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I NUOVI CRITERI DI LIQUIDAZIONE ONORARI AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO: IL PRIMO PROVVEDIMENTO È DEL TRIBUNALE DI NAPOLI.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

I NUOVI CRITERI DI LIQUIDAZIONE ONORARI AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO: IL PRIMO PROVVEDIMENTO È DEL TRIBUNALE DI NAPOLI.

Sequestro ex art. 20 d.lgs. 159 del 6 settembre 2011 (codice antimafia) – criteri di liquidazione onorari amministratore giudiziario – valore dei “beni costituiti in azienda”applicazione art. 3 comma I lett. a) d.P.R. n. 177/2015

 

Sequestro ex art. 20 d.lgs. 159 del 6 settembre 2011 (codice antimafia) – acconto onorari amministratore giudiziario ex art. 42, 5° comma d.lgs. 159 del 6 settembre 2011 (codice antimafia) – criteri di quantificazione dell’acconto

 

Nella quantificazione degli onorari spettanti all’amministratore giudiziario, nominato nell’ambito di una procedura di sequestro antimafia, il valore dei “beni costituiti in azienda” di cui all’art. 3 comma I lett. a), d.P.R. n. 177/2015, è rappresentato dall’attivo “contabile”, come risultante dall’ultimo bilancio approvato nel corso della procedura e/o dall’ultima situazione contabile patrimoniale disponibile. (Roberto Ranucci) (riproduzione riservata).

 L’acconto sugli onorari spettanti all’amministratore giudiziario, nominato nell’ambito di una procedura di sequestro antimafia, deve essere quantificato nella quota parte, per il periodo di attività svolta, del corrispettivo totale liquidabile per la ipotizzata durata massima della procedura prospettata dal legislatore delegato (ossia 30 mesi). (Roberto Ranucci) (riproduzione riservata).

 

Tribunale di Napoli Ufficio Gip 15 febbraio 2016 – est. Dott.ssa Livia De Gennaro

TRIBUNALE DI NAPOLI

UFFICIO GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI

SEZIONE VI

Proc nr.

 

Il Giudice dr Livia De Gennaro, in relazione alla istanza di liquidazione del primo acconto sul compenso finale depositata in data 2.2.2016, relativa ai primi sei mesi di gestione formulata dai nominati amministratori giudiziari sulla base dei parametri introdotti dal d.p.r.  nr 177 del 7.10.2015, osserva quanto segue.

  • Premessa

 

 

In data 20.7.2015,  veniva data esecuzione al sequestro preventivo disposto con provvedimento del 13.7.015 avente ad oggetto le seguenti aziende:

1 x

2 x

3 x

4 x

5 x

6 x

7 x

8 x

9 x

10 x

Il Tribunale del Riesame , con ordinanza del  12.8.2015, ha dissequestrato la xxxx e la xxxxxs che, dunque, non fanno più parte del compendio aziendale.

Dietro richiesta di questo Giudice, in data 24.9.015 gli amministratori giudiziari depositavano nota informativa attestante le società inattive e inoperative già alla data del sequestro. Sulla scorta di quanto evidenziato dagli amministratori giudiziari. Risultavano inattive ed inoperative le seguenti società : 1xxxxxxx ; 2. xxxxxx , 3. xxxxxx 4. xxxxxx

Questo Giudice , in relazione alle predette società evidenziava, con provvedimento reso il 30.10.015 che occorreva avviare la procedura di liquidazione e la cancellazione delle stesse.

E’ stata depositato dagli amministratori giudiziari , nel termine semestrale indicato dalla legge, la relazione finalizzata alla decisione in merito alla prosecuzione della attività aziendale e/o messa in liquidazione , come richiesto dal Giudice con provvedimento del 10.10.015

 

  • Criteri applicati per la determinazione del compenso

 

Il compenso degli amministratori giudiziari (dr. ********* e ********* coadiuvati da avv ************* e dal dott **************), sono stati calcolati considerando esclusivamente la categoria dei beni costituiti da imprese/aziende .

Correttamente gli amministratori giudiziari hanno utilizzato come base di  calcolo del compenso il solo valore dei complessi aziendali delle società attive: ciò consente, allo stato, di quantificare il compenso dovuto a titolo di acconto in maniera più precisa e adeguata al caso concreto ed al lavoro effettivamente svolto, evitando liquidazione che, all’esito della procedura, potrebbero risultare maggiori del compenso effettivamente dovuto tenuto conto che le società inattive saranno, a breve, poste in liquidazione e, sussistendone i presupposti, dichiarate fallite dalla autorità giudiziaria competente.

Giova in primo luogo rilevare che la possibilità di concedere acconti sul compenso finale trova la sua fonte normativa non già nel dpr 177/15 che si occupa delle modalità di calcolo delle tariffe bensì nell’art. 42 del d.lgs 159/2011 che, come è noto, disciplina le spese , i compensi ed i rimborsi degli amministratori giudiziari. Al comma 5 il legislatore del codice antimafia ha previsto che il Tribunale , in relazione alla durata dell’amministrazione e per gli altri giustificati motivi, concede su richiesta dell’amministratore e, sentito il giudice delegato, acconti sul compenso finale.

Ora, sulla scorta delle indicazioni di cui al dpr n. 177/2015, al fine della determinazione del compenso, l’attività posta in essere  è da ricondursi a quanto previsto all’art. 3 , comma I , lett a) del predetto dispositivo di legge, ossia che la gestione del complesso di imprese oggetto di sequestro si è esplicata in una “diretta gestione dell’amministratore giudiziario”.

Il nuovo dettato normativo individua nel valore del complesso aziendale il parametro da cui procedere alla quantificazione dei compensi, mediante l’applicazione di specifiche percentuali suddivise per scaglioni . L’art 3 del decreto stabilisce infatti che per i beni costituiti in azienda , quando sono oggetto di diretta gestione da parte dell’amministratore giudiziario, i compensi devono consistere in una percentuale calcolata sul valore del complesso aziendale.

Al fine di comprendere  il significato di tale espressione, pare opportuno partire dalla fonte primaria contenuta nell’art. 8 comma 2 del dlgs 14/2010 dove si fa riferimento a “scaglioni commisurati al valore dei beni costituiti in azienda” ( il decreto de quo reca “Istituzione dell’Albo degli amministratori giudiziari , a norma dell’art. 2, comma 13 della legge 15 luglio 2009, nr 94 e l’art. 8, con riferimento alla individuazione dei criteri di liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari, ha rinviato la fissazione degli stessi alla fonte secondaria) .

Il regolamento, fonte di rango inferiore, facendo riferimento al valore del complesso aziendale, non si discosta dal criterio del valore dei beni costituiti in azienda.

Pertanto, tenuto conto della interpretazione delle norme citate, le percentuali previste dal decreto dovranno essere rapportate al valore dei beni (materiali ed immateriali) costituiti in azienda, desumibili dall’attivo di bilancio e stimati dallo stesso amministratore nella relazione iniziale il quale, per prassi, provvede a valorizzare l’attivo partendo dal dato contabile per poi operare le necessarie rettifiche in aumento e/o in diminuzione per adeguarli al valore di mercato.

Sul punto, va rilevato che ha indotto confusione la relazione nel commento dell’art. 3 laddove si afferma che “le richiamate disposizioni primarie del d.lgs nr. 14 del 2010 impongono di determinare il compenso sul valore dell’azienda , da determinare in ogni caso detraendo i debiti, impedendo così il ricorso a criteri diversi commisurati su indici contabili che non tengano conto della esposizione debitoria della impresa.” La detrazione dei debiti non è prevista da nessuna delle norme in esame. Se così fosse ci si troverebbe infatti in situazioni paradossali : in una azienda di rilevanti dimensioni , con un attivo costituito da crediti, merci, attrezzature, impianti, avviamento, brevetti ed altro, magari per milioni di euro, ma particolarmente indebitata (ipotesi questa non infrequente) per un valore analogo a quello dell’attivo o addirittura superiore all’attivo. In questo caso all’amministratore giudiziario non spetterebbe nulla .

Secondo una semplicistica interpretazione fornita dalla Relazione Governativa che accompagna il dpr nr 177/2015  “..la valutazione dell’azienda può essere alternativamente effettuata ricorrendo al metodo patrimoniale , o reddituale, o misto…”(Relazione Governativa) .

A tale riguardo, è invece necessario sottolineare come l’individuazione del valore del “bene costituito in azienda” (come recita puntualmente l’art. 8 comma 2 punto a) del d.lgs n 14/2010) deve essere frutto di una  attenta analisi tecnico-giuridica e finanziaria e quindi : – deve essere il risultato di uno specifico lavoro peritale , svolto possibilmente da e/o con l’ausilio di un soggetto terzo “esperto” (cfr art. 60 dl.gs n. 159/2011), rispetto agli  amministratori giudiziari (onde evitare possibili censure da “conflitto di interessi”), ovvero il prodotto di una attenta ponderata e prudente analisi finalizzata specificamente alla individuazione di tale grandezza, facendo emergere tutti i “plusvalori” (quali l’avviamento aziendale, così come eventuali “passività” latenti ); – deve essere avulsa dalle debitorie che insistono su ogni singola impresa attratta al sequestro in quanto le stesse sono conoscibili solo all’esito del riconoscimento “procedurale” dei valori di debito (verifica dei crediti di cui agli artt  52 e ss del d.lgs n. 159/2011) e non seguono le sorti del “patrimonio aziendale”  – destinato alla vendita ai sensi dell’art. 60 del d.lgs nr 159/011 ovvero alla vendita e/o al comodato /affitto a dipendenti e/o terzi ai sensi dell’art. 48 punto 8 del d.lgs n 159/2011- ma, proprio in applicazione delle richiamate norme (artt 60 e ss del d.lgs 159/011) vengono eventualmente soddisfatte da un separato e più ampio procedimento liquidatorio “endo-procedurale”.

In definitiva, per quanto sopra esposto, in una logica “prudenziale” e coerente con il quadro normativo della procedura, sopra richiamato, si ritiene opportuno parametrare il valore dei “beni costituiti in azienda” di cui all’art. 3 comma I lett a) , al dato certo ed ufficialmente disponibile degli attivi “contabili” delle imprese in sequestro, come da ultimi bilanci approvati nel corso della procedura e/0 da ultime situazioni patrimoniali disponibili .

Secondo quanto sostenuto nella Relazione Governativa, il compenso che viene a determinarsi dovrebbe essere riferibile al “compenso dovuto sino alla confisca di primo grado (il cui procedimento può durare non più di trenta mesi, a norma dell’art. 24, comma 2 del Codice Antimafia…” . Tale circostanza, ovvero l’assenza di un “parametro temporale” previsto dalla tariffa costituisce un “vulnus” insuperabile della normativa vigente in quanto frutto della erronea visione “liquidatoria” di una procedura che , in particolare nella fase di primo grado , non può che essere di natura “conservativa” e “gestoria” in una logica di continuità aziendale , coerente alla natura cautelare del procedimento.

Tuttavia, si ritiene, prudenzialmente, in questa fase seguire la logica indicata dal legislatore ed individuare nella durata di trenta mesi il parametro da utilizzare per la determinazione del presente acconto (riferito ad un primo periodo di nr 6 mesi di amministrazione ) .

Ai sensi dell’art. 3 comma 4° del dpr in  oggetto, va corrisposto , con riferimento ai dati contabili ufficiali, anche un ulteriore compenso del 5% sugli utili netti e dello 0,50 % sull’ammontare dei ricavi lordi conseguiti .

Tenuto conto del circoscritto periodo di gestione e del fatto che la gestione effettiva ha riguardato tre aziende in quanto le restanti oggetto di sequestro risultano inattive ed in operative, si ritiene di non applicare le maggiorazioni previste dall’art. 4 comma 1 del dpr , richiesta dagli amministratori. Poiché l’incarico è stato conferito ad un collegio di amministratori va applicato l’aumento previsto dall’art. 5 comma 1 ma nella misura del 20% tenuto conto del numero di imprese di fatto gestite da due amministratori.

Va applicato l’art. 3 comma 8 riconoscendo agli amministratori giudiziari un rimborso forfettario delle spese generali che va riconosciuto nella misura del 5%

Non va invece riconosciuto alcun rimborso ai coadiutori non essendo state documentate e riepilogate le spese  sostenute ; sul punto va anche precisato che il dott. ******** e ******** si sono opportunamente dimessi in data 15.9.2015 in quanto la maggior parte delle aziende di cui al sequestro in oggetto erano inattive e non richiedevano pertanto una gestione di ulteriori coadiutori. Posto che all’esito del provvedimento di messa in liquidazione e/o continuità aziendale che sarà a breve depositato da questo Giudice, potrebbero essere poste in liquidazione altre società , saranno altrettanto opportunamente valutate dai due coadiutori ancora in carica le proprie dimissioni .In base al principio generale contenuto nell’art. 42 del d.lgs 159/11, le spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni sono sostenute dall’amministratore giudiziario mediante prelevamento dalle somme riscosse a qualunque titolo ovvero sequestrate, confiscate o comunque nella disponibilità del procedimento e solo in via residuale, devono essere anticipate dall’erario.

Ad integrare la disciplina contenuta nell’art. 42 soccorre l’art. 35 comma 9 dello stesso codice antimafia il quale prevede espressamente che “nel caso di trasferimento fuori della residenza , all’amministratore giudiziario spetta il trattamento previsto dalle disposizioni vigenti per i dirigenti di seconda fascia dello Stato”. Le medesime disposizioni dettate dal codice antimafia per l’amministratore giudiziario trovano applicazione anche per il coadiutore nominato dall’ANBSC in base all’art. 38 comma 3 secondo cui “dopo il decreto di confisca di primo grado , l’amministrazione dei beni è conferita alla Agenzia ,la quale può farsi coadiuvare , sotto la propria responsabilità , da tecnici o da altri soggetti qualificati, retribuiti secondo modalità previste per l’amministratore giudiziario” .

Sul punto il comma 8 dell’art. 3 del dpr 177/15 prevede esplicitamente che sono rimborsate le spese effettivamente sostenute e documentate.  Per quanto riguarda i criteri per la liquidazione delle spese generali , i costi dei coadiutori dei quali l’amministratore eventualmente si avvale non rilevano ai fini della quantificazione del compenso perché, si legge nella relazione di accompagnamento “ricompresi tra le spese delle quali l’amministratore ha diritto al rimborso, sempre che effettivamente sostenute e documentate. In accoglimento del parere reso dal Consiglio di Stato è stato chiarito che i costi dei coadiutori costituiscono spese vive rimborsabili e non spese generali”.

Va infine considerato che in relazione alla quantificazione dei compensi , il valore del compenso in parola va prudenzialmente calcolato, in primis, in termini di corrispettivo liquidabile per la ipotizzata durata “massima” della procedura ovvero nr 30 mesi (da considerare che il valore dei ricavi tenderà , come naturale che sia, ad incrementarsi per effetto dello svolgersi della gestione) .

Quindi , il corrispettivo richiesto in acconto per nr 6 mesi di attività di amministrazione giudiziaria è stato individuato applicando sul totale calcolato per la ipotizzata durata “massima” della procedura prospettata dal legislatore delegato (nr 30 mesi , come sostenuto dalla Relazione Governativa al dpr n. 177/2015 ) una teorica “percentuale di completamento” della procedura pari al  20%, ovvero il coefficiente ottenuto dal rapporto tra nr 6 mesi e nr 30 mesi .

Ora, tenuto conto: – che l’attivo della società xxxxxxxxxxxxxio è pari a 2.138.142,85 , che gli utili sono pari a 159.924,17 e i ricavi a 1.958,01; – che l’attivo della xxxxxxxxxx  è pari a 1.198.676,00 , che gli utili sono pari a 43.527,00 ed i ricavi a 699.838,00; – che l’attivo dellaxxxxxxxxxxxxxl è di euro 1.164.165,80, che gli utili sono pari a 314.801,58 ed i ricavi pari a 3.380.447,00 e in applicazione dei parametri e percentuali sopra esposti (cfr foglio excell che si allega e che forma parte integrante del presente provvedimento), va liquidata in favore degli amministratori giudiziari la somma di euro 24.931,80 (ciascuno) (era stata richiesta la somma di e. 42952,23 ciascuno).

La somma è posta a carico delle risorse disponibili nella intera procedura, previa attestazione, da rilasciarsi a cura degli amministratori che vi sia la capienza necessaria e che il prelievo non pregiudichi la gestione dei beni. Ove tali presupposti non sussistano, è posta a carico dell’erario.

 

P.Q.M

Liquida in favore degli amministratori la somma complessiva di 24.931,80 (per ciascuno) La somma è posta a carico delle risorse disponibili nella intera procedura, previa attestazione , da rilasciarsi a cura degli amministratori che vi sia la capienza necessaria e che il prelievo non pregiudichi la gestione dei beni. Ove tali presupposti non sussistano, è posta a carico dell’erario.

Napoli, 15.2.2016

IL GIUDICE

  1. Livia De Gennaro