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Diritto Penale. L’ammissione al piano di rateizzazione del debito non esclude l’operatività della confisca per equivalente.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Diritto Penale. L’ammissione al piano di rateizzazione del debito non esclude l’operatività della confisca per equivalente.

 

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del tema della confisca per equivalente in relazione ai reati tributari, per chiarirne l’operatività alla luce del d. Igs. n. 158 del 2015, entrato in vigore il 22/09/2015.

Preliminarmente la Corte ha ribadito che, secondo i consolidati principi in subiecta materia, solo l’integrale pagamento del debito tributario può condurre alla non operatività della confisca e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro ad essa propedeutico, essendo, invece, insufficiente la mera ammissione ad un piano rateale di pagamento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo.

Se, infatti, il profitto suscettibile di confisca corrisponde all’ammontare dell’imposta evasa, è solo con il pagamento che viene meno la sua ratio giustificatrice, id est la necessità di evitare che il conseguimento dell’indebito profitto del reato si consolidi in capo al reo; né dalla natura sanzionatoria della stessa si potrebbe inferire che essa debba sempre e comunque trovare applicazione (nel caso di accertamento della responsabilità), anche in caso di adempimento dell’obbligazione tributaria, posto che proprio con l’adempimento, sia pure tardivo, viene meno quel profitto del reato che la misura ablatoria è destinata ad aggredire.

E’ per tal ragione, pertanto, che il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca, nonostante l’intervenuta sanatoria fiscale, darebbe luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l’espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato.

A tanto si aggiunga che, come peraltro confortato dalla giurisprudenza civile e amministrativa, la “novazione” della obbligazione tributaria, secondo i canoni di cui agli artt. 1230 e ss. c.c., derivante dall’ammissione ad un piano di rateizzazione del debito è rilevante ai soli fini tributari, ma non priva le omissioni obiettivamente poste in essere dall’imputato di rilevanza penale. L’elemento oggettivo del reato, irreversibilmente perfezionatosi alle scadenze originariamente previste e non rispettate, infatti, non viene meno per effetto di un provvedimento che, pur avendo effetto novativo sul piano civilistico, non vanifica ex tunc il disvalore penale del fatto e, conseguentemente, la sanzione nella specie rappresentata dalla confisca per equivalente.

I suesposti principi devono ritenersi ancora validi, anche a seguito delle modifiche intervenute in punto di confisca per equivalente, per effetto della recente introduzione del d. Igs. n. 158 del 2015.

Nonostante la neointrodotta previsione ex art. 12 bis, comma 2, statuisca che “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro“, aggiungendosi, subito dopo, che “nel caso di versamento la confisca è sempre disposta“, il termine “impegno” ivi previsto e dalla Corte reputato a-tecnico, non significa che, ai fini dell’esclusione della confisca, basti la generica esternazione unilaterale del proposito di adempiere al pagamento, svincolata da ogni scadenza e da ogni obbligo formale nei confronti della controparte (conclusione quest’ultima che subordinerebbe l’operatività della sanzione, in contrasto con i criteri di logicità e ragionevolezza, a propositi unilaterali e per di più sforniti di ogni sanzione in caso di mancato rispetto dell’impegno assunto); né la locuzione “non opera” deve essere intesa nel senso che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma deve ritenersi che la stessa non è efficace con riguardo solo alla parte “coperta” dall’impegno “formalmente” assunto, salvo ad essere “disposta” in caso di mancato ottemperamento allo stesso. Proprio tale ultima previsione dimostra che la funzione del sequestro, pur a fronte dell’impegno a versare in toto la somma dovuta, è quella di garantire l’efficacia della confisca, in caso di inadempimento di quanto in precedenza promesso.

Da tutto ciò esposto, la Corte di Cassazione ha concluso che, “anche in presenza di un piano rateale di versamento, la confisca e il sequestro ad essa finalizzato continuano ad essere consentiti in relazione agli importi che non siano stati ancora corrisposti”.

 

 

Corte di cassazione – Terza sezione penale, sentenza n. 5728 dell’11/02/2016

 

SENTENZA

 

Sul ricorso proposto da:

 

Orsetto Floriana, n. a Sant’Elpidio a Mare il 24/03/1960;

 

avverso la ordinanza del Tribunale di Fermo in data 14/07/2015;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R. Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

 

RITENUTO IN FATTO

 

  1. Orsetto Floriana ha proposto ricorso nei confronti dell’ordinanza del 14/07/15 con cui il Tribunale di Fermo, in parziale accoglimento di istanza di riesame, disponeva che il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal G.i.p. dello stesso Tribunale per il reato di cui all’art. 10 bis del d. lgs. n. 74 del 2000 in relazione al mancato versamento, quale legale rappresentante della Malloni S.p.a., delle ritenute alla fonte e degli emolumenti per l’anno d’imposta 2013, venisse eseguito su beni del valore complessivo di euro 362.810,32 in Penale Sent. Sez. 3 Num. 5728 Anno 2016 Presidente: FIALE ALDO Relatore: ANDREAZZA GASTONE Data Udienza: 14/01/2016 Corte di Cassazione – copia non ufficiale luogo degli originari euro 409.969,72 confermando per il resto l’impugnato decreto.

 

  1. Lamenta con un unico motivo la violazione degli artt. 321 e 322 ter c.p.p., e 1, comma 143, I. n. 244 del 2007 alla luce della intervenuta rateizzazione del debito erariale. Deduce infatti, dopo avere premesso che la Malloni S.p.a. ha provveduto al versamento delle prime due rate previste dal dilazionamento previsto dalla Agenzia delle Entrate, che il carattere sanzionatorio della confisca per equivalente comporta che col versamento dell’imposta evasa viene meno la funzione sanzionatoria della confisca di valore sì che una volta che vi sia stato pagamento del debito tributario anche nelle sole forme delle speciali procedure conciliative previste dall’ordinamento fiscale o dell’adesione all’accertamento così come previsto del resto, con riguardo a circostanza attenuante e pene accessorie, dall’art.13 del d.lgs. n. 74 del 2000, la confisca ed il sequestro non possono più operare (come deriverebbe del resto anche dalla necessità di tenere conto della possibilità di osservare in caso di reati tributari le disposizioni dell’art. 322 ter c.p. “solo ove applicabili”). Quanto poi alla rateizzazione del debito d’imposta, la stessa comporta la sostituzione del debito tributario originario con uno diverso, conseguendone un effetto novativo non dissimile da quello originato dall’accoglimento della domanda di condono, come anche statuito da Cass. civ., n. 16984 del 2012 e dal Consiglio di Stato in adunanza plenaria n. 15 del 17 I 05/06/2013, confermativa delle sentenze n. 15 n. 1633 del 22/03/2013 e n.(..i 1 6084 del 18/11/2012.

Nella specie, dunque, stante l’avvenuta ammissione alla rateazione del debito erariale tra l’aprile ed il maggio del 2014, ovvero prima dell’emissione del decreto di sequestro preventivo, deve ritenersi che fossero insussistenti ab origine i presupposti della misura cautelare.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

  1. Il ricorso è infondato.

E’ incontroverso che, nella specie, a seguito dell’ammissione della Malloni S.p.a. alla rateizzazione dell’importo dovuto per omesso versamento delle ritenute d’acconto, sia stato versato, a titolo di prime tre rate, una complessiva somma di euro 47.159,04 tanto che il Tribunale del riesame ha corrispondentemente ridotto l’importo assoggettato a sequestro sino alla somma di euro 362.810,32 pari alla differenza tra il debito originario e la somma versata con ciò facendo 2 Corte di Cassazione – copia non ufficiale corretta applicazione dei principi sul punto affermati in più occasioni da questa Corte.

Infatti, anche da ultimo, si è ribadito che solo l’integrale pagamento del debito tributario, in virtù della necessità di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso, può condurre alla non operatività della confisca e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro imposto a tal fine, essendo invece insufficiente la mera ammissione ad un piano rateale di pagamento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 5681 del 27/11/2013, Crocco, Rv. 258691).

Si è più precisamente sottolineato, a tale riguardo, che, in virtù del fatto che il profitto suscettibile di confisca corrisponde all’ammontare dell’imposta evasa, col pagamento viene meno qualsiasi indebito vantaggio da aggredire col provvedimento ablatorio, ovvero, in sostanza, la stessa ragione giustificatrice della confisca, da rinvenirsi proprio nella necessità di evitare che il conseguimento dell’indebito profitto del reato si consolidi in capo al reo; né dalla natura sanzionatoria della confisca per equivalente può discendere la conclusione che essa debba sempre e comunque trovare applicazione (nel caso di accertamento della responsabilità), anche quando l’indagato abbia provveduto a sanare il suo debito verso l’erario giacché con l’adempimento, sia pure tardivo, dell’obbligazione tributaria, viene meno quel profitto del reato che la misura ablatoria è destinata ad aggredire.

E’ per tal ragione, pertanto, che il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca, nonostante l’intervenuta sanatoria fiscale, darebbe luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l’espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato (Sez, 3, n. 46726 del 12/07/2012, Lanzalone, Rv. 253851; Sez.6, 17.3.09 n. 26176, Sez. 23.11.2010 n. 45504).

Allo stesso tempo, però, come già precisato in inizio, proprio in virtù della necessaria corrispondenza tra pagamento del debito ed elisione del profitto, solo l’integrale pagamento può condurre alla inoperatività in toto della confisca per equivalente e, corrispondentemente, del sequestro ad essa finalizzato.

Di qui, dunque, da un lato, la legittimità dell’ordinanza impugnata che, come già detto, ha correttamente applicato i principi appena ricordati e, dall’altro, la infondatezza degli assunti difensivi volti nella sostanza a rimettere in discussione questi stessi principi sulla base di assunti tuttavia inconferenti rispetto alla ratio che ha condotto questa Corte ad una siffatta elaborazione.

Se, infatti, da un lato, la sottolineata natura di sanzione “accessoria” della confisca per equivalente non può condurre a conclusioni contrarie a quanto appena ricordato ma è anzi, come detto, il presupposto logico da cui le pronunce di questa Corte hanno mosso in vista della necessità di evitare duplicazioni afflittive, dall’altro, la invocata “novazione” della obbligazione tributaria che, secondo la ricorrente, confortata da pronunce della giurisprudenza civile ed amministrativa, deriverebbe dall’ammissione al piano rateale non può che restare rilevante ai soli fini tributari. Infatti, è ben vero che si è affermato come l’ammissione alla rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti e differendone l’esigibilità, dovrebbe implicare la sostituzione dell’originaria obbligazione a seguito dell’insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva di cui agli artt. 1230 e ss. c.c. (cfr. Consiglio di Stato in adunanza plenaria n. 15 del 05/06/2013; Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 1633 del 22/03/2013; Consiglio di Stato, Sez. 5, n. 6084 del 18/11/2011); e tuttavia, come già affermato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 32598 del 16/05/2014, P.G. contro Guercio, non massimata, sia pure in tema di contributi previdenziali), detta novazione non può certo comportare che le omissioni obiettivamente poste in essere dall’imputato vengano ad essere private di rilevanza penale, non potendo l’elemento oggettivo del reato, irreversibilmente perfezionatosi alle scadenze originariamente previste e non rispettate, venire meno per effetto di un provvedimento che, pur avendo effetto novativo sul piano civilistico, non può certo vanificare ex tunc il disvalore penale del fatto e, conseguentemente, la sanzione nella specie rappresentata dalla confisca per equivalente.

 

  1. Né a conclusioni diverse rispetto agli approdi giurisprudenziali di questa Corte già ricordati potrebbe giungersi per effetto delle modifiche intervenute in punto di confisca per equivalente, ove ritenute suscettibili di applicazione anche ai sequestri già in essere, a seguito della recente introduzione del d. Igs. n. 158 del 2015, entrato in vigore il 22/09/2015.

Tale intervento normativo è stato caratterizzato sotto un primo, generale, profilo, reso necessario da una più coerente collocazione, dalla abrogazione della previsione dell’art. 1 comma 143, della I. 24/12/2007, n.244 e dalla sua pressoché integrale riproposizione all’interno del novellato art. 12 bis del d. Igs. n. 74 del 2000 secondo cui, infatti, al comma 1, “nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Sotto un secondo profilo, poi, il legislatore del 2015 ha precisato, al comma 2 dell’art. 12 bis cit., che “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, aggiungendosi, subito dopo, che “nel caso di versamento la confisca è sempre disposta”.

E’ in particolare tale disposizione, proprio laddove la stessa appare contemplare la “non operatività” della confisca in caso di “impegno” a versare all’erario il debito d’imposta formatosi a seguito dell’evasione, che potrebbe far ritenere, a prima vista, non più sostenibile l’approdo giurisprudenziale rammentato in particolare, per quanto qui rilevante, in punto di sequestro; ma così, ad avviso del Collegio, non può ritenersi.

Un primo chiarimento si impone a proposito della nozione di “impegno” : la dizione, con tutta evidenza atecnica, utilizzata dalla norma, potrebbe suggerire come sufficiente ai fini dell’esclusione della confisca (nei termini di cui subito dopo si dirà) la mera esternazione unilaterale del proposito di adempiere al pagamento svincolata da ogni scadenza e da ogni obbligo formale nei confronti della controparte; ma una tale conclusione condurrebbe a far dipendere la operatività della sanzione, in contrasto con i criteri di logicità e ragionevolezza che devono sempre presiedere all’operazione interpretativa, e in maniera tale da condurre ad una sostanziale neutralizzazione generalizzata dell’istituto, da propositi unilaterali e per di più sforniti di ogni sanzione in caso di mancato rispetto dell’impegno assunto.

E’ per tale motivo, dunque, che non può non privilegiarsi una possibile seconda opzione interpretativa, ovvero quella volta a circoscrivere l’area di applicabilità della previsione ai soli casi di un obbligo assunto in maniera formale e nei quali non potrebbe non rientrare l’ipotesi di specie di un accordo per il pagamento rateale del debito d’imposta intervenuto con l’Agenzia delle Entrate.

Ciò che, tuttavia, escluderebbe che, nella specie, si possa giungere, come invocato dalla ricorrente, all’obliterazione del sequestro operato riposa, a ben vedere, nel secondo aspetto della norma analizzata, laddove cioè la stessa ammette che la confisca “non operi”, così letteralmente recitando il testo, pur “in presenza di sequestro” : ora, escluso per evidenti ragioni discendenti dalla necessità di attribuzione di un senso logico alla norma, che il legislatore abbia inteso costruire una disposizione intrinsecamente contraddittoria, ammettendo da un lato il sequestro e tuttavia, dall’altro, negando la ragione dello stesso posto che la confisca in vista della quale il sequestro ex art. 321, comma 2, c.p.p. sarebbe disposto non potrebbe essere adottata, deve necessariamente ritenersi che la locuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata ma che la stessa non divenga, più semplicemente, efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno salvo ad essere “disposta”, come recita il comma 2 dell’art. 12 bis cit., allorquando l’impegno non venga rispettato e il versamento “promesso” non si verifichi; e proprio tale ultima previsione finale pare, anzi, dimostrare che la funzione del sequestro, pur a fronte di impegno a versare in toto la somma dovuta, sarebbe proprio quella di garantire l’efficacia della confisca una volta constatato l’eventuale inadempimento di quanto in precedenza promesso.

Da tutto ciò esposto, dunque, deriva che, anche in presenza di piano rateale di versamento, la confisca continua ad essere consentita per gli importi che non siano stati ancora corrisposti così continuando ad essere consentito anche il sequestro a detta confisca finalizzato.

 

  1. In definitiva, dunque, il ricorso, infondato, va rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 14 gennaio 2016 Il Presidente