Escluso il risarcimento danni: non c’è nesso causale tra vaccino e autismo infantile.
La Suprema Corte è intervenuta di recente su una questione che ha gettato nel panico molte famiglie Italiane. Si tratta della stretta interdipendenza causale, secondo alcuni, tra la prassi medica del vaccino esavalente ai bambini e il possibile verificarsi del disturbo autistico a seguito dello stesso.
La pronuncia prende le mosse dal rigetto di una richiesta di risarcimento danni che il ricorrente deduceva di aver subito per effetto della vaccinazione contro morbillo, rosolia e parotite; sia in primo, che in secondo grado, tale richiesta era stata negata sulla base dell’assenza del nesso causale tra la vaccinazione e l’autismo di cui il ricorrente risultava affetto.
Quest’ultimo, pertanto, ricorreva in Cassazione contro il Ministero della Salute adducendo sostanzialmente due motivi. Con la prima istanza denunciava una motivazione apparente e un omesso esame di fatto decisivo, in quanto la Corte, responsabile della pronuncia in secondo grado, si era semplicemente affidata alla competenza dei consulenti tecnici d’ufficio per i profili farmacologici senza giustificare la propria decisione.
Il ricorrente, censurava altresì il fatto che la Corte si era dimostrata contraddittoria nelle sue deduzioni escludendo che potessero esservi pareri favorevoli (diversi da quelli espressi dai tecnici interpellati) alla piena sussistenza di un nesso causale tra vaccinazione e autismo; escludendo a priori l’esame di vicende altrettanto decisive.
La questione, giunta al vaglio della Suprema Corte, veniva esaminata punto per punto, e poi respinta. In primo luogo la Cassazione escludeva la natura solo apparente della motivazione adottata dalla Corte d’Appello, la quale aveva, invece, considerato attentamente tutte le competenze tecniche dei consulenti incaricati, caratterizzate dal concorso di distinte ma integrate professionalità comprendenti soprattutto lo studio del disturbo del c.d. spettro autistico.
Inoltre, proseguono gli Ermellini, è proprio sulla scorta delle deduzioni tecniche elaborate che in secondo grado si chiariva ampiamente l’assenza di nesso causale tra le vaccinazioni e l’insorgenza del disturbo. Pertanto, la motivazione non era da ritenersi affatto contraddittoria, ma anzi lineare nell’iter logico seguito; con la conseguenza che laddove il ricorrente avesse voluto eccepire la mancata considerazione di un fatto decisivo, avrebbe dovuto attenersi a quanto rigorosamente stabilito dagli art. 366 comma 1 n.6 e369, comma 2, n.4 c.p.c.. In tal senso doveva essere sua cura, indicare il fatto storico omesso, il dato testuale da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto storico sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività.
Tutto quanto esposto, fermo restando che: l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé un vizio, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-06-2016, n. 12427
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VENUTI Pietro – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16220-2014 proposto da:
P.D., C.F. (OMISSIS), rappresentato ex lege dalla signora PA.CA. madre ed amministratrice di sostegno, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P.G. DA PALESTRINA 48, presso lo studio dell’avvocato MANUELA MARIA ZOCCALI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia, in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1294/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 02/12/2013 R.G.N. 1121/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1294/2013, depositata il 2 dicembre 2013, la Corte di appello di L’Aquila respingeva il ricorso per revocazione proposto da P.D. avverso la sentenza n. 74/2012 della stessa Corte, che aveva confermato la sentenza del Tribunale di Pescara di rigetto della domanda di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992 e di risarcimento del danno che il ricorrente deduceva di aver subito per effetto della vaccinazione contro il morbillo, la rosolia e la parotite cui era stato sottoposto, non avendo il giudice di primo grado, e così quello del gravame, ritenuto la sussistenza di un nesso causale tra la stessa vaccinazione e l’autismo da cui risultava affetto.
La Corte territoriale, pronunciando sul ricorso per revocazione, escludeva la sussistenza degli errori di fatto allegati dal ricorrente: in particolare, era da escludersi il primo errore (avere la Corte ritenuto competenze, nei tecnici incaricati dei successivi accertamenti peritali, in realtà inesistenti), posto che le ritenute abilità per i profili farmacologici e per quelli attinenti la patologia autistica erano effettivamente presenti nelle qualifiche dei consulenti nominati; era poi da escludersi il secondo errore (avere la Corte, travisando le risultanze delle relazioni, ritenuto che l’autismo derivi da un’interruzione nello sviluppo cerebrale in una fase precoce della vita intrauterina, mentre i consulenti avevano posto un’indicazione di multifattorialità nella eziopatogenesi di tale disturbo), atteso che tutti e quattro gli esperti avevano escluso la sussistenza del nesso causale tra quest’ultimo e la vaccinazione; ed infine, quanto al terzo errore revocatorio (avere la Corte ritenuto un ritardo nello sviluppo posturale e nella deambulazione e difficoltà di linguaggio prima della inoculazione del vaccino anzichè in epoca posteriore ad essa), osservava la Corte che, in ogni caso, a prescindere dal coevo manifestarsi di tali sintomi rispetto alla data della vaccinazione, si trattava di errore ininfluente ai fini dell’accoglimento del ricorso, avendo il giudice di secondo grado confermato l’insussistenza del nesso causale non già sulla base di tale elemento (che era di mero sostegno) bensì sulla base della letteratura scientifica richiamata come ostativa da tutti i consulenti.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il P. con due motivi; il Ministero della Salute ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia motivazione apparente e omesso esame di fatto decisivo (art. 360, n. 5), avendo la Corte, chiamata a pronunciarsi sull’errore revocatorio consistito nell’avere, la sentenza n. 74/2012, ritenuto la competenza dei consulenti tecnici di ufficio per i profili farmacologici e per quelli attinenti alla patologia autistica, fornito una motivazione puramente tautologica, con la quale si era limitata a negare la verità dell’assunto senza giustificare la propria decisione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia motivazione apparente e contraddittoria e omesso esame di fatto decisivo (art. 360, n. 5), avendo la Corte nuovamente fornito una motivazione tautologica, e comunque contraddittoria, laddove aveva escluso l’esistenza di un errore revocatorio in quella parte della sentenza n. 74/2012 che aveva sostenuto esserci unanime valutazione dei consulenti tecnici di ufficio circa l’esclusione nella letteratura scientifica di un nesso tra vaccinazioni e autismo.
Il ricorso deve essere respinto.
E’, infatti, da escludere, con riferimento al primo motivo, la natura solo apparente della motivazione adottata dalla Corte di appello, la quale ha dato conto, sul piano formale, delle competenze di ciascuno dei consulenti incaricati e così dell’ampiezza dell’indagine svolta, caratterizzata dal concorso di distinte ma integrate professionalità, fra cui quella (appartenente al dott. M.) nel settore della neurologia, comprendente lo studio dei disturbi o sindromi del c.d. spettro autistico.
La medesima conclusione si impone con riferimento al secondo motivo, posto che la Corte, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, ha fatto oggetto di specifico e adeguato esame la questione della valutazione, da parte dei consulenti d’ufficio, della sussistenza di un nesso causale tra le vaccinazioni e l’insorgenza del disturbo, dando conto delle posizioni assunte dagli esperti anche sulla base di dettagliati richiami ai loro elaborati.
Il motivo in esame è peraltro inammissibile nella parte in cui deduce la contraddittorietà della motivazione.
Ed invero, sotto tale profilo, esso continua a conformarsi allo schema normativo di cui all’art. 360, n. 5 nella versione anteriore alla modifica introdotta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, pur in presenza di sentenza di appello depositata il 2 dicembre 2013 e, pertanto, in data posteriore all’entrata in vigore della modifica (11 settembre 2012).
Come precisato da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze 7 aprile 2014 n. 8053 e n. 8054, l’art. 360 c.p.c., n. 5, così come riformulato a seguito della novella legislativa, configura un vizio specifico denunciabile per cassazione, costituito dall’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); con la conseguenza che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente è tenuto ad indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.100,00 di cui 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016