecipanti al condominio, e dall’oggetto, consistente nella prestazione delle spese per la conservazione dei beni esistenti nell’edificio. Le obbligazioni reali di conservazione coinvolgerebbero tutti i rapporti reali riguardanti l’edificio, con la conseguenza che la responsabilità per inadempimento deve coprire i danni arrecati ai beni comuni costituenti il fabbricato; con la precisazione che, se alle riparazioni ed alle ricostruzioni del lastrico solare sono obbligati i condomini secondo le regole previste dagli artt. 1123 e 1126 c.c., al risarcimento dei danni cagionati all’appartamento sottostante per difetto di manutenzione dovrebbero essere tenuti gli obbligati inadempienti.
Le norme condominiali elaborate dal nostro legislatore – si è aggiunto sembrano essere riferite essenzialmente al profilo “reale” del fenomeno sicchè, mediante il ricorso al diritto delle obbligazioni, deve ritenersi configurato un generale dovere di correttezza e di cooperazione attiva tra i condomini, idoneo a preservare le esigenze abitative dei vicini. Ne consegue che trovano applicazione i canoni fissati dall’art. 1218 c.c., per le obbligazioni contrattuali, salva l’eventualità di un fatto illecito commesso dal titolare del diritto reale, che configura una responsabilità extracontrattuale. Viene, infatti, fatta salva l’eventualità che con l’individuata responsabilità per inadempimento delle obbligazioni propter rem possa concorrere la responsabilità extracontrattuale per fatto illecito, fondata sul disposto dell’art. 2051 c.c., e nascente dalla lesione di un diritto soggettivo dei condomini estraneo ai rapporti di condominio (per esempio, del diritto alla salute del proprietario del piano sottostante), ovvero dalla lesione di un diritto dei terzi che entrano in relazione con l’edificio.
2.2. – La sentenza ora richiamata non ha uniformato la giurisprudenza successiva, essendosi registrate decisioni (Cass. n. 6376 del 2006;
Cass. n. 642 del 2003; Cass. n. 15131 del 2001; Cass. n. 7727 del 2000) che hanno ricondotto la vicenda in esame all’ambito di applicazione dell’art. 2051 c.c.. Si è, infatti, sostenuto che il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, essendo obbligato ad adottare tutte la misure necessarie affinchè le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, risponde, in base al disposto dell’art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini.
Secondo questo indirizzo, dunque, la legittimazione passiva del condominio sussiste anche per quanto riguarda i danni subiti dai singoli condomini (Cass. n. 6849 del 2001; Cass. n. 643 del 2003), in quanto, a tal fine, i criteri di ripartizione delle spese necessarie (ex art. 1126 c.c.) non incidono sulla legittimazione del condominio nella sua interezza e del suo amministratore, comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1130 c.c. (Cass. n. 3676 del 2006;
Cass. n. 5848 del 2007; Cass. n. 4596 del 2012).
Ancor più radicalmente, ma sempre riconducendo la responsabilità per infiltrazioni nell’alveo dell’art. 2051 cod. civ., Cass. n. 15300 del 2013 ha ritenuto che “la responsabilità per i difetti originari di progettazione o di realizzazione del lastrico solare ad uso esclusivo di uno dei condomini dal medesimo indebitamente tollerati, qualora siano suscettibili di recare danno a terzi, ricade in via esclusiva sul proprietario del lastrico solare, ex art. 2051 c.c., e non – nemmeno in via concorrente – sul condominio” (in senso conforme, vedi già Cass. n. 9084 del 2010).
- – La Seconda Sezione civile di questa Corte, con la ordinanza interlocutoria n. 13526 del 2014, ha quindi ritenuto opportuno l’intervento delle Sezioni Unite, manifestando perplessità con riferimento alla posizione argomentativa espressa dalla sentenza del 1997, e sollecitando quindi un ripensamento sulla natura giuridica della responsabilità per danni provenienti dal lastrico solare di uso o di proprietà esclusiva e conseguenti oneri risarcitori.
Il Collegio ha condiviso gli orientamenti critici della dottrina e della giurisprudenza discordante e ha ritenuto condivisibile la tesi che sostiene la responsabilità ex art. 2051 c.c., sottolineando, in particolare, l’indebita applicazione degli artt. 1123 e 1126 c.c., che vengono interpretati dalla sentenza del 1997, non più come norme che disciplinano la ripartizione delle spese interne, ma come fonti da cui scaturiscono le obbligazioni propter rem.
Nell’ordinanza interlocutoria vengono individuati i seguenti passaggi qualificanti dell’orientamento criticato delle S.U. del 1997: 1.
l’esclusione, in via di principio, che la responsabilità per danni prodotti nell’appartamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare per difetto di manutenzione si ricolleghi al disposto dell’art. 2051 c.c.; 2. l’affermazione che “dall’art. 1123, e dall’art. 1126 c.c., discendono obbligazioni poste dalla legge a carico ed a favore dei condomini dell’edificio, da qualificare come obbligazioni propter rem di cui i partecipanti al condominio sono ad un tempo soggetti attivi e soggetti passivi”; 3.
la deduzione da tali premesse che “le obbligazioni reali di conservazione riguarderebbero tutti i rapporti reali inerenti, con la conseguenza che la susseguente responsabilità per inadempimento concerne i danni arrecati ai beni costituenti il fabbricato”; 4.
l’assimilazione delle “condizioni materiali di dissesto e di degrado del lastrico” come species dell’unico concetto tecnico “di difetto di manutenzione” e quale coincidente conseguenza “dell’inadempimento delle obbligazioni propter rem”; 5. la conclusione per cui la responsabilità e il risarcimento dei danni sono regolati secondo gli stessi criteri di imputazione e di ripartizione, cioè quelli prescritti dall’art. 1126 c.c..
Il Collegio rimettente, quindi, dopo aver rilevato che la soluzione richiamata, pur se seguita da molte pronunce successive, non ha tuttavia sopito le opinioni contrarie, ha espresso il convincimento che tale orientamento “abbia effettuato una indebita applicazione delle norme fissate per stabilire il contributo alle riparazioni o ricostruzioni, concepite dal legislatore (si veda la Relazione al Re circa l’art. 1126, e suoi richiami all’art. 563 abrogato) per tenere conto della maggiore utilità che i condomini aventi l’uso esclusivo (quale piano di calpestio) traggono rispetto agli altri condomini che si giovano della funzione principale del lastrico, quella di copertura”. Ha ancora rilevato che “più coerentemente altre pronunce della Suprema Corte (si vedano esemplificativamente Cass. 7727/07;
6376/06; 642/03; 15131/01) hanno richiamato l’applicazione dell’art. 2051 c.c., nell’ipotesi di cattiva manutenzione di cose in uso esclusivo al condomino, seguendo il principio che addebita il danno ascrivibile ai singoli o al condominio all’eventuale comportamento lesivo di chi lo ha cagionato”. La Seconda Sezione ha quindi osservato che “la linea di contrasto è percepibile anche a proposito della individuazione del legittimato passivo a resistere all’azione risarcitoria del terzo (anche se condomino) danneggiato”, in quanto “si è introdotta (…) una distinzione tra l’ipotesi in cui ci si duole di danni dovuti a vetustà o di danni riconducibili a difetti originari di progettazione o di esecuzione dell’opera, indebitamente tollerati dal singolo proprietario, sancendo nel primo caso l’esclusiva legittimazione del condominio e nel secondo caso quella del condomino (cfr. Cass. 9084/10; 15300/13)”.
Ciò che maggiormente rileva, ha ancora osservato la Seconda Sezione, “è però la convinzione che gli obblighi di contribuzione fissati negli artt. 1123, 1125 e 1126 c.c., riguardano il diritto dei proprietari e l’utilità che essi traggono dai beni, non l’allocazione del danno subito dai terzi, che nella complessa tipologia in esame prescinde, di regola, dalla condotta dell’utilizzatore. Esso infatti risale alla mancata solerzia del condominio nell’apprestare ricostruzioni e riparazioni tempestivamente, prima cioè che si produca il pregiudizio per l’appartamento sottostante. Questa omissione di azione condominiale può esservi, come nella specie è stato denunciato, anche se il condomino che vanta l’uso esclusivo del lastrico o la proprietà della terrazza (…) sia esente da specifiche colpe”. Nè – si è precisato – “il criterio di regolazione di cui all’art. 1218, vale a correggere, di norma, l’imputazione degli addebiti” e “il risarcimento prescinde da ogni considerazione sull’utilità che il danneggiante trae dal pregiudizio arrecato, criterio contrario a quello che regge l’art. 1126 c.c., fondato sull’utilità del danneggiante”.
La Seconda Sezione ha, infine, ribadito che “il fatto costitutivo dell’illecito risale alla condotta omissiva o commissiva dei condomini, che fonda una responsabilità aquiliana, la quale deve essere scrutinata secondo le rispettive colpe dei condomini e, in caso di responsabilità condominiale, secondo i criteri millesimali, senza utilizzare la normativa coniata ad altro fine”.
- -Il Collegio ritiene che alla questione posta con l’ordinanza di rimessione debba rispondersi nel senso che la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo va attratta all’ambito di operatività dell’art. 2051 c.c., avuto riguardo alla posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo. Ritiene, altresì, che, tenuto conto della funzione assolta in ambito condominiale dal lastrico o dalla terrazza posta a copertura dell’edificio o di una sua parte, sia configurabile anche una concorrente responsabilità del condominio, nel caso in cui l’amministratore ometta di attivare gli obblighi conservativi delle cose comuni su di lui gravanti ai sensi dell’art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, ovvero nel caso in cui l’assemblea non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, (entrambe tali disposizioni nei rispettivi testi originari, applicabili ratione temporis al caso di specie, e comunque non modificati, per quanto rileva in questa sede, nell’ambito della riscrittura dell’art. 1130, e dell’art. 1135, da parte della L. 11 dicembre 2012, n. 220.
4.1. – I profili maggiormente critici della soluzione data dalla decisione del 1997 alla questione in esame sono sostanzialmente ravvisabili in ciò che risulta attratta ad una disciplina di tipo obbligatorio una situazione in cui viene in rilievo la produzione di un danno ad un terzo, per effetto della violazione di un obbligo di custodia e comunque del dovere di manutenzione della cosa comune. Se la previsione legislativa del concorso tra condominio e condomino che abbia l’uso esclusivo del lastrico solare o di una sua parte, di cui all’art. 1126 c.c., trova la propria giustificazione nella diversità di utilizzazione della cosa comune e quindi nella esigenza che chi sia legittimato a fare un uso esclusivo della cosa comune concorra in misura maggiore – predeterminata in un terzo – alle spese per le riparazioni o le ricostruzioni del lastrico, restando gli altri due terzi a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno, altrettanto non può dirsi per i danni che dalla mancanza di manutenzione derivino alle proprietà sottostanti o a terzi.
E’ innegabile, infatti, che chi ha l’uso esclusivo del lastrico solare o di una terrazza a livello si trovi in rapporto alla copertura dell’edificio condominiale in una posizione del tutto specifica, che se da un lato gli consente appunto l’uso esclusivo, dall’altro lo costituisce quale custode della superficie del lastrico o della terrazza, con il conseguente insorgere a suo carico di una responsabilità ex art. 2051 c.c.. In proposito, si è affermato che per la sussistenza di una simile responsabilità è sufficiente la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, mentre non assume rilievo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, nè implica, uno specifico obbligo di custodia analogo a quello previsto per il depositario, responsabilità a chi, di fatto, si trova nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa.
La speciale responsabilità ex art. 2051 c.c., va ricercata nella circostanza che il custode “ha il potere di governo sulla cosa” (Cass. n. 3676 del 2006; Cass. n. 5848 del 2007; Cass. 4596 del 2012).
4.2. – La precedente decisione di queste Sezioni Unite ha ricondotto, invece, la posizione del titolare dell’uso esclusivo del lastrico ad una obbligazione propter rem dei condomini per la manutenzione delle cose comuni. In sostanza, la responsabilità risarcitoria del titolare di diritto reale o di uso esclusivo sul lastrico solare sarebbe riconducibile più ad un preesistente rapporto di debito (della prestazione di manutenzione del lastrico o della terrazza) nei confronti del proprietario dell’appartamento sottostante, con conseguente insorgere di una pretesa all’adempimento in capo a quest’ultimo, che non una violazione del dovere generale del neminem laedere.
Tuttavia, la configurabilità di un siffatto rapporto obbligatorio non sembra tenere conto che il proprietario dell’appartamento danneggiato dalla cosa comune, anche se in uso esclusivo, è un terzo che subisce un danno per l’inadempimento dell’obbligo di conservazione della cosa comune (in tal senso, v., di recente, Cass. n. 1674 del 2015); il che implica la chiara natura extracontrattuale della responsabilità da porre in capo al titolare dell’uso esclusivo del lastrico e, per la natura comune del bene, dello stesso condominio.
Nell’ambito di tale tipo di responsabilità, poi, deve ritenersi che le fattispecie più adeguate di imputazione del danno siano quella di cui all’art. 2051 c.c., per il rapporto intercorrente tra soggetto responsabile e cosa che ha dato luogo all’evento, ovvero quella di cui all’art. 2043 c.c., per il comportamento inerte di chi comunque fosse tenuto alla manutenzione del lastrico.
4.3. – In tal senso deve quindi escludersi la natura obbligatoria, sia pure nella specifica qualificazione di obbligazione propter rem, del danno cagionato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello, e deve affermarsi la riconducibilità della detta responsabilità nell’ambito dell’illecito aquiliano.
In quest’ambito, come detto, non può essere posta in discussione la specificità del lastrico solare, quando questo sia anche solo in parte in uso esclusivo. Esso, invero, per la parte apparente, e quindi per la superficie, costituisce oggetto dell’uso esclusivo di chi abbia il relativo diritto; per altra parte, e segnatamente per la parte strutturale sottostante, costituisce cosa comune, in quanto contribuisce ad assicurare la copertura dell’edificio o di parte di esso.
Risultano allora chiare le diverse posizioni del titolare dell’uso esclusivo e del condominio: il primo è tenuto agli obblighi di custodia, ex art. 2051 c.c., in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso, ove non sia sottoposto alla necessaria manutenzione; il secondo è tenuto, ex art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, e art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, (nei rispettivi testi originari), a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell’edificio (per l’affermazione della responsabilità del condominio, v., in particolare, Cass. n. 3522 del 2003).
Ed è nel concorso tra tali due tipi di responsabilità che va risolta la questione di massima sottoposta all’esame di queste Sezioni Unite.
Invero, in disparte il caso in cui risulti provato che il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o della terrazza a livello sia responsabile dei danni provocati ad altre unità immobiliari presenti nell’edificio per effetto di una condotta che abbia essa stessa provocato l’infiltrazione e quindi il danno, deve ritenersi che le due responsabilità concorrano.
La naturale interconnessione esistente tra la superficie del lastrico e della terrazza a livello, sulla quale si esercita la custodia del titolare del diritto di uso in via esclusiva, e la struttura immediatamente sottostante, che costituisce cosa comune – sulla quale la custodia non può esercitarsi nelle medesime forme ipotizzabili per la copertura esterna e in relazione alla quale è invece operante il dovere di controllo in capo all’amministratore del condominio ai sensi del richiamato art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, induce tuttavia ad individuare una regola di ripartizione della responsabilità mutuata dall’art. 1126 c.c.. In assenza di prova della riconducibilità del danno a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o di una parte di questo, e tenuto conto che l’esecuzione di opere di riparazione o di ricostruzione – necessarie al fine di evitare il deterioramento del lastrico o della terrazza a livello e il conseguente danno da infiltrazioni – richiede la necessaria collaborazione del primo e del condominio, il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o ricostruzione dalla citata disposizione costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa nei termini in essa delineati, valevole anche ai fini della ripartizione del danno cagionato dalla cosa comune che, nella sua parte superficiale, sia in uso esclusivo ovvero sia di proprietà esclusiva, è comunque destinata a svolgere una funzione anche nell’interesse dell’intero edificio o della parte di questo ad essa sottostante.
4.4. – Dalla attrazione del danno da infiltrazioni nell’ambito della responsabilità civile discendono conseguenze di sicuro rilievo.
Trovano, infatti, applicazione tutte le disposizioni che disciplinano la responsabilità extracontrattuale, prime fra tutte quelle relative alla prescrizione e alla imputazione della responsabilità, dovendosi affermare che del danno provocato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello risponde il proprietario o il titolare di diritto di uso esclusivo su detti beni al momento del verificarsi del danno. Una volta esclusa la applicabilità della disciplina delle obbligazioni, deve infatti escludersi che l’acquirente di una porzione condominiale possa essere ritenuto gravato degli obblighi risarcitori sorti in conseguenza di un fatto dannoso verificatosi prima dell’acquisto, dovendo quindi dei detti danni rispondere il proprietario della unità immobiliare al momento del fatto.
Trova applicazione altresì la disposizione di cui all’art. 2055 c.c., ben potendo il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio.
In tal senso, del resto, si è già affermato che “il risarcimento dei danni da cosa in custodia di proprietà condominiale soggiace alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c., comma 1, norma che opera un rafforzamento del credito, evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota, anche quando il danneggiato sia un condomino, equiparato a tali effetti ad un terzo, sicchè devono individuarsi nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili, poichè la custodia, presupposta dalla struttura della responsabilità per danni prevista dall’art. 2051 c.c., non può essere imputata nè al condominio, quale ente di sola gestione di beni comuni, nè al suo amministratore, quale mandatario dei condomini” (Cass. n. 1674 del 2015).
Trova, infine, applicazione l’intera disciplina dell’art. 2051 c.c., anche per i limiti alla esclusione della responsabilità del soggetto che ha la custodia del bene da cui è stato provocato il danno.
4.5. – Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto: “in tema di condominio negli edifici, allorquando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico solare (o della terrazza a livello), ancorchè di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130 c.c., comma 1, n. 4) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135 c.c., comma 1, n. 4). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 c.c., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio”.
- – In applicazione di tale principio, la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta, risultando comunque il dispositivo conforme a diritto. Invero, la pretesa risarcitoria è stata azionata dalla proprietaria dell’appartamento danneggiato nei confronti della proprietaria della terrazza a livello e del condominio e la Corte d’appello, facendo applicazione del precedente orientamento espresso da queste Sezioni Unite, ha ritenuto che correttamente il Tribunale avesse affermato che la I. e il Condominio erano corresponsabili del danno subito dalla C., nella proporzione stabilita dall’art. 1126 c.c., essendo incontestato che il terrazzo di proprietà esclusiva della I. svolgeva anche la funzione di copertura del fabbricato condominiale, con la conseguenza che dei danni subiti dalla C. doveva rispondere per due terzi il Condominio e per un terzo la proprietaria della terrazza a livello.
Soluzione, questa, che discende anche dall’applicazione dell’enunciato principio di diritto, non venendo in rilievo, nella specie, profili ulteriori e diversi rispetto a quello della ripartizione della responsabilità risarcitoria tra proprietaria esclusiva della terrazza a livello e condominio.
- – In conclusione, il ricorso va rigettato.
In considerazione del fatto che ai fini della decisione sul ricorso è stato necessario affrontare una questione di massima di particolare importanza, le spese del giudizio di cassazione possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 28 aprile 2015.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2016