A proposito di licenziamenti economici
Con la recente sentenza (n. 24803 del 5 dicembre 2016) la Corte di Cassazione ha voluto evidenziare un principio che si pone come chiaro monito per le Aziende che intendono procedere a licenziamenti economici o conseguenti a riorganizzazione: il licenziamento in altre parole si deve basare su ragioni non solo effettive e coerenti ma comprovate o comprovabili. In primo luogo va chiarito che il licenziamento economico o per giustificato motivo oggettivo è l’atto con il quale il Datore di lavoro interrompe in via unilaterale il rapporto di lavoro con il dipendente per motivi che non riguardavano il comportamento di quest’ultimo ma per ragioni che interessano la riorganizzazione aziendale. Vale la pena ricordare che la Disciplina sui licenziamenti è stata profondamente modificata dalla Riforma Fornero con la legge 92/2012 e successivamente dal Jobs Act. Nel caso in esame un impiegato amministrativo era stato licenziato per motivo oggettivo in considerazione della sfavorevole situazione del Servizio Sanitario che aveva portato alla chiusura del Reparto di Fisiokinesiterapia a seguito della sospensione delle prestazioni a carico del Servizio Sanitario. Tale situazione aveva quindi comportato una conseguenziale e drastica riduzione dei ricavi aziendali e la necessità di disporre di un nuovo assetto organizzativo per una più economica gestione dell’Impresa. In quest’ottica la Società ha provato che nel medesimo periodo erano stati licenziati anche due fisioterapisti e che nel reparto vi è stata una riduzione oraria durata nel tempo; ciò nonostante, sia il Tribunale di 1° Grado che i Giudici d’appello avevano accolto le censure del lavoratore. In particolare la Corte d’appello rilevava come le prove fornite dal datore a sostegno del licenziamento non potessero essere considerate ne sufficienti ne convincenti. Il datore di lavoro, in buona sostanza, non aveva fornito prova delle difficoltà economiche, non essendo emerso che il budget dell’anno fosse inferiore a quello degli anni precedenti né tantomeno della correlazione tra la risoluzione del rapporto di lavoro e la congiuntura economica sfavorevole. Neppure le testimonianze rese in merito agli altri licenziamenti o alla riduzione di orario potevano considerarsi prove sufficienti. In definitiva la Cassazione, a cui l’Azienda aveva fatto ricorso, ha rigettato le istanze di parte datoriale e ha stabilito che la genericità delle dichiarazioni rese dai testi in ordine alla stabile e non temporanea soppressione del reparto a cui era addetto il lavoratore licenziato, nonché la non comprovata situazione di crisi economica addotta come ragione del recesso rendevano di fatto non legittime le ragioni poste come motive del recesso. Pertanto spetterà sempre e comunque al Giudice il controllo in ordine alla effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro.
Pietro Monaco
Relazioni Industriali e Sindacali
Segretario Nazionale Confimprese Italia Confederazione Sindacale Datoriale delle Piccole e Medie Imprese