Home Approfondimenti Ricorso Straordinario al Capo dello Stato e Giudizio di ottemperanza (linee guida...

Ricorso Straordinario al Capo dello Stato e Giudizio di ottemperanza (linee guida giurisprudenziali per la prova di diritto amministrativo concorso magistratura 2015)

3782
0
CONDIVIDI
Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Ricorso Straordinario al Capo dello Stato e Giudizio di ottemperanza (linee guida giurisprudenziali per la prova di diritto amministrativo concorso magistratura 2015)

L’ammissibilità del giudizio di ottemperanza al decreto definitivo che decide il Ricorso Straordinario al Capo dello Stato è una questione che negli ultimi anni ha focalizzato l’interesse sia della giurisprudenza amministrativa che delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Come noto sul tema un repentino mutamento, sulla natura giuridica del decreto decisorio emanato dal Capo dello Stato alla fine dell’iter amministrativo, si è avuto a seguito dell’entrata in vigore della l. 18.6.2009, n. 69 (art. 69) e del codice del processo amministrativo, approvato con d.lgs. 2.7.2010, n. 104 (artt. 112 e 113), dai quali emergerebbe l’intento del legislatore di consentire l’utilizzo dello strumento giuridico del ricorso per l’ottemperanza anche come rimedio per costringere l’amministrazione a dare attuazione alle prescrizioni contenute nel decreto presidenziale ed assicurare piena ed effettiva tutela anche al soggetto che per la difesa delle proprie ragioni, a fronte di un provvedimento illegittimo e ingiustamente lesivo, ha optato per il ricorso al Presidente della Repubblica in luogo di quello al giudice.

L’indicato novum legislativo tende a superare le incertezze che si erano create con riferimento alla natura amministrativa del decreto del Presidente della Repubblica, il quale, una volta divenuto definitivo, non poteva essere portato in esecuzione dal cittadino ricorrente che non aveva gli strumenti idonei per realizzare tutto quello che gli era stato riconosciuto dal provvedimento amministrativo (rectius: decreto decisorio). Ciò comportava un irreparabile vulnus all’effettività della tutela da riconoscere al soggetto che aveva deciso di impugnare un determinato provvedimento con il ricorso straordinario, il quale, una volta ottenuto l’annullamento del provvedimento impugnato, aveva come unica possibilità quella di azionare il ricorso giurisdizionale sul silenzio inadempimento nei confronti dell’amministrazione soccombente rimasta inerte all’esito della deicsione del Presidente della Repubblica. Tale soluzione non faceva altro che aggravare la posizione del cittadino imponendogli una defatigante attività e una lungaggine della tempistica per ottenere la tutela sostanziale dei propri diritti ed interessi, il tutto in spregio al principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost.

Della portata innovativa dei principi espressi dall’art. 69 della L. 69/2009 si è fatta latrice l’opera ermeneutica delle Sezioni Unite della Cassazione, nella parte in cui prevede l’incidente di costituzionalità da parte del Consiglio di Stato chiamato ad esprimere il parere sul ricorso straordinario ed abolisce la facoltà del Ministro di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato, e, dall’altro lato, l’art. 112 dell’allegato 1 del d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104, che alla lettera b) prevede l’azione di ottemperanza per le sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo – conduce a configurare la decisione resa su ricorso straordinario come provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, è tuttavia suscettibile di tutela mediante il giudizio di ottemperanza (Cass. civ. Sez. Unite, 28/01/2011, n. 2065).

Nonostante l’opera di nomofilichia della Corte di Cassazione, all’indicata interpretazione innovativa delle Sezioni Unite si opponeva un diverso orientamento tendente a qualificare l’atto conclusivo della procedura come provvedimento amministrativo, solo per certi aspetti equiparato ad una sentenza. Tale indirizzo, pur ribadendo l’esperibilità del giudizio di ottemperanza per la piena esecuzione del “decisum” conseguente a ricorso straordinario, ritiene che il decreto decisorio non costituisca un provvedimento esecutivo del giudice amministrativo ex art. 112, comma 1, lettera b, c.p.a., ma debba essere sussunto nel novero dei provvedimenti equiparati alle sentenze ai sensi della successiva lettera d) (“delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione”); (Con. Stato, sez. III, Ordinanza 4 agosto 2011, n. 4666; sez. I, parere 7 maggio 2012, n. 2131).

Sul tema è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 9 e 10 del 2013,  la quale ha sposato la tesi della Cassazione, riconoscendo portata evolutiva all’art. 69 della legge n. 69 del 2009 e agli artt. 7, comma 8, 48 e 112 del D.Lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo) che hanno disposto la “revisione” dell’istituto. Pertanto, alla decisione di accoglimento del ricorso straordinario, emanata dal Presidente della Repubblica, va riconosciuta natura giurisdizionale con la formazione di un giudicato riferibile alle statuizioni contenute nel parere del Consiglio di Stato, con la conseguente proponibilità, nel caso di mancata esecuzione, del giudizio di ottemperanza in unico grado al Consiglio di Stato. Il massimo organo della giurisprudenza amministrativa riconosce che l’evoluzione normativa più recente della disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ha determinato la necessità di attribuire al decreto presidenziale decisorio emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, la natura sostanziale di decisione di giustizia e, quindi, di un carattere sostanzialmente giurisdizionale. Ne deriva il superamento della linea interpretativa tradizionalmente orientata nel senso della natura amministrativa del decreto presidenziale e la necessità di procedere ad una nuova ricostruzione sistematica che attribuisca al decreto decisorio il crisma dell’intangibilità, propria del giudicato, all’esito di una procedura in unico grado incardinata sulla base del consenso delle parti. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in virtù del nuovo assetto normativo, ha natura sostanzialmente giurisdizionale in modo da assicurare un grado di tutela non inferiore a quello conseguibile agendo giudizialmente. Dalla premessa indicata, si trae il duplice corollario dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza al fine di assicurare l’esecuzione del decreto presidenziale e del radicamento della competenza in unico grado del Consiglio di Stato alla stregua del combinato disposto dell’art. 112, comma 2, lettera b), e 113, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo). Con riferimento alla competenza sul giudizio di ottemperanza la giurisprudenza amministrativa è conforme nello statuire che la decisione su ricorso straordinario al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, si colloca nella ipotesi prevista alla lettera b) dell’art. 112, comma 2, CPA (D.Lgs. 104/2010) e il ricorso per l’ottemperanza si propone, ai sensi dell’art. 113, comma 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta”.

È di ieri sentenza del Consiglio di Stato nella quale si ribadisce la natura sostanzialmente giurisdizionale dell’atto che decide il  ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per la sua esecuzione è ammesso il ricorso in ottemperanza innanzi al Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. IV, 29/05/2015, n. 2690).

Con riferimento all’ammissibilità dell’impugnazione del decreto decisorio, va sottolineato che il decreto del Presidente della Repubblica, che decide il  ricorso straordinario  in conformità del parere del Consiglio di Stato, è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 362, comma 1, c.p.c. solo per motivi attinenti alla giurisdizione e non anche con le altre censure di diritto previste dall’art. 360 c.p.c. (Cons. Stato Sez. III, 29/07/2014, n. 4024).