LA SOTTILE LINEA DI CONFINE TRA LA CONCORRENZA SLEALE REALE E POTENZIALE.
Sebbene non recentissimo, è interessante quest’oggi segnalare un intervento della Cassazione in materia di concorrenza sleale.
Nel caso di specie uno dei soci di una società in nome collettivo, si lamentava della concorrenza sleale presumibilmente posta in essere da un altro socio.
In realtà sia in primo grado che in appello, i rispettivi organi giudicanti avevano concluso per l’assenza di una vera e propria concorrenza, se non altro perché l’azienda sociale in questione era stata oggetto di scissione in due unità aziendali autonome facenti capo rispettivamente ai due soci; determinando la cessazione dell’attività imprenditoriale. Pertanto, il ricorrente non aveva diritto di agire né come imprenditore unico né come legale rappresentante della suddetta società, ormai estinta.
La Suprema Corte tuttavia ritiene necessario in questa sede precisare alcune cose.
Invero, secondo la giurisprudenza in materia di concorrenza sleale: “ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno non si richiede che un danno sia stato già prodotto in relazione ad un’attività concorrenziale in atto, essendo invece sufficiente una situazione di concorrenza potenziale”. In tal senso, precisano i Supremi giudici, la situazione di concorrenza potenziale è ravvisabile sia in relazione alla possibile espansione o estensione nel futuro dell’attività imprenditoriale concorrente; sia nell’ipotesi di attività preparatorie all’esercizio dell’impresa, quando si pongano in essere fatti diretti a dare inizio all’attività produttiva.
Nel caso in esame un’attività produttiva, diversa dalla società unica, era già stata posta in essere dai soci, a seguito della scrittura privata che decretava l’avvio della procedura di scioglimento dell’azienda. Pertanto in capo alla società principale, una volta avviata la procedura di liquidazione, non era più ravvisabile una concorrenza sleale per sviamento di clientela o sottrazione di dipendenti.
Tuttavia un danno da concorrenza sleale poteva prodursi certamente, per le attività economiche connesse alle due aziende che, dalla scissione dell’impresa sociale originariamente unitaria, andavano a costituirsi in capo ai due soci.
Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-05-2015, n. 10643
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.A., in proprio e per la snc Bertagno Angelo & Luigi e per la srl Angelo Bertagno, domiciliato in Roma, viale Mazzini 146, presso l’avv. Spaziani Testa Ezio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Bonino Carlo, come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
B.L., domiciliato in Roma, viale Federico Confalonieri 5, presso l’avv. Di Mattia Salvatore, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Viel Livio, come da mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1169/2011 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 2 maggio 2011;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;
uditi i difensori, avv. Bonino per il ricorrente principale, e avv. Viel per il controricorrente;
Udite le conclusioni del P.M., dr. RUSSO Rosario G., che ha chiesto accoglimento dei primi due motivi di ricorso; rigetto o assorbimento solo del ricorso proposto da B.A. in proprio;
inammissibilità altri ricorsi; cassazione con rinvio.
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da B.A., in proprio e quale socio della snc Bertagno Angelo & Luigi, per la condanna del fratello B.L. al risarcimento dei danni da concorrenza sleale.
Hanno ritenuto i giudici del merito che B.A. non sia legittimato ad agire per concorrenza sleale nè a titolo individuale, non avendo in corso alcuna attività imprenditoriale, nè quale legale rappresentante della società in nome collettivo, che aveva cessato la propria attività in conseguenza di una convenzione stipulata dai due soci. Con scrittura privata del 12 novembre 1993 i fratelli B. avevano infatti convenuto la scissione dell’azienda sociale in due unità aziendali autonome e la cessazione dell’attività imprenditoriale della società, salvo la ultimazione degli affari in corso entro il 31 dicembre 1993.
Contro la sentenza d’appello B.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso B.L..
Motivi della decisione
1.1- Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione della triplice veste assunta da B.A., che ha dichiarato di proporre l’impugnazione anche per due società, una di persone l’altra di capitali. L’eccezione è peraltro infondata.
Il riferimento alla Angelo Bertagno s.r.l. deve ritenersi dovuto a un errore materiale, perchè il giudice del merito aveva già rilevato l’estraneità di questa società al giudizio e questa pronuncia non risulta impugnata.
Quanto alla snc Bertagno Angelo & Luigi, legittimamente rappresentata dal B.A., sarà valutato il fondamento delle sue pretese.
1.2- Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1369, 2082, 2598 e 2600 c.c., e con il secondo motivo vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che, in ragione di un’errata interpretazione della scrittura privata del 12 novembre 1993, i giudici del merito abbiano arbitrariamente escluso la sua qualità di imprenditore chiaramente risultante dalla scissione dell’azienda sociale in due distinte aziende individuali in capo a ciascuno dei soci.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici d’appello abbiano omesso di pronunciarsi sul motivo di impugnazione con il quale egli aveva censurato la liquidazione equitativa del danno da parte del tribunale; e abbiano erroneamente disatteso le sue richieste istruttorie.
- Sono fondati e assorbenti i due primi motivi d’impugnazione.
Secondo la giurisprudenza di questa corte in tema di concorrenza sleale, infatti, “ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni non si richiede che un danno sia stato già prodotto in relazione ad una attività concorrenziale in atto, essendo invece sufficiente una situazione di concorrenza potenziale” (Cass., sez. 1, 12 febbraio 2009, n. 3478, m. 606757). In particolare si ritiene che una situazione di concorrenza potenziale risulti “ravvisabile sia in relazione ad una possibile estensione o espansione nel futuro dell’attività imprenditoriale concorrente (purchè nei termini di rilevante probabilità), sia nell’ipotesi di attività preparatorie all’esercizio dell’impresa, quando si pongano in essere fatti diretti a dare inizio all’attività produttiva” (Cass., sez. 1, 15 dicembre 1994, n. 10728, m. 489211).
Nel caso in esame un’attività produttiva era in realtà già in corso da parte di una società di persona composta dai fratelli B., di cui la scrittura privata aveva programmato lo scioglimento.
Sicchè la società, in quanto avviata alla liquidazione, non poteva “essere soggetto passivo di atti di concorrenza sleale per sviamento di clientela o sottrazione di dipendenti” (Cass., sez. 1, 30 agosto 1994, n. 7577, m. 487791). Tuttavia un danno da concorrenza sleale poteva certamente prodursi per le attività economiche connesse alle due aziende che, dalla scissione dell’impresa sociale originariamente unitaria, si avviavano a costituirsi in capo ai due fratelli B..
Sicchè una situazione di concorrenza potenziale era certamente configurabile in relazione all’imminente ripresa delle due distinte attività imprenditoriali, posto che l’originaria unitarietà dell’impresa rendeva altamente probabile che potessero risultare improntate a sleale concorrenza le modalità di inizio di ciascuna delle due attività produttive. E la effettività del danno lamentato da B.A. andrà accertata nel merito.
L’accoglimento dei due primi motivi di ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata, comporta l’assorbimento del terzo motivo relativo alla liquidazione del danno.
P.Q.M.
La Corte in accoglimento dei due primi motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2015.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2015