Sentenza n. 40076 /2017
Di recente, l’organo della nomofilachia, riunito nel suo massimo consesso, si è pronunciato sulla vexata quaestio inerente la configurabilità del reato di cui all’articolo 75, comma 2, D.Lgs. n. 159/2011, a fronte della condotta posta in essere dal sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, violativa delle prescrizioni di vivere onestamente e di rispettare le leggi ex articolo 8 del decreto legislativo citato, cui la norma sopra richiamata rinvia per relationem, innescando con ciò una vera e propria inversione di tendenza rispetto alla monolitica giurisprudenza formatasi sul punto.
A ben vedere, nella materia in esame, già la Corte Edu, con la nota sentenza De Tommaso c. Italia, aveva dato avvio ad un vero e proprio sciame sismico di rilevante importanza i cui effetti si sono riverberati sul sistema delle misure di prevenzione ed, in particolare, sulla misura di prevenzione della sorveglianza speciale: in dettaglio, la Grande Camera aveva già ritenuto sussistente la violazione dell’articolo 2 Prot. 4 Cedu, riscontrando un deficit di precisione e di prevedibilità di alcune prescrizioni relative alla succitata misura, tra le quali, per l’appunto, quelle di vivere onestamente e di rispettare le leggi.
È sulla scia di tale pronuncia che viene rimessa alle SS.UU la seguente questione: “se la norma incriminatrice di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che punisce la condotta di chi violi gli obblighi e le prescrizioni imposti con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. cit., abbia ad oggetto anche le violazioni delle prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi”.
Prima di analizzare le statuizioni della Suprema Corte sul punto, è opportuno ricordare che le misure di prevenzione afferiscono al genus delle misure special-preventive, finalizzate a prevenire la commissione di determinati reati da parte di soggetti considerati a vario titolo socialmente pericolosi; a differenza delle pene e delle affini misure di sicurezza, per la cui applicazione è necessario accertare la commissione di un fatto di reato o quasi reato (solo per le seconde), queste prescindono da tale presupposto, essendo applicabili indipendentemente da tali circostanze, sulla base di indizi di pericolosità contemplati da apposite disposizioni normative (cd. misure ante delictum). Si distinguono, inoltre, in misure personali e patrimoniali e tra le prime figura la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Il citato articolo 8 del d.lgs 159/2011 contiene un elenco di obblighi e prescrizioni imposti in caso di applicazione della misura in parola tra cui, al comma 4, quelle di vivere onestamente e di rispettare le leggi; l’articolo 75 dello stesso decreto, invece, norma di chiusura del sistema, sanziona al primo comma la violazione degli obblighi di sorveglianza speciale cd. semplice, sussumendola in un illecito contravvenzionale, mentre al secondo comma delinea un’ipotesi delittuosa ben più grave, punita con la reclusione da 1 a 5 anni, afferente all’inosservanza degli obblighi e prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno. Tra le condotte inottemperanti, sussumibili in tale ultima fattispecie, sembravano essere ricomprese anche le prescrizioni di honeste vivere e di rispettare le leggi, che a ben vedere si distinguono dalle prescrizioni cd. specifiche (come tali riferibili ad un facere predeterminato dalla norma stessa) proprio per quel deficit di determinatezza della condotta imposta.
Nonostante in più occasioni la giurisprudenza di legittimità, investita della medesima questione, abbia stroncato sul nascere qualsiasi ipotesi di contrasto con il principio di legalità e con i corollari di cui sopra, le SS.UU irrompono con una pronuncia, quella in questa sede oggetto di attenzione, che segna una netta inversione di tendenza rispetto al passato, innovando il panorama giurisprudenziale e prima ancora normativo in materia di misure di prevenzione.
Gli ermellini, a ben vedere, determinano un vero e proprio revirement sul punto, escludendo una volta per tutte che la violazione delle prescrizioni di vivere onestamente e rispettare le leggi possa configurare il reato di cui all’articolo 75, comma 2, D. Lgs. n. 159/2011, trattandosi di prescrizioni generiche e indeterminate, in aperto contrasto dunque con i principi di precisione, determinatezza e tassatività delle norme penali.
Prendendo le mosse dal concetto di legalità europea e dalle sue declinazioni in termini di accessibilità della legge a tutti i consociati e di prevedibilità dei relativi effetti, le SS.UU., per il tramite di un’interpretazione del diritto interno aderente alla CEDU e subordinata al prioritario compito di adottare una lettura costituzionalmente conforme, giungono a sostenere che quel richiamo generico contenuto nell’articolo 75 del citato decreto agli obblighi e prescrizioni di cui all’articolo 8, possa essere riferito solo a quegli obblighi e a quelle prescrizioni a cui poter attribuire un valore precettivo.
Tali caratteristiche senza ombra di dubbio difettano nelle prescrizioni dell’honeste vivere e di rispettare le leggi, contenendo le stesse un mero ammonimento morale la cui genericità ed indeterminatezza palesa in maniera chiara ed evidente l’assoluta inidoneità ad integrare il nucleo di una norma penale incriminatrice.
Del resto, quanto alla prescrizione di vivere onestamente, si ricordi che la Corte Costituzionale, già a far data dal 2010, si era pronunciata sulla prescrizione de qua, disconoscendone la valenza strettamente penale, sia pur prendendo le mosse da un’interpretazione della stessa isolatamente considerata. Per quel che concerne l’obbligo di rispettare le leggi, invece, si è ritenuto che esso rappresenti una prescrizione generale, priva di qualsivoglia indicazione su comportamenti specifici da osservare, operando questa un riferimento generico a tutte le leggi dello Stato. Dunque, ciò che difetta è la conoscibilità a monte delle condotte la cui inosservanza possa determinare l’insorgere della penale responsabilità e tale deficit di precettività impedisce di influire sul comportamento dei consociati, non potendosi individuare quelle condotte ritenute socialmente dannose e, dunque, da evitare.
Alla luce di tali considerazioni, ben può affermarsi, hanno sostenuto i giudici di legittimità, che il sorvegliato speciale non sia in grado di percepire e prevedere quali possano essere le conseguenze della violazione di una norma formulata in termini così generici.
Per questo motivo, le SS.UU. hanno affermato che il delitto di cui all’articolo 75 d. lgs 159/2011 può essere integrato solo ed esclusivamente avendo riguardo alle prescrizioni cd. specifiche che, come tali, hanno un autonomo contenuto precettivo e che “l’inosservanza delle prescrizioni generiche di vivere onestamente e rispettare le leggi, da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non integra la norma incriminatrice di cui all’art. 75 comma 2, d. lsg. n. 159/2011.”