Lo scorso 5 dicembre la Grande Sezione della Corte di Giustizia, sollecitata dalla Corte Costituzionale, è stata chiamata nuovamente a valutare la corretta applicazione dell’art. 325 TFUE.
Nella precedente pronuncia sul caso Taricco, la Corte aveva dichiarato che il combinato disposto dell’articolo 160, ultimo comma, e dell’articolo 161 del codice penale (in prosieguo: le «disposizioni del codice penale in questione»), nella parte in cui tali disposizioni prevedono che un atto interruttivo della prescrizione verificatosi nell’ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di IVA comporti il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale, è idoneo a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE, nell’ipotesi in cui tali disposizioni nazionali impediscano di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, o in cui prevedano, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.
La Corte aveva altresì dichiarato che il giudice nazionale competente è tenuto a dare piena efficacia all’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, all’occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato, di rispettare gli obblighi impostigli dalle suddette disposizioni del Trattato FUE.
A seguito di tale pronuncia, la Cassazione e la Corte d’Appello di Milano sollevavano una questione di costituzionalità, ritenendo che la regola tratta da detta sentenza fosse applicabile nell’ambito di procedimenti pendenti dinanzi alle stesse, riguardanti i reati in materia di IVA.
Inoltre, conformemente a quanto chiarito dalla sentenza Taricco, le Corti ritenevano di dover disapplicare il termine di prescrizione previsto dalle disposizioni del codice penale in questione e, di pronunciarsi sul merito.
La Corte Costituzionale, a tal riguardo, sollevava dubbi sulla compatibilità di una soluzione del genere con i principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e con il rispetto dei diritti inalienabili della persona.
Pertanto sottoponeva alla Corte di Giustizia la questione involgente la corretta applicazione dell’art. 325TFUE e, in particolare, se debba essere interpretato come obbligo di disapplicazione del giudice penale della norma sulla prescrizione, in un numero considerevole di casi per reprimere le gravi frodi o, se si prevedono tempi di prescrizione più brevi per le frodi all’Unione.
La Corte di Giustizia nell’odierna sentenza chiarisce che: “L’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di disapplicare, nell’ambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino all’inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea o che prevedano, per i casi di frode grave che ledono tali interessi, termini di prescrizione più brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell’insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato”.