- Premessa
La pandemia che ha colpito il mondo sta imponendo un nuovo modo di vivere, estraneo alle nostre pregresse abitudini.
La repentinità con cui l’emergenza sanitaria si è manifestata ci ha colti impreparati sicché l’unica reazione possibile, nell’immediato, è stata quella di fermarci e sospendere quasi tutte le nostre attività, in modo da realizzare quel distanziamento sociale che, allo stato attuale, è l’unica misura idonea a bloccare o, quantomeno, a rallentare il contagio.
Tuttavia, per quanto possa atterrirci il pensiero, questa situazione durerà per un periodo lungo e, comunque, indeterminato, visto che non possiamo sapere se ed in quanto tempo saranno individuati una cura efficace e/o un vaccino o saranno sviluppate adeguate difese immunitarie da parte della collettività, per cui è del tutto incerto quando potremo tornare a vivere come prima, affollando quelli che erano i luoghi della nostra quotidianità ed in particolare i nostri palazzi di giustizia.
Occorre, dunque, prepararsi all’estate ed all’autunno, in tempi rapidi, cercando di capire, con concretezza e senso pratico, come riprendere lo svolgimento dell’attività giudiziaria in queste condizioni. Il raggiungimento di tale obiettivo è necessario perché la giustizia è uno dei servizi essenziali che lo Stato offre, fondamentale per risolvere, in modo civile e senza violenza, i conflitti derivanti dalla convivenza sociale e per rendere effettivi i diritti e le libertà, oggi acquisiti, ma sempre precari e destinati a vacillare e scomparire senza un’adeguata tutela[1].
Inoltre, per noi magistrati e, più in generale, per tutti gli operatori giuridici la ripresa dell’attività giudiziaria è indispensabile per conservare la nostra dignità professionale e sociale.
Pertanto, queste brevi riflessioni non mirano ad analizzare la disciplina introdotta con i d.l. n. 11, 18 e 23 del 2020, ma rappresentano solo il tentativo di sollecitare un dibattito, finalizzato ad elaborare, in base alla concreta esperienza giudiziaria, suggerimenti nei confronti della classe politica, alla quale spetta il compito di risolvere, con urgenza, il problema dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali in tempo di Coronavirus.
Invero, occorre subito evidenziare che l’attività giudiziaria non può essere completamente informatizzata e svolta da remoto, in quanto, in alcune fasi, da un lato, coinvolge una pluralità di persone, alcune delle quali (come, ad esempio, le parti, gli imputati, i testimoni) estranee al sistema e, quindi, non facilmente inseribili nel lavoro in rete, e, dall’altro lato, richiede, al fine di assicurare la genuinità e veridicità delle attività svolte, le garanzie del contatto sociale[2].
A ciò si aggiunga che il lodevole tentativo di aumentare la digitalizzazione del processo civile o penale deve confrontarsi con la precarietà e problematicità del momento attuale.
In definitiva, è forse più proficuo individuare obiettivi poco ambiziosi, ma concretamente ed immediatamente realizzabili senza stravolgimenti e in modo compatibile con la necessità del distanziamento sociale.
Quale possibile punto di partenza si può fare riferimento a ciò che è avvenuto relativamente alla giustizia amministrativa, che, allo stato attuale, è l’unico settore della giurisdizione[3] che riprenderà il suo corso dal 16 aprile 2020, in quanto l’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020 prevede, ai commi 5 e 6, che, successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati[4], con facoltà delle parti di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione[5], e che il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto, considerato il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto alla camera di consiglio a tutti gli effetti di legge[6].
Il processo amministrativo presenta delle insuperabili differenze con quello civile e penale, essendo collegato ad un contenzioso di carattere fondamentalmente documentale, sicché non è certo possibile esportare questo modello nella giustizia ordinaria. Né può sottovalutarsi il completo livello di digitalizzazione della giustizia amministrativa, resa possibile anche dai numeri più esigui[7].
Tuttavia, l’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020 ci consente di capire quello che sicuramente possiamo fare, con immediatezza, anche nel processo civile e penale e, cioè, selezionare i processi che sono già maturi per la decisione, in cui le istruttorie sono già state completate, e deciderli, attenuando, in questo periodo di drammatica emergenza, il principio di oralità, tramite la provvisoria sostituzione del modello orale di discussione con quello scritto, laddove ciò non comporti la compressione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.
In pratica, il Coronavirus può diventare l’occasione per smaltire, almeno in parte, l’arretrato.
- La necessità di traghettare la giustizia ordinaria dalla prima alla seconda fase dell’emergenza sanitaria.
Come noto, con l’art. 1 del d.l. 8 marzo 2020, n. 11, il legislatore ha imposto il rinvio d’ufficio di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, fissate tra il 9 marzo ed il 22 marzo 2020, a data successiva, salve limitatissime eccezioni, e contemporaneamente, con il successivo art. 2 ha investito i capi degli uffici giudiziari dell’adozione, previa consultazione con le autorità sanitarie e coi rappresentanti della classe forense, dei provvedimenti organizzativi necessari a consentire la trattazione degli affari giudiziari senza assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e senza contatti ravvicinati tra le persone[8], attribuendo agli stessi anche il potere di adottare linee guida vincolanti per la fissazione e trattazione delle udienze e/o di rinviare le udienze, salve limitatissime eccezioni, a data successiva al 31 maggio 2020.
Pochi giorni dopo, con il d.l. n. 18 del 2020, queste disposizioni sono state sostituite con nuove previsioni che fondamentalmente hanno allungato sino al 15 aprile 2020 questo periodo di semi-paralisi dell’attività giudiziaria e individuato nel 30 giugno 2020 (in luogo del 31 maggio 2020) la data oltre la quale i dirigenti possono rinviare, salve limitatissime eccezioni, le udienze nei procedimenti civili e penali.
Il nuovo d.l. n. 23 procrastina questa situazione sino all’11 maggio 2020.
L’eccezionalità della situazione rende certamente arduo un intervento del legislatore rapido ed efficace.
Tuttavia non appare più sostenibile un continuo slittamento del termine della ripresa dell’attività giudiziaria, che finisce con il vanificare ogni sforzo organizzativo, rendendo inutili le fissazioni (medio tempore intervenute) delle udienze o di eventuali termini nei giorni successivamente travolti dalla rinnovata proroga della sospensione, e conseguentemente comportando un dispendio inutile di risorse e di energie, insopportabile in un periodo storico così doloroso.
Inoltre, sebbene sia indispensabile rimettere alla discrezionalità dei dirigenti dei singoli uffici giudiziari l’adozione di misure organizzative idonee ad evitare assembramenti e contatti ravvicinati tra le persone, in quanto l’individuazione di soluzioni efficaci dipende dalla quantità e dalla grandezza dei locali disponibili e dal conseguente calcolo del numero di persone che possono accedere contemporaneamente, con le prescritte distanze e senza pericolo, in un determinato palazzo di giustizia, l’attuale delega in bianco conferita ai presidenti, nonché la natura vincolante delle linee guida che gli stessi possono adottare ex art. 83, comma 7, lett. d), del d.l. n. 18 del 2020, rischiano di violare l’art. 3 Cost., atteso che il livello di tutela giudiziaria è rimesso, senza alcuna uniformità, alle loro decisioni, oltre che il precetto di cui all’art. 101, secondo comma, Cost., ai sensi del quale “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, in una materia che, come chiarito dall’art. 117, secondo comma, lett. l) Cost., proprio in considerazione della sua centralità, appartiene alla legislazione esclusiva statale.
Né potrebbe biasimarsi una ferma opposizione della classe forense al passaggio dalla prima alla seconda fase dell’emergenza nel settore giustizia, risultando del tutto comprensibile la resistenza all’introduzione di una miriade di sub-riti, diversificati per ogni ufficio giudiziario.
Risulta, dunque, indispensabile individuare un nuovo percorso ed in primo luogo selezionare quelle attività che possono essere svolte in modo uniforme, senza pericolo per la salute, in tutti gli uffici giudiziari dell’intero territorio italiano.
Invero, considerata la necessità di limitare, quanto più possibile, l’accesso delle persone negli uffici giudiziari, da un lato, si potrebbe tendenzialmente escludere nei prossimi mesi lo svolgimento di quelle udienze che richiedono la presenza indispensabile di parti, testimoni, consulenti, periti (udienze da rinviare in blocco a date in cui è realisticamente prevedibile il superamento della pandemia e del rischio di contagio), e, dall’altro lato, si potrebbero trasformare, seguendo il modello del processo amministrativo, quelle udienze che richiedono esclusivamente la presenza dei difensori, in trattazioni scritte, con scambio di memorie.
Tale impostazione, sebbene drastica, consentirebbe di svuotare gli uffici dal pubblico e renderebbe possibile, grazie all’adozione di idonei provvedimenti organizzativi da parte dei dirigenti[9], la celebrazione di tutte le udienze – anche quelle che coinvolgono le parti, i testi, i consulenti, i periti – relativamente ai processi che, per la materia ed i diritti coinvolti, siano qualificati dalla legge come non procrastinabili o, per la specificità del caso e su istanza di parte, siano qualificati come urgenti dall’organo giudicante.
Di tale periodo di emergenza dovrebbe essere esclusa la rilevanza ai fini della l. n. 89 del 2001, come, peraltro, già previsto dall’art. 83, comma 10, del d.l. n. 18 del 2000 e tendenzialmente dovrebbero essere sospesi i termini di prescrizione e decadenza, tenuto conto che, anche relativamente alle attività non sospese, le misure restrittive rendono alquanto complicato l’espletamento di tutte le attività, sia di quelle di difesa sia di quelle di indagine.
- Proposte per la giustizia civile.
In particolare, nelle controversie civili, sarebbe possibile, in deroga alla disciplina vigente, sostituire provvisoriamente l’udienza di precisazione delle conclusioni con lo scambio di un foglio di conclusioni entro un breve termine anteriore alla data originariamente fissata per l’udienza, che resterebbe, comunque, il punto di riferimento per i termini già previsti dalla legge per le conclusionali, le repliche e per il deposito della sentenza. Inoltre, in primo grado, laddove siano già stati assegnati i termini ex art. 183, sesto comma, c.p.c., si potrebbe prevedere, in deroga alla disciplina vigente, che il giudice provveda sulle richieste istruttorie, senza celebrare l’udienza, attribuendo alle parti la facoltà di depositare un’eventuale nota entro un breve termine anteriore alla data originariamente fissata per l’udienza, che resterebbe, comunque, il punto di riferimento anche per il termine di deposito del provvedimento. Lo stesso meccanismo della sostituzione di note scritte all’udienza potrebbe essere adottato per ogni udienza fissata per l’assunzione di una decisione (ad esempio, per le udienze fissate per la decisione dei procedimenti sommari di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. o per quelle delle controversie locatizie o, ancora, per quelle fissate ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c.). Peraltro, tenuto conto del ridotto impegno per le istruttorie e le udienze di trattazione, ogni magistrato potrebbe anticipare le precisazioni delle conclusioni – soprattutto se fissate in date assai lontane – con provvedimento fuori udienza da comunicare in via telematica, assegnando un termine per il deposito telematico delle note di conclusioni, delle conclusioni e delle repliche nel rispetto dei vincoli temporali fissati dall’art. 190 c.p.c. o dal legislatore dell’emergenza. Allo stesso modo, la conoscenza del proprio ruolo consentirebbe ad ogni magistrato di organizzare il proprio lavoro, cercando di decidere tutte le cause già mature, per potere dedicare in futuro, quando la vita sarà tornata al suo corso normale, più tempo alle trattazioni, alle istruttorie ed ai tentativi di conciliazione[10].
Lo svolgimento di tali attività non comporterebbe, difatti, l’affluenza dei difensori negli uffici giudiziari, stante l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali, previsto dall’art. 16-bis, comma 1, d.l. n. 179 del 2012, convertito in l. n. 221 del 2012, ai sensi del quale, salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici[11].
Al massimo, il difensore può avere l’esigenza di visionare il fascicolo di ufficio o della controparte o di ritirare il proprio fascicolo per la redazione delle comparse conclusionali (fascicoli che non necessariamente sono interamente telematici, atteso che, anche per i procedimenti successivi al 2014, alcuni atti – in particolare quelli introduttivi e i documenti allegati – potrebbero essere solo in formato cartaceo). Si tratta, tuttavia, di accessi limitati, che possono essere programmati tramite appuntamento in modo da evitare l’affollamento degli ambienti.
A questo punto, tenuto conto della diminuzione del pubblico, la presenza dei magistrati (per visionare i fascicoli o redigere/depositare i provvedimenti) e del personale di cancelleria (per assicurare l’espletamento dei relativi servizi) – così come lo svolgimento delle udienze relative ai processi individuati dal legislatore come non procrastinabili – può essere organizzato dal dirigente con le dovute cautele.
Per quanto concerne l’introduzione di nuovi procedimenti, occorre valutare, da un lato, che le notifiche di citazioni e ricorsi comportano la movimentazione di persone, attesa l’impossibilità di utilizzare strumenti telematici nei confronti di tutti i convenuti-tipo di un processo ordinario (che possono essere privati non muniti di p.e.c.), e, dall’altro lato, che gli incontri tra i legali e le parti e la preparazione della documentazione essenziale, attività indispensabili per l’elaborazione delle strategie difensive, può risultare alquanto problematica – sia per l’attore sia per il convenuto – in considerazione delle misure restrittive che limitano gli spostamenti[12]. In tale contesto, un adeguato compromesso potrebbe essere costituito dalla previsione di una generale sospensione dei termini di prescrizione e decadenza e di impugnazione, come già previsto per la prima fase dell’emergenza dall’art. 83, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, in modo da attribuire alla parte la facoltà di differire la proposizione di una nuova causa, lasciandone ferma la possibilità, secondo il meccanismo telematico già prefigurato dall’art. 83, comma 10, del d.l. n. 18 del 2020. La trattazione dei nuovi procedimenti dovrà, però, essere fissata ad una data successiva a quella del previsto ritorno alla normalità, salva la declaratoria di urgenza o la riconducibilità del procedimento alle categorie già individuate dal legislatore come non procrastinabili: in questo modo, da un lato, si tutelano i convenuti, che potrebbero incontrare difficoltà nella costituzione, e, dall’altro, si consente la programmazione ed organizzazione delle attività di trattazione.
Nelle controversie in materia di lavoro e previdenza, ugualmente, sarebbe possibile sostituire, in via provvisoria, l’udienza per la discussione (ivi compreso il meccanismo della lettura del dispositivo in udienza) con la trattazione scritta, attribuendo alle parti la facoltà di depositare le conclusioni ed eventuali repliche entro un breve termine anteriore alla data originariamente fissata per l’udienza. L’anticipazione delle udienze, strumentale a smaltire l’arretrato e liberare il ruolo per dedicare in futuro più tempo alle istruttorie, potrebbe operare anche in tale settore, in cui, peraltro, laddove le parti rinuncino alla comparizione personale, si potrebbe prevedere l’ammissione delle istanze istruttorie, sostituendo la trattazione orale con quella scritta.
Nel giudizio di appello, la sostituzione dell’udienza con la trattazione scritta consentirebbe la piena ripresa del lavoro. Ai dirigenti resterebbe il compito di programmare le udienze in ufficio in modo da assicurare, in considerazione delle dimensioni dell’edificio e delle aule e del numero delle sezioni, un livello sostenibile di presenze in ciascun giorno ed orario. Gli strumenti informatici – quali Microsoft-Teams – potrebbero essere utilizzati per pianificare le cd. pre-camere di consiglio, a cui già si ricorreva in passato, onde limitare al minimo la permanenza in ufficio.
Per il giudizio di legittimità, occorre confrontarsi con alcune peculiarità, che rendono più complicata l’individuazione di valide soluzioni organizzative.
In primo luogo, i giudici e gli avvocati coinvolti nei procedimenti dinanzi alla Suprema Corte provengono da tutta l’Italia e, quindi, la loro presenza richiede spostamenti che sono, in questo momento, problematici. Inoltre, il fascicolo del relativo giudizio non è informatizzato e sinora i giudici ne hanno sempre ritirato le copie in ufficio, unico luogo ove, peraltro, è possibile consultare il fascicolo nella sua completezza e eventualmente, ove necessario ai fini della decisione, i fascicoli di primo e secondo grado, che devono, peraltro, essere spediti dagli uffici di merito. A ciò si aggiunga, infine, che, allo stato attuale, non è consentito dalla legge il deposito telematico degli atti in Cassazione: problematica a cui il Primo Presidente ha cercato di porre rimedio, nel suo provvedimento organizzativo del 31 marzo 2020, stabilendo che, per i ricorsi da trattare fino al 30 giugno 2020, i difensori, utilizzando esclusivamente l’indirizzo elettronico presente nel Re.G.Ind.E., possono far pervenire motivi aggiunti e memorie a mezzo posta elettronica certificata agli indirizzi indicati, comunicandoli contestualmente e con lo stesso mezzo alla controparte, secondo le modalità tecniche da individuare. Si tratta di una soluzione provvisoria e sperimentale, che, comunque, non esclude il deposito ordinario da eseguirsi direttamente al Palazzaccio[13].
Tenuto conto di tutti questi limiti, si può solo rilevare che nei procedimenti soggetti al rito camerale non è prevista la presenza dei difensori. In modo del tutto ragionevole, quindi, il Primo Presidente ha cercato di programmare lo smaltimento di tali cause, che sono numericamente più consistenti, rinviando ad un momento successivo la decisione di quelle a trattazione pubblica, salve le eccezioni previste dal legislatore, che potrebbero de iure condendo essere trasformate, in deroga alla disciplina ordinaria, in udienze a trattazione scritta.
Tuttavia, immaginare che il lavoro possa improvvisamente trasformarsi in telematico sembra utopistico. Occorrerebbe realizzare la completa informatizzazione dei fascicoli di tutti i gradi di giudizio: obiettivo non concretamente perseguibile nel breve periodo ed in una situazione drammatica per il Paese. A ciò si aggiunga che la spedizione dei fascicoletti cartacei a mezzo posta, da un lato, potrebbe essere soggetta a inconvenienti, quali il mancato recapito in tempo utile o lo smarrimento, e, dall’altro, non escluderebbe la eventuale necessità della consultazione degli atti in ufficio. Né, in tale frangente, è possibile sovraccaricare di lavoro il personale di cancelleria, che pure è costretto a turnazioni alternate per rispettare le necessarie cautele.
Ad ogni modo, una volta differite in blocco le pubbliche udienze e ridotta la presenza dei legali in Corte, dovrebbe essere possibile organizzare, con le precauzioni indispensabili alla prevenzione dei contagi (quali, ad esempio, i turni alterni), la presenza dei magistrati in ufficio e la conseguente ripresa delle udienze camerali[14], eventualmente autorizzando il collegamento da remoto e l’eventuale spedizione cartacea o telematica degli atti a favore di quelli residenti nelle zone più a rischio o maggiormente esposti al contagio.
La ripresa del lavoro a ritmi soddisfacenti esige, però, delle decisioni immediate, che consentano una programmazione di lungo periodo, in quanto il rispetto del contraddittorio richiede tempestivi avvisi di udienza, conformi ai termini di legge di cui agli artt. 377, 380-bis e 380-bis.1 c.p.c. (rispettivamente venti e quaranta giorni prima dell’udienza) o di quelli eventualmente inferiori stabiliti dal legislatore dell’emergenza, ma, comunque, compatibili con il diritto di difesa e con la possibilità di depositare memorie in cancelleria prima dell’udienza. Molto di quello che era stato programmato, con il decreto del Primo Presidente del 31 marzo 2020, per il periodo successivo al 15 aprile 2020, sarà, invece, azzerato dalla proroga della sospensione sino all’11 maggio, da cui deriverà l’impossibilità di rispettare i prescritti termini di legge, rendendo vano il lavoro fatto.
Ad ogni modo, la giustizia civile potrà essere seriamente ed efficacemente adattata all’emergenza soltanto laddove il Governo rivaluti le politiche di sicurezza dei registri, che, allo stato, non consentono al personale della cancelleria, a differenza di quanto avviene per la giustizia amministrativa, l’accesso e la lavorazione da remoto.
- Proposte per la giustizia penale.
La situazione della giustizia penale è molto più complessa e sicuramente giustifica la sospensione dei termini delle indagini preliminari e di prescrizione dei reati durante l’intero periodo dell’emergenza.
Invero, il contraddittorio orale è il cardine del processo penale, che risulta, quindi, molto più problematico riorganizzare in modo compatibile con le precauzioni del distanziamento sociale, potendo raramente rinunciarsi alla compresenza di una molteplicità di persone nelle aule di giustizia o in luoghi analoghi, compresenza che mira anche a garantire la genuinità, veridicità e spontaneità delle dichiarazioni. Così, sebbene l’art. 83, comma 12, del d.l. n. 18 del 2020, nello stabilire che la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, abbia richiamato – peraltro, con il limite della compatibilità – solo i commi 3, 4 e 5 dell’art. 146-bis del d.lgs. n. 271 del 1989, si è subito prospettata la necessaria applicazione del comma 6 dello stesso art. 146-bis, ai sensi del quale un ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal presidente, è presente nel luogo ove si trova l’imputato e ne attesta l’identità dando atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all’esercizio dei diritti e delle facoltà a lui spettanti. Questo rapido accenno alla video-conferenza dell’imputato detenuto chiarisce come, anche tramite i collegamenti da remoto, la celebrazione dell’udienza penale esiga la compresenza negli stessi ambienti di una pluralità di persone[15].
Inoltre, l’informatizzazione del settore penale della giustizia è a livelli ancora primordiali, mancando sia un sistema di firma digitale che consenta il deposito telematico degli atti, da parte dei magistrati e dei difensori, sia un fascicolo telematico a cui i magistrati e gli avvocati possano accedere dalle loro abitazioni o dal loro studio, tramite un sistema di pass-word sicure, a differenza di quanto avviene sia nel processo amministrativo ed, in parte, in quello civile, per cui è necessario recarsi nelle cancellerie delle Procure, dei Tribunali, delle Corti di appello e Corte di cassazione per depositare, visionare ed estrarre copia degli atti[16]. In pratica, nel processo penale, solo le notificazioni e comunicazioni sono state investite, per ora, da un’effettiva telematizzazione[17].
In tali condizioni, l’esercizio delle funzioni giurisdizionali va bilanciato attentamente con i rischi di contagio che può comportare.
Deve, peraltro, rilevarsi che la fase investigativa risente delle misure restrittive e della necessità di impiegare le forze dell’ordine prevalentemente in operazioni collegate alla tutela della salute. Inoltre, molti atti di indagine coinvolgono soggetti estranei all’amministrazione giudiziaria (quali, ad esempio, i sommari informatori) e, sebbene il differimento dell’assunzione delle sommarie informazioni comporti il rischio di dispersione della prova, in quanto il trascorrere del tempo comporta l’annebbiamento del ricordo, non può sottovalutarsi l’esigenza di tutelare la salute di tali persone. E’, quindi, del tutto giustificata la sospensione dei relativi termini investigativi, posto che la progressiva ripresa delle attività dovrà avvenire gradualmente e difficilmente sarà possibile, in tempi brevi, re-iniziare a pieno ritmo le indagini. In particolare, mentre si potrebbe già nell’immediato consentire alla Procura di porre in essere tutti gli atti investigativi strumentali all’acquisizione della documentazione, occorre essere più cauti per quelle attività che coinvolgono le persone. Si può, tuttavia, sperare che il rallentamento delle indagini sia compensato dalla presumibile riduzione di alcune tipologie di crimini (quali, ad esempio, i furti, resi più difficili dalla maggiore permanenza delle persone nelle proprie abitazioni e dai maggiori controlli delle persone in circolazione, o i delitti collegati alla droga, il cui movimento è reso più arduo dalle misure restrittive).
Per quanto concerne, invece, la fase processuale, sebbene con maggiori difficoltà, anche nel processo penale si può provare a realizzare la fase decisoria per quei procedimenti in cui l’istruttoria sia già esaurita, sostituendo la discussione orale con lo scambio di memorie conclusionali e di replica entro termini necessariamente sfalsati per il pubblico ministero, la parte civile, il responsabile civile e l’imputato, in questo modo, quantomeno, definendo tutto quello che è già maturo per la decisione (eventualmente provvisoriamente eliminando il meccanismo della lettura del dispositivo in udienza e consentendo ai magistrati più esposti al contagio e/o residenti nelle zone più pericolose la partecipazione da remoto)[18]. In questa fase di emergenza, potrebbero prestarsi a tale meccanismo alternativo, derogatorio rispetto a quello ordinario della discussione orale, quei procedimenti sottoposti a riti alternativi e quelle fasi processuali in cui non vi è, in via ordinaria, lo svolgimento di alcuna istruttoria. Così, nel giudizio di appello, in cui la rinnovazione dell’istruttoria è soggetta ai limiti di cui all’art. 603 c.p.p., potrebbero essere provvisoriamente sostituite in trattazioni scritte tutte le udienze o quantomeno quelle in cui già si è già verificata la regolare costituzione delle parti, salva la rimessione della causa sul ruolo ad un’udienza successiva alla fine dell’emergenza laddove si debbano riassumere le prove già acquisite in primo grado o riassumere nuove prove e salva la previsione di una clausola di salvaguardia, che consenta alle parti la richiesta della celebrazione dell’udienza. Parimenti nel giudizio di legittimità – per cui sussistono tutte le problematicità già individuate nel paragrafo precedente e valgono le medesime considerazioni già svolte (ivi compresa quella concernente la vanificazione del lavoro organizzativo svolto sinora dalla proroga della sospensione laddove escluda la celebrazione delle udienze ri-fissate, anche in conseguenza dell’impossibilità di rispettare i termini di legge per gli avvisi effettuati) – potrebbero essere trattati i procedimenti camerali non partecipati e, mediante la sostituzione dell’udienza con la trattazione scritta, gli altri procedimenti[19], salva una clausola di salvaguardia che consenta alle parti la facoltà di chiedere la celebrazione dell’udienza.
Tuttavia, non può sottovalutarsi che lo svolgimento di tali attività comporterebbe, comunque, un’affluenza non esigua di magistrati, cancellieri, difensori e personale della Procura negli uffici giudiziari – se non per il deposito dei provvedimenti e delle memorie (sostitutive della discussione orale), che potrebbe essere, in via provvisoria, consentito a mezzo p.e.c. – quantomeno per la visione e l’estrazione della copia degli atti, tenuto conto della mancata digitalizzazione del fascicolo penale. Sebbene tali ingressi possano essere pianificati in modo da evitare gli assembramenti[20], la movimentazione di persone che ne deriva, anche ai fini della preparazione delle difese e dei necessari incontri tra difensori e imputati, impone la selezione, da parte del legislatore, di quei procedimenti più importanti, in considerazione dei diritti coinvolti, di cui deve essere assicurata la trattazione, nonostante l’emergenza, tra cui devono necessariamente essere inclusi – a prescindere dalla necessità di un’istanza di parte – quelli in cui sono state applicate misure cautelari limitative della libertà personale, in quanto un’ulteriore dilatazione, tramite la sospensione, dei termini di custodia cautelare non appare compatibile con il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza dell’imputato sino alla condanna definitiva[21].
In definitiva, il transito della giustizia dalla prima alla seconda fase dell’emergenza, impone al legislatore di individuare quelle soluzioni che, riducendo le udienze, grazie alla sostituzione di alcune di esse con la trattazione scritta e alla selezione di quei procedimenti che possono essere differiti e di quelli che, invece, devono essere trattati, siano in grado di diminuire l’affluenza del pubblico in ufficio, in modo che la presenza dei magistrati, del personale di cancelleria, dei difensori e del pubblico possa essere organizzato dal dirigente con le dovute cautele.
- Conclusioni.
La drammaticità della situazione non può essere superata in tempi rapidi ed urgono delle soluzioni che consentano di realizzare ciò a cui si può effettivamente aspirare in questo momento, in quanto è meglio rassegnarsi ad un risultato meno ambizioso, piuttosto che restare imprigionati nell’inerzia e nell’impotenza.
La situazione della giustizia ordinaria è ben diversa quella della giustizia amministrativa, in cui la digitalizzazione ormai completa ed il carattere quasi interamente documentale dell’istruttoria consentono il lavoro da remoto sia ai magistrati sia al personale di cancelleria. I colleghi amministrativi possono, quindi, con maggiore serenità e sicurezza pianificare il loro lavoro senza spostamenti, minimizzando la già inferiore frequentazione dei loro uffici. Alla giustizia ordinaria non resta che attendere che il legislatore crei, con l’adeguata capacità politica, le premesse del maggiore sforzo e del maggiore sacrificio richiesto ai suoi giudici ed al suo personale amministrativo.
[1]Così Anche G.CIVININI, La giustizia in quarantena, in Questione giustizia, “Non c’è civiltà senza giustizia. Non c’è democrazia senza giustizia”.
[2]Probabilmente tale ultima esigenza, ancora più avvertita nel settore penale, spiega che, allo stato attuale, il legislatore abbia limitato al solo settore civile la possibilità di prevedere lo svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.
[3]La giurisdizione tributaria e militare sono, difatti, soggette alla disciplina di cui all’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, nei limiti della compatibilità con i relativi processi. Per quanto concerne, invece, la giurisdizione contabile, per la quale si è cercato di adottare, con il comma 5 dell’art. 85 del d.l. n. 18 del 2020, una soluzione analoga a quella prevista per la giustizia amministrativa, sebbene limitatamente alle controversie pensionistiche fissate per la trattazione innanzi al giudice monocratico, il termine inziale fissato per il 16 aprile 2020 è slittato al 12 maggio 2020.
[4]E’ fatta salva la possibilità, omesso ogni avviso, di definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare, ai sensi dell’articolo 60 del c.p.a., che stabilisce che, in sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione, omesso ogni avviso.
[5]Del resto, questa stessa modalità procedurale era stata introdotta già per la prima fase di gestione dell’emergenza, seppure condizionata alla istanza congiunta delle parti. Difatti, l’art. 84, comma 2, d.l. n. 18 del 2020 stabilisce che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, dal 6 aprile al 15 aprile 2020 le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, se ne fanno congiuntamente richiesta tutte le parti costituite entro il termine perentorio di due giorni liberi prima dell’udienza. Va, invece, sottolineato che è stata eliminata la facoltà, attribuita originariamente dall’art. 3, comma 4, del d.l. n. 11 del 2020 a tutte le parti, di chiedere la discussione in udienza camerale o in udienza pubblica, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione, in questo modo impedendo la trasformazione della discussione orale in scritta.
[6]Le differenti soluzioni adottate per il processo amministrativo rispetto agli altri settori della giustizia sono state sottolineate anche da A.SCARCELLA, Come l’informatica giudiziaria aiuta al tempo del Coronavirus: una prima lettura delle disposizioni del d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
[7]Si può rinviare in proposito al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 40 del 16 febbraio 2016, n. 40.
[8]Provvedimenti che, come specificato al comma 2 di tale disposizione, possono prevedere: a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti; b) la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196, ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico; c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento; d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze; e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche; f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia; g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020 nei procedimenti civili e penali, salve limitatissime eccezioni; h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.
[9]Oltre le misure già indicate dal citato art. 83, ad esempio, la previsione di un numero massimo di processi da fissare ogni giorno e ad orari scaglionati in tutto l’ufficio e da parte di ciascun giudice; l’assegnazione a ciascun magistrato o collegio di giorni alternati in cui svolgere le udienze.
[10]Né appare insormontabile, per quanto concerne i giudici onorari, il problema di adeguare all’eliminazione dell’udienza il regime del compenso, che potrebbe essere rapportato alle originarie udienze cui sono collegati i provvedimenti assunti, come sembra già suggerito dal C.S.M. nelle sue linee guida.
[11]Peraltro, l’art. 83, comma 11, del d.l. n. 18 del 2020 ha esteso l’obbligo del deposito telematico anche agli atti introduttivi della causa, stabilendo che dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, anche gli atti e documenti di cui all’articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 del medesimo articolo e che gli obblighi di pagamento del contributo unificato di cui all’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché l’anticipazione forfettaria di cui all’articolo 30 del medesimo decreto, connessi al deposito degli atti con le modalità previste dal periodo precedente, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
[12]Il processo amministrativo risente in misura minore di tali difficoltà, in quanto il convenuto è, di regola, la pubblica amministrazione, che è un soggetto nei cui confronti è sempre possibile la notifica telematica e che, in linea di massima, dispone di tutta la documentazione strumentale alla propria difesa. La tutela del privato di fronte ad un atto illegittimo sembra, però, richiedere la sospensione del termine di decadenza per la sua impugnazione, tenuto conto degli obiettivi ostacoli del momento, anche in un’ottica di parità di trattamento rispetto al soggetto pubblico, essendo stati sospesi dall’art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 i termini dei procedimenti amministrativi.
[13]Misura organizzativa a cui ha dato attuazione il Protocollo di recente concluso tra la Corte di cassazione, la Procura Generale ed il Consiglio Nazionale Forense, in cui si è previsto che il difensore provvederà a trasmettere gli atti richiesti, dei quali abbia la disponibilità, mediante invio dal proprio indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal RE.G.IND.E., congiuntamente agli indirizzi di posta elettronica certificata delle cancellerie della Corte di cassazione e delle segreterie della Procura Generale, che saranno previamente comunicati al Consiglio Nazionale Forense ed adeguatamente pubblicizzati sui rispettivi siti internet dei soggetti che sottoscrivono il presente protocollo; all’indirizzo di posta elettronica certificata dei difensori delle altre parti processuali risultante dai pubblici registri di cui all’art. 16.ter del d.l. n. 179 del 2012 e successive modificazioni.
[14]Laddove la necessità di evitare un’eccessiva movimentazione delle persone imponesse la riduzione numerica delle udienze e la turnazione delle Sezioni, come già programmato in effetti dal Primo Presidente, si dovrebbero selezionare i procedimenti da trattare, secondo criteri obiettivi, quali l’anno di iscrizione al ruolo ed il valore ponderale del fascicolo.
[15]Persone che, per essere adeguatamente tutelate, devono essere munite di postazioni di lavoro e soprattutto microfoni differenti.
[16]Per un’analisi esaustiva dell’attuale disciplina si rinvia a G.DOMINIJANNI, Validità dei provvedimenti firmati digitalmente, la loro utilizzabilità e conservazione nel fascicolo processuale cartaceo, che, da un lato, evidenzia i limiti dell’informatizzazione del processo penale, in cui l’individuazione del gestore documentale, da parte del Ministero, nel T.I.A.P., al di là della diffusione non ancora integrale, risulta carente del passaggio normativo che porti all’abbandono del doppio binario (cartaceo e digitale) e, dall’altro, suggerisce modalità tramite cui realizzare il deposito telematico dei documenti, valorizzando gli artt. 20 e 23 del c.a.d. (codice amministrazione digitale), ferma restando l’impossibilità di limitare l’accesso del pubblico per la visione dei fascicoli e l’estrazione di copie.
Così anche il Primo Presidente della Cassazione ha cercato di risolvere il problema del deposito degli atti, al fine di ridurre l’affluenza del pubblico in ufficio, stabilendo, nel provvedimento n. 47 del 2020, alle lett. e) e f), che le conclusioni e gli altri atti della Procura generale relativi alle cause e ai procedimenti sopra indicati possono essere inviati, alla competente cancelleria della Corte di cassazione, dalla casella di posta elettronica della competente segreteria civile o penale, mediante l’allegazione al messaggio di posta, recante le indicazioni idonee all’identificazione del procedimento, di un file in formato PDF composto secondo le disposizioni organizzative dettate dal Procuratore generale a norma dell’art. 83, commi 6 e 7, DL n. 18 del 2020, e che, per i ricorsi da trattare fino al 30 giugno 2020, i difensori, utilizzando esclusivamente I ‘indirizzo elettronico presente nel Re.G.Ind.E., possono far pervenire alla Corte motivi aggiunti e memorie a mezzo PEC agli indirizzi indicati nell’allegato, comunicandoli contestualmente e con lo stesso mezzo alla controparte, secondo le modalità tecniche che saranno successivamente indicate.
Si tratta, tuttavia, di sistemi tramite cui non può superarsi il limite della tassatività ed inderogabilità delle forme delle impugnazioni. Senza pretesa di esaustività va ricordato che è inammissibile l’opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di posta elettronica certificata, stante il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni, trattandosi di modalità non consentita dalla legge, in ragione dell’assenza di una norma specifica che consenta nel sistema processuale penale il deposito di atti in via telematica, e nonostante che per espressa previsione di legge il valore legale della posta elettronica certificata sia equiparato alla raccomandata con ricevuta di ritorno (Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018 Cc.- dep. 11/05/2018, Rv. 272740 – 01); è inammissibile l’impugnazione cautelare proposta dall’indagato mediante l’uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 cod. proc. pen. – espressamente richiamato dall’art. 309, comma 4, che, a sua volta, è richiamato dall’art. 310, comma 2, cod. proc. pen. – sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della p.e.c. (Sez. 3, n. 38411 del 13/04/2018 Cc. – dep. 09/08/2018, Rv. 276698 – 01); è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dinanzi ad autorità giudiziaria diversa da quella competente a riceverlo e trasmessa a mezzo p.e.c. all’ufficio competente da parte della cancelleria del giudice ove era stato depositato ai sensi dell’art. 582, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6 n. 41283 del 11/09/2019 Cc. – dep. 08/10/2019, Rv. 277369 – 01, che, in motivazione, ha chiarito che la previsione dell’art. 64 disp. att. cod. proc. pen., che consente il ricorso ai mezzi idonei di cui agli artt. 149 e 150 cod. proc. pen., tra i quali la p.e.c., riguarda unicamente la comunicazione degli atti del giudice e non la trasmissione, a cura della cancelleria dell’ufficio giudiziario presso cui l’impugnazione è stata depositata, di un atto di parte, quale l’impugnazione). Tali limitazioni non possono essere superate con le misure organizzative dei dirigenti.
[17]Telematizzazione potenziata dai commi 13, 14 e 15 dell’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, ai sensi dei quali le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonché dell’articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sono effettuate attraverso il Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia; le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e dei provvedimenti indicati al comma 13 agli imputati e alle altre parti sono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio; tutti gli uffici giudiziari sono autorizzati all’utilizzo del Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali per le comunicazioni e le notificazioni di avvisi e provvedimenti indicati ai commi 13 e 14, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento di cui all’articolo 16, comma 10, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
[18]Si tratterebbe ovviamente di una disciplina provvisoria ed eccezionale, giustificata dall’emergenza, tenuto conto dell’essenzialità dell’oralità e dell’incomprimibilità del diritto della parte pubblica e dell’imputato alla partecipazione nel processo penale.
[19]Eventualmente tramite l’eliminazione del meccanismo della lettura del dispositivo in udienza e a possibilità della partecipazione da remoto e della trasmissione degli atti nei confronti dei magistrati più esposti al contagio e/o residenti nelle zone più pericolose alla partecipazione da remoto.
[20]Un’efficace pianificazione dell’ingresso ad ore prestabilite dei difensori negli uffici giudiziari richiederebbe, però, l’allungamento degli orari di apertura al pubblico e, quindi, un possibile incremento, almeno tramite la previsione degli straordinari, della presenza in ufficio del personale di cancelleria, di cui deve nondimeno essere assicurato adeguatamente la tutela, tramite il distanziamento sociale.
[21] Del resto, di tale esigenza si sta avvedendo anche il legislatore che, all’art. 36, secondo comma, del d.l. n. 23 del 2020, ha escluso dalla sospensione dal 16 aprile all’11 maggio 2020 i procedimenti penali in cui i termini (anche di fase) di cui all’art. 304 c.p.p. scadono nei 6 mesi successivi all’11 maggio 2020, rimettendo ancora, però, la trattazione degli altri all’istanza di parte.