No all’adozione del minore se può crescere ed essere educato con i suoi familiari
Con due sentenze gemelle (nn.25526 e 25527 del 2015), depositate il 18 dicembre scorso, la Suprema Corte ha affermato che la dichiarazione di adottabilità del minore deve essere l’ultima ratio, né va dichiarato lo stato di adottabilità se il minore può crescere ed essere educato dai suoi familiari.
Infatti, il fondamento dell’adottabilità risiede in una situazione non temporanea, ma permanente, che non può essere oggettivamente superabile. Soltanto, qualora risultasse impossibile, anche in base ad un criterio di ragionevole probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali del minore di vivere in un contesto familiare stabile, è allora legittimo e corretto l’accertamento dello stato di abbandono.
Lo stesso art. 1 della legge 184/83 prevede che il minore ha il diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia, i cui istituti vanno applicati soltanto quando la famiglia non fosse in grado di provvedere alla crescita ed all’educazione del minore (art.1 , comma 4, l. 184/83). Non solo, ma anche alla luce dell’art. 8 della CEDU, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, le autorità nazionali hanno il dovere di adottare tutte le misure necessarie ed appropriate affinché i minori possano condurre una vita famigliare normale all’interno della propria famiglia. Ragion per cui, la dichiarazione di adottabilità costituisce un’ingerenza nell’esercizio del diritto al rispetto della vita famigliare, giustificato soltanto da un bisogno sociale imperioso e proporzionato al legittimo scopo perseguito.