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Il principio di rotazione negli appalti pubblici

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Il principio di rotazione negli appalti pubblici

Sebbene il principio di rotazione – menzionato più volte nel Codice dei contratti pubblici (cfr. art. 57 comma 6, art. 59 comma 7, art. 122 comma 7, art. 123  comma 11) – si ponga come principio generale che, insieme a quello di trasparenza e di concorrenza, deve sempre informare le procedure di affidamento degli appalti pubblici, con la sentenza n° 3119 dell’11.03.2016, il T.A.R. Lazio – Roma, sez. II, ha precisato che esso non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti.

Nello specifico, trattasi di principio strumentale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, precludendo di riconoscere in capo al precedente affidatario del servizio una pretesa qualificata ad essere ulteriormente invitato alla procedura indetta per riaffidare il medesimo servizio.

Ebbene, come affermato dal Tribunale capitolino con la sentenza in esame “la sua episodica mancata applicazione non vale ex se ad inficiare gli esiti di una gara già espletata, una volta che questa si sia conclusa con l’aggiudicazione in favore di un soggetto già in precedenza invitato a simili selezioni (ovvero già affidatario del servizio) […] la prevalente giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso di privilegiare i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare (anche) l’affidatario uscente a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale”.

All’evidenza, ciò vale tanto più quando risulti comprovato che la gara si sia svolta nel rispetto del principio di trasparenza e di parità di trattamento e si sia conclusa con l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa per la stazione appaltante, senza che nel giudizio comparativo abbia inciso la pregressa esperienza specifica maturata dall’impresa aggiudicataria nella veste di partner contrattuale dell’amministrazione aggiudicatrice.

T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 11-03-2016, n. 3119

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14266 del 2015, integrato con motivi aggiunti, proposto dalla Società L.T. Scarl – CLT, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino e Franco Coccoli, con domicilio eletto in Roma, viale Parioli n. 180, presso l’avvocato Mario Sanino;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi D’Ottavi, dell’Avvocatura comunale, con il quale è domiciliato per legge in Roma, via Tempio di Giove n. 21;

nei confronti di

società M.P. 95 Srl, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sergio Caracciolo, con domicilio eletto in Roma, via Appia Nuova n. 225;

per l’annullamento

– quanto al ricorso introduttivo, della determinazione dirigenziale del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale n. 1498 in data 3 novembre 2015 – con la quale sono state disposte l’esclusione della società ricorrente dalla gara informale, indetta ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento della concessione del servizio di rimozione veicoli in sosta d’intralcio e/o pericolo nel territorio di Roma Capitale, la non convalida dell’aggiudicazione provvisoria disposta in favore della medesima società, l’escussione del deposito cauzionale provvisorio e la segnalazione all’ANAC – nonché della lettera di invito prot. n. (…) del 17 giugno 2015 e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresi la determinazione dirigenziale del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale n. 1535 del 16 novembre 2015, con la quale è stata indetta una nuova procedura negoziata, ai sensi dell’art. 57, comma 2, del codice degli appalti, e gli atti di tale procedura negoziata, nella parte in cui la stazione appaltante ha deciso di non invitare la società ricorrente;

– quanto al ricorso per motivi aggiunti, dei medesimi atti già impugnati con il ricorso introduttivo, nonché della nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015 – con la quale il Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale, nel riscontrare l’apposita diffida della società ricorrente, si è determinato nel senso di non intervenire in autotutela sul suddetto provvedimento di esclusione e di non invitare la società alla nuova procedura negoziata indetta ai sensi dell’art. 57, comma 2, del codice degli appalti – nonché della determinazione dirigenziale del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale n. 1500 del 4 novembre 2015 – con la quale, a seguito dell’esclusione della società ricorrente, è stato provvisoriamente disposto l’affidamento del servizio ad altri soggetti (i gestori dei depositi giudiziari autorizzati dalla Prefettura di Roma) – e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compreso, se intervenuto, il provvedimento di aggiudicazione della nuova procedura negoziata indetta con la suddetta determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della società M.P. 95 Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2016 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Svolgimento del processo

 

  1. In punto di fatto la società CLT con il ricorso introduttivo riferisce quanto segue: A) essa ha gestito per circa dieci anni (sino all’adozione dell’impugnato provvedimento di esclusione) il servizio di rimozione dei veicoli in sosta d’intralcio nel territorio di Roma Capitale, in virtù dell’affidamento risalente al 2005 e delle diverse proroghe che si sono succedute nel corso degli anni in ragione della “conclamata incapacità” dell’Amministrazione capitolina di indire una nuova procedura selettiva, resa palese dal fatto che questa Sezione ha annullato (cfr. la sentenza n. 10610 del 2015) la procedura di gara bandita nel 2014 per le medesime ragioni che avevano già determinato l’annullamento (cfr. la sentenza n. 109 del 2011) della precedente procedura di gara bandita nel 2014; B) in data 18 maggio 2015 è stato pubblicato un avviso finalizzato ad acquisire manifestazioni di interesse a partecipare ad una gara informale, indetta ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento della concessione del servizio di rimozione veicoli in sosta d’intralcio e/o pericolo nel territorio di Roma Capitale; C) avendo manifestato il proprio interesse, essa con nota prot. n. (…) del 17 giugno 2015 è stata invitata a partecipare alla gara ed ha, quindi, presentato un’offerta indicando di concorrere per le società consorziate A. Srl e A. Srl; D) con determinazione dirigenziale n. 855 del 26 giugno 2015 è stata disposta in suo favore l’aggiudicazione provvisoria; E) tuttavia la stazione appaltante, all’esito delle verifiche espletate ha rilevato delle irregolarità nei confronti della società consorziate A. Srl (cfr. nota del 14 agosto 2015) e A. Srl (cfr. nota del 20 agosto 2015); F) nonostante i chiarimenti forniti alla stazione appaltante, con l’impugnata determinazione dirigenziale n. 1498 in data 3 novembre 2015 è stata disposta la sua esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti, nonché l’escussione del deposito cauzionale e la segnalazione all’ANAC ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter, del codice degli appalti; G) per effetto di tale provvedimento con l’impugnata determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015 è stata indetta una nuova procedura negoziata, ai sensi dell’art. 57, comma 2, del codice degli appalti, per l’affidamento del servizio in questione, senza invitare la società ricorrente.
  2. Avverso i provvedimenti impugnati la ricorrente deduce quindi le seguenti censure.
  3. I) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30, 34 e ss., 38, 57 e ss. del codice degli appalti; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, illogicità manifesta, irragionevolezza e sviamento di potere. La ricorrente – premesso che essa si configura come un consorzio stabile, costituito in forma di società consortile ai sensi dell’art. 2615-ter cod. civ. e nell’offerta tecnica presentata a seguito dell’invito della stazione appaltante, ha anche dichiarato di concorrere per una serie di consorziati, tra i quali le società A. ed A. – evidenzia che: A) a differenza delle altre tipologie di consorzio e dei raggruppamenti temporanei di imprese, il consorzio stabile è un soggetto dotato di personalità giuridica autonoma e distinta da quella dei singoli consorziati; B) il consorzio stabile può, quindi, di volta in volta determinarsi ad operare ed eseguire lavori in proprio, ovvero mediante affidamento ad uno o più soggetti consorziati, sicché l’indicazione dei consorziati per i quali il consorzio concorre costituisce una mera facoltà, e non un obbligo, ben potendo il consorzio eseguire i lavori in proprio; C) costituisce corollario di tali principi l’inapplicabilità ai consorzi stabili del principio di immodificabilità soggettiva, sancito dall’art. 37 del codice degli appalti, sicché eventuali mutamenti interni al consorzio rilevano solo come mutamenti di rapporti interorganici interni alla struttura, senza assumere valenza intersoggettiva, con l’ulteriore conseguenza che il consorzio può designare una diversa impresa come esecutrice, laddove per motivi sopravvenuti quella originariamente designata non sia in condizione di eseguire la prestazione; D) la deroga al principio di immodificabilità soggettiva, sancito dall’art. 37 del codice degli appalti, non può non riflettersi anche sul possesso e sulla verifica dei requisiti, dovendosi ritenere che – se il consorzio stabile possiede i requisiti per partecipare autonomamente (ovvero per conto di altri consorziati designati) alla gara – la mancanza dei requisiti in capo a due dei consorziati designati non possa precludere la partecipazione del consorzio (e degli altri consorziati eventualmente designati); E) di conseguenza sarebbe contraddittorio ed irragionevole, da un lato, consentire al consorzio stabile aggiudicatario di un appalto di eseguire l’appalto a mezzo di consorziati diversi da quelli designati in sede di gara e, dall’altro, escludere per il mancato possesso dei requisiti di partecipazione da parte di un consorziato designato quale esecutore dell’appalto, il consorzio stabile che sia comunque in possesso dei requisiti per la esecuzione del medesimo appalto. Ciò posto la ricorrente deduce che l’impugnato provvedimento di esclusione risulta illegittimo in quanto adottato in violazione dei descritti principi in tema di consorzi stabili. Difatti la stazione appaltante, anche in ragione della natura derogatoria ed informale della procedura negoziata in questione, ben avrebbe potuto precludere l’esecuzione del servizio ai due consorziati asseritamente privi dei requisiti, ovvero acquisire da parte della ricorrente medesima una revoca della dichiarazione presentata in sede di offerta, con cui dichiara di concorrere (anche, ma non solo) per i predetti consorziati. Del resto le considerazioni sin qui svolte varrebbero a maggior ragione per le procedure per l’affidamento di concessioni di servizi, come quella di cui trattasi, perché l’art. 30 del codice degli appalti dispone che alle concessioni di servizi non sono applicabili (salve le limitate eccezioni previste al comma 1) le prescrizioni del codice stesso e si limita a prescrivere (al comma 3) che la scelta del concessionario sia effettuata “nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi”. Difatti, se è vero che il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del codice degli appalti costituisce principio di carattere generale e di matrice comunitaria, come tale senz’altro applicabile anche alle procedure per l’affidamento delle concessioni, è altrettanto vero che alle predette concessioni non è applicabile la stringente disciplina codicistica attuativa di detto principio e, in particolare, la stringente disciplina sulla verifica dei predetti requisiti. In altre parole, secondo la ricorrente, fermo restando il principio di cui all’art. 38 del codice degli appalti, secondo il quale sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di gara i soggetti privi dei requisiti ivi indicati, tale principio non implicherebbe tuttavia che la carenza dei predetti requisiti in capo ad un consorziato designato quale esecutore del servizio comporti automaticamente l’esclusione del consorzio stabile di cui fa parte e di altri consorziati che siano in possesso dei prescritti requisiti. Del resto, ad ulteriore conferma della ingiustizia e della irragionevolezza dell’impugnato provvedimento di esclusione varrebbero anche le seguenti circostanze di fatto: A) le due consorziate A. e A. non hanno mai svolto alcuno dei servizi di rimozione in questione, né nel corso del precedente appalto, né nel corso dell’affidamento provvisorio avvenuto a seguito della aggiudicazione con riserva della concessione in esame; B) l’indicazione dei consorziati per i quali la ricorrente ha dichiarato di concorrere non comportava necessariamente ed automaticamente l’assegnazione a tali consorziati dei servizi oggetto di concessione perché, ai sensi dello statuto del consorzio avrebbe dovuto essere effettuata con delibera del Consiglio di Amministrazione della ricorrente medesima.
  4. II) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30, 34 e ss., 38, 57 e ss. del codice degli appalti; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, illogicità manifesta, irragionevolezza e sviamento di potere. La ricorrente contesta l’esistenza delle irregolarità rilevate in capo alle consorziate A. e A. e che hanno determinato la sua esclusione dalla gara. In particolare la ricorrente – premesso che, con riferimento alla società A., la stazione appaltante dall’attestazione di regolarità fiscale trasmessa dall’Agenzia delle Entrate ha rilevato “la seguente violazione definitivamente accertata: Ricorso avverso l’AVV. RETT. E LIQ. 2007 S. 1T N. 001067-000 A 001 per l’anno d’imposta 2007, relativo alla società in oggetto deciso in I Grado con esito parzialmente favorevole all’ufficio con importo accertato di Euro 215.284,00” – afferma che l’errore commesso da controparte è davvero macroscopico, ed ancor più ingiustificato se si considera la stazione appaltante non ha tenuto alcun conto dei chiarimenti ricevuti. Difatti si deve considerare quanto segue: A) l’importo di Euro 215.284,00 non è altro che il valore accertato dall’Agenzia delle Entrate, in relazione all’acquisto di un terreno da parte della società A.; B) tale valore, a seguito di ricorso presentato dalla società A., è stato rideterminato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma in Euro 182.122,50; C) su tale valore l’Agenzia delle Entrate non ha ancora proceduto alla liquidazione delle imposte dovute, come si può evince dalla certificazione rilasciata dalla medesima Agenzia delle Entrate in atti, dalla quale risulta che solo in data 13 novembre 2015 (ossia dopo l’adozione del provvedimento di esclusione) l’Agenzia delle Entrate ha provveduto alla iscrizione nel Ruolo 902245 dell’importo di Euro 38.297,99 a titolo di imposte e relativi interessi e sanzioni, con previsione di consegna al concessionario per la riscossione in data 10 dicembre 2015. Si deve, quindi, escludere la ricorrenza della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti, relativa a violazioni “definitivamente accertate”, perché ad oggi nessuna richiesta di pagamento del predetto importo, né il relativo ruolo sono stati recapitati alla società A.. Inoltre con riferimento all’irregolarità contestata alla società A., concernente il mancato pagamento di due cartelle esattoriali (la n. 09720140092209401 per l’anno d’imposta 2010 per Euro 14.445,05 e la n. (…) per l’anno d’imposta 2008 per Euro 22.572,91) che sarebbero state notificate (rispettivamente) in data 17 giugno 2014 e in data 14 novembre 2013, la società ricorrente deduce quanto segue: A) la società A. non ha mai ricevuto la notifica delle due cartelle esattoriali ed ha avuto conoscenza delle stesse soltanto a seguito della richiesta di chiarimenti inviata dalla stazione appaltante dopo l’aggiudicazione provvisoria; B) la società A. ha quindi, immediatamente e prudenzialmente, presentato ad Equitalia Sud S.p.a. un’istanza di rateazione dei predetti carichi tributari ed ha contestualmente impugnato le predette cartelle esattoriali dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma in ragione del mancato ricevimento della notifica delle stesse, chiedendone la declaratoria di inefficacia; C) la predetta Commissione Tributaria con decreto del 18 novembre 2015 ha disposto la provvisoria sospensione dell’esecuzione delle indicate cartelle esattoriali sino alla decisione di merito. Risulterebbe, quindi, illegittima anche la seconda delle ragioni che ha determinato l’esclusione della ricorrente, perché questo stesso Tribunale (T.A.R. Lazio Roma, Sez. III-Ter, 12 novembre 2015, n. 12842) ha affermato che la sospensione della cartella esattoriale non consente di ritenere la violazione “definitivamente accertata”.

III) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30, 34 e ss., 38, 57 e ss. del codice degli appalti; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, illogicità manifesta, irragionevolezza e sviamento di potere. La ricorrente sostiene che il provvedimento di esclusione è comunque illegittimo anche nella parte in cui sono state disposte l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione. In particolare, con riferimento all’escussione della cauzione provvisoria, la ricorrente, dopo aver ribadito che la procedura in questione concernendo l’affidamento di una concessione di servizi è sottratta all’applicazione delle disposizioni del codice degli appalti, deduce l’inapplicabilità delle disposizioni che disciplinano l’escussione della cauzione provvisoria – e, in particolare, dell’art. 75, comma 6, del codice degli appalti, secondo il quale la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario – evidenziando che, secondo la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 luglio 2010, n. 4510) tale disposizione non costituisce espressione di principi generali e comunitari in materia di appalti. Comunque nel caso di specie non sarebbe ravvisabile un “fatto dell’affidatario” in quanto: A) non sono ascrivibili alla ricorrente medesima le violazioni contestate, direttamente riconducibili alle società A. e A.; B) non è ascrivibile alla ricorrente medesima alcuna falsa e/o omessa dichiarazione, perché le dichiarazioni in ordine ai requisiti di ordine generale sono state autonomamente presentate dalle predette società (in fase di indagine esplorativa) e la disciplina di gara non prescriveva dichiarazioni per conto dei consorziati nella fase di presentazione delle offerte. Inoltre, secondo la ricorrente, posto che l’escussione della cauzione è prevista soltanto dall’art. 48 del codice degli appalti per il caso di mancanza dei requisiti speciali, rileverebbe il fatto che anche l’art. 48 è stato ritenuto inapplicabile alle concessioni di servizi oltre che nella parte in cui prevede la segnalazione alla autorità di vigilanza, anche in quella in cui prevede l’incameramento della cauzione provvisoria, salvo che la lex specialis non disponga diversamente (Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1370) e nel caso in esame la lex specialis non contiene alcuna previsione sulle modalità e sulle condizioni di escussione della cauzione provvisoria, limitandosi la lettera di invito a prevedere la costituzione di un deposito cauzionale a garanzia dell’offerta. Infine, in ragione dei medesimi principi normativi e giurisprudenziali dinanzi richiamati, sarebbe illegittimo anche il provvedimento con cui è stata disposta la segnalazione dell’esclusione all’ANAC. Del resto, anche a voler ritenere che, nel caso di specie, la segnalazione sia stata effettuata ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter, del codice degli appalti, il provvedimento impugnato sarebbe viziato in quanto tale articolo presuppone la presentazione di una “falsa dichiarazione” ovvero di “falsa documentazione”, circostanza che, nel caso di specie, non è ravvisabile per le ragioni già dedotte in precedenza.

  1. IV) Illegittimità in via derivata della determinazione di indizione della nuova procedura negoziata. La ricorrente – premesso che la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015, con la quale è stata indetta una nuova procedura negoziata, ha come unico presupposto il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha disposto la sua esclusione dalla precedente procedura, dichiarando deserta la gara – sostiene che anche tale provvedimento deve ritenersi viziato, in via derivata, per effetto dei vizi che inficiano la precedente determinazione dirigenziale n. 1498 in data 3 novembre 2015.
  2. V) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e 57 del codice degli appalti; violazione dei principi di massima partecipazione, par condicio e concorrenza; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, illogicità manifesta, irragionevolezza e sviamento di potere. In via subordinata la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti della nuova procedura di gara indetta con la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015, nella parte in cui – pur avendo essa formalmente manifestato il proprio interesse a prendere parte alla gara, con atto di diffida del 23 novembre 2015 – non le è stato consentito di partecipare a causa del mancato invito. In particolare, secondo la ricorrente, il mancato invito è illegittimo sia perché essa è il principale operatore sul territorio comunale ed ha gestito regolarmente il servizio per oltre dieci anni, sia perché non varrebbe a giustificare il mancato invito la segnalazione all’ANAC disposta con il provvedimento di esclusione dalla precedente gara. Difatti si deve considerare che: A) essa, come già evidenziato, si configura come un consorzio stabile, in possesso dei requisiti per partecipare alla procedura, e del tutto autonomo rispetto alle consorziate in capo alle quali sono state ravvisate le violazioni che hanno determinato l’esclusione dalla precedente procedura; B) la predetta segnalazione, oltre ad essere illegittima (per le ragioni espresse nel terzo motivo di ricorso), costituisce soltanto l’avvio di un procedimento in contraddittorio dinanzi all’ANAC, che non ha ancora avuto corso.
  3. Roma Capitale si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 11 dicembre 2015 ha eccepito l’infondatezza delle suesposte censure evidenziando quanto segue: A) le tesi sostenute con il primo motivo di ricorso sono smentite dalla recente sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 4703 del 13 ottobre 2015; B) con riferimento all’irregolarità riguardante la società A., quest’ultima, nonostante i ripetuti solleciti, non ha mai contestato gli addebiti, mentre la ricorrente si è limitata a fere riferimento ad un incontro con i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ma non ha mai fornito documenti da cui si potesse desumere che la violazione non era definitivamente accertata; C) con riferimento all’irregolarità relativa alla società A., rilevano sia il fatto che la richiesta di rateazione dei predetti carichi tributari sia stata presentata solo in data 22 settembre 2015, ossia in data successiva alla presentazione dell’offerta della ricorrente (5 maggio 2015), sia il fatto che la stazione appaltante solo al momento della notifica del ricorso abbia appreso la notizia dell’impugnazione delle suddette cartelle esattoriali dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma; D) la ricorrente, avendo accettato la lex specialis, che prevede la costituzione di un deposito cauzionale a garanzia dell’offerta, non può invocare l’inapplicabilità dell’art. 75 del codice degli appalti, fermo restando che nel caso in esame l’obbligo dell’escussione della garanzia e della segnalazione all’ANAC è stato ribadito dalla stessa ANAC con il parere n. 147154 del 5 novembre 2015; D) la ricorrente non è stata invitata a partecipare alla c.d. gara ponte sia a causa della sua esclusione dalla gara informale, sia per ovvi motivi di opportunità, essendo venuto meno il rapporto di fiducia a seguito delle dichiarazioni non veritiere e in ragione di quanto emerso dagli organi di stampa, sia perché – avendo la stessa già gestito il servizio per oltre dieci anni – si è preferito applicare il principio di rotazione degli operatori economici, a vantaggio di una maggiore concorrenza, sia perché la ricorrente medesima ha manifestato tardivamente (in data 23 novembre 2015) la propria intenzione di partecipare alla procedura di gara, mentre la richiesta di offerta é stata inviata in data 17 novembre 2015 agli operatori economici identificati dalla stazione appaltante, con scadenza del termine per la presentazione delle offerte fissato per le ore 12.00 del 30 novembre 2015, e considerato l’avvio immediato del Giubileo della Misericordia si è ritenuto di non dover riaprire i termini.
  4. Anche la società M.P. 95 si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 14 dicembre 2015 ha eccepito l’infondatezza delle suesposte censure svolgendo considerazioni in parte analoghe a quelle di Roma Capitale. Inoltre ha eccepito la mancata impugnazione, da parte della società, della determinazione dirigenziale n. 1500 del 4 novembre 2015, con la quale – nelle more della conclusione della nuova gara indetta con la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015 – il servizio è stato affidato alla società Italsoccorso Srl.
  5. Questa Sezione con l’ordinanza n. 5676 del 17 dicembre 2015 ha respinto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente facendo espresso riferimento in motivazione soltanto alla posizione della società A..
  6. La società CLT con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 30 dicembre 2015 ha impugnato la nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015 – con la quale l’Amministrazione, nel riscontrare l’apposita diffida presentata dalla società ricorrente ai sensi dell’art. 243-bis del codice degli appalti, si è determinata nel senso di non intervenire in autotutela sul provvedimento di esclusione della ricorrente medesima e di non invitarla alla nuova procedura negoziata indetta ai sensi dell’art. 57, comma 2, del codice degli appalti – nonché la suddetta determinazione dirigenziale n. 1500 del 4 novembre 2015, deducendo le seguenti censure.
  7. I) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30, 34 e ss., 38, 57 e ss. e 243-bis del codice degli appalti; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, illogicità manifesta, irragionevolezza e sviamento di potere. La ricorrente sostiene che la determinazione di conferma del provvedimento con il quale è stata disposta la sua esclusione dalla gara risulta gravemente viziata per la violazione dei generali principi in tema di motivazione degli atti amministrativi, nonché dell’art. 243-bis del codice degli appalti, che imponeva alla stazione appaltante di rideterminarsi. Difatti la stazione appaltante non ha tenuto in alcuna considerazione le seguenti circostanze rappresentate nella diffida del 23 novembre 2015: A) la sopravvenuta sospensione, da parte della competente Commissione Tributaria, delle due cartelle esattoriali emesse nei confronti della società A.; B) l’errore commesso dalla stazione appaltante nel considerare, come violazione definitivamente accertata in capo alla consorziata A., una somma che, come risulta dalla suddetta certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, al momento dell’esclusione non risultava ancora iscritto a ruolo.
  8. II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 57 del codice degli appalti; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa, illogicità manifesta, irragionevolezza e sviamento di potere. La ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato è illegittimo anche nella parte in cui la stazione appaltante ha esternato le ragioni si è determinata nel senso di non invitarla alla nuova procedura negoziata indetta ai sensi dell’art. 57, comma 2, del codice degli appalti. In particolare – premesso che la stazione appaltante si è limitata affermare che, “visti i ristrettissimi tempi non procrastinabili per l’identificazione di un nuovo affidatario del servizio di cui trattasi, non si è ritenuto opportuno invitare codesto consorzio alla procedura negoziata … in quanto l’istanza è pervenuta il 24/11/15 e un suo accoglimento avrebbe comportato un differimento dei termini di presentazione delle offerte non conciliabile con l’urgenza di provvedere, dettata dall’imminente evento giubilare, come chiaramente esplicitato nei provvedimenti adottati” – la ricorrente deduce innanzi tutto che tale motivazione deve ritenersi pretestuosa in quanto: A) la determinazione di indizione della nuova procedura negoziata non prevedeva un’istanza di partecipazione di soggetti eventualmente interessati, bensì un invito della stazione appaltante, a seguito del quale il soggetto invitato avrebbe potuto partecipare alla procedura; B) lo stesso art. 57, comma 6, del codice degli appalti, nel disciplinare la procedura negoziata, dispone che “la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Gli operatori economici selezionati vengono contemporaneamente invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione”, senza prevedere una previa richiesta di partecipazione ovvero una manifestazione di interesse da parte di operatori interessati. Pertanto il mancato invito della ricorrente si porrebbe in contrasto con la normativa di riferimento e con i principi di trasparenza e di massima concorrenza che la stessa stazione appaltante pretende di garantire. Inoltre la ricorrente sostiene che la motivazione del provvedimento impugnato risulta ancor più pretestuosa se si considera che il giorno antecedente la sua adozione questo Tribunale, con decreto presidenziale n. 5366 del 30 novembre 2015, ha sospeso la nuova procedura negoziata e, quindi, anche la decorrenza del termine di presentazione delle offerte (ancora in corso a quella data). Pertanto, in ragione della sopravvenuta sospensione del termine fissato per la presentazione delle offerte, la stazione appaltante ben avrebbe potuto invitare la ricorrente senza alcun rischio di differimento dei termini, in quanto già sospesi.

III) Illegittimità in via derivata della determinazione di indizione della nuova procedura negoziata. La ricorrente – premesso che la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015 (con la quale è stata indetta una nuova procedura negoziata) e la successiva determinazione dirigenziale n. 1500 del 4 novembre 2015 (con la quale è stato disposto l’affidamento provvisorio del servizio) hanno come unico presupposto il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha disposto la sua esclusione dalla precedente procedura di gara – sostiene che anche tali provvedimenti devono ritenersi viziati, in via derivata, per effetto dei vizi che inficiano la precedente determinazione dirigenziale n. 1498 in data 3 novembre 2015.

  1. La ricorrente con memoria depositata in data 8 febbraio 2016 ha illustrato le suesposte censure ed ha insistito per l’accoglimento delle sue domande.
  2. Roma Capitale con memoria depositata in data 9 febbraio 2016 ha insistito per il rigetto dei ricorsi ribadendo le eccezioni sollevate con la sua precedente memoria.
  3. La ricorrente con memoria di replica depositata in data 12 febbraio 2016 – nel rappresentare la sopravvenuta pubblicazione della sentenza n. 1873 del 9 febbraio 2016, con la quale questa Sezione ha accolto il ricorso n. 9010/2015, proposto da M.P. 95, ed ha conseguentemente annullato gli atti dalla gara informale indetta ai sensi dell’art. 30 del codice degli appalti per l’affidamento della concessione del servizio di rimozione veicoli in sosta d’intralcio e/o pericolo nel territorio di Roma Capitale, e della sentenza n. 2330/4/16 del 4 febbraio 2016, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha accolto il ricorso proposto dalla società A. avverso le cartelle esattoriali che avevano determinato l’esclusione della ricorrente medesima dalla gara – ha rappresentato che tali pronunce risultano “dirimenti ai fini del presente giudizio”. Innanzi tutto la ricorrente sostiene che l’annullamento disposto con la sentenza n. 1873 del 2016 determina la caducazione dei provvedimenti con i quali è stata disposta la sua esclusione dalla prima gara, l’escussione della garanzia e la segnalazione all’ANAC, sicché a questo Tribunale non resterebbe che prendere atto della parziale sopravvenuta carenza di interesse del ricorso introduttivo. In via subordinata, per il caso in cui questo Tribunale non condividesse tale prospettazione in ordine agli effetti caducanti della predetta sentenza, la ricorrente afferma che risulta decisiva la suddetta sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con la quale è stata dichiarata l’inefficacia giuridica delle cartelle esattoriali che avevano indotto la stazione appaltante a ravvisare la violazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti in capo alla società A.. Inoltre la ricorrente sostiene che l’annullamento disposto con la citata sentenza n. 1873 del 2016 determina anche la caducazione degli atti della nuova procedura (tuttora in corso) per l’affidamento del servizio, in quanto indetta proprio in conseguenza della esclusione della ricorrente medesima dalla precedente procedura. In particolare, secondo la ricorrente, posto che la nuova gara è stata indetta ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett. c), del codice degli appalti proprio in ragione dell’urgenza determinata dalla esclusione della ricorrente, l’annullamento della precedente gara determinerebbe il venir meno dell’unico presupposto che aveva legittimato l’indizione della nuova procedura in deroga alle ordinarie regole di espletamento delle procedure di evidenza pubblica, anche perché l’art. 57, comma 2, lett. c), del codice degli appalti dispone che “le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alla stazione appaltante” e non v’è dubbio che l’annullamento della precedente procedura debba essere ritenuto imputabile alla stazione appaltante. Un’ulteriore ragione per la quale l’annullamento della precedente gara determinerebbe la caducazione della nuova gara sarebbe poi costituita dal fatto che – stando a quanto sostenuto da Roma Capitale nelle sue difese – la ricorrente non è stato invitato alla nuova gara proprio in ragione delle violazioni che avevano determinato la sua esclusione dalla precedente gara. Pertanto, anche con riferimento alla domanda di annullamento degli atti della nuova procedura negoziata, a questo Tribunale non resterebbe che prendere atto della sopravvenuta carenza di interesse del ricorso introduttivo. In via ulteriormente subordinata – per il caso in cui questo Tribunale non condividesse tale prospettazione in ordine agli ulteriori effetti caducanti della predetta sentenza, la ricorrente conferma il suo interesse all’annullamento degli atti della nuova gara, evidenziando che gli stessi sono stati impugnati anche in via autonoma, in ragione dell’illegittimo ed ingiustificato mancato invito a partecipare alla procedura stessa, e che la fondatezza della domanda è confermata dalla citata sentenza della Commissione Tributaria, che comporta il venir meno del motivo che ha determinato il mancato invito.
  4. Roma Capitale con memoria depositata in data 17 febbraio 2016 ha replicato alle considerazioni svolte dalla società ricorrente con l’ultima memoria, evidenziando quanto segue: A) la suddetta sentenza n. 1873 del 2016, sebbene immediatamente esecutiva, non è ancora passata in giudicato; B) fermo restando quanto precede, anche in ragione dell’orientamento fatto proprio da questa stessa Sezione nella sentenza n. 1882 del 9 febbraio 2016, non sussistono i presupposti per l’adozione di una pronuncia di sopravvenuta carenza di interesse, perché l’Amministrazione ha interesse a conoscere se un potenziale contraente possieda i requisiti generali e la predetta sentenza n. 1873 del 2016 non contiene alcun riferimento alla sussistenza o meno dei requisiti generali in capo alla società CLT; C) la invocata sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, oltre a non essere passata in giudicato, contiene una statuizione che, oltre ad apparire opinabile, appare irrilevante ai fini del presente giudizio in quanto affermare, ora per allora, che le notifiche delle cartelle esattoriali non siano state effettuate non significa che la stazione appaltante abbia errato nel considerare le violazioni contestate alla società A. come definitivamente accertate al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, perché la ricorrente non ha fornito un puntuale e rigoroso riscontro alle richieste della stazione appaltante. Quindi Roma Capitale ha manifestato il suo interesse ad una pronuncia che accerti l’insussistenza, al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, dei requisiti generali in capo alla ricorrente. Inoltre Roma Capitale – nel precisare che nella nota prot. n. 36883 del 12 febbraio 2016 sono state ribadite le circostanze che hanno precluso l’aggiudicazione definitiva della prima gara in favore della ricorrente e precludono la partecipazione della stessa alla gara in atto – ha evidenziato che: A) sono in corso i dovuti approfondimenti per l’erogazione del servizio anche in forma di autoproduzione ovvero secondo una procedura concorrenziale di evidenza pubblica comunitaria, nonché ulteriori approfondimenti, anche da parte dell’ANAC sul ruolo degli operatori economici che in passato hanno svolto il servizio per conto di Roma Capitale; B) alla luce degli atti di causa si rende opportuno estendere il contraddittorio anche nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ovvero disporre una verificazione sulla correttezza e definitività degli accertamenti tributari effettuati.
  5. Alla pubblica udienza del 9 marzo 2016 Roma Capitale ha prodotto copia delle note con le quali ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca della determinazione dirigenziale con la quale è stata indetta la nuova procedura negoziata, ai sensi dell’art. 57, comma 2, del codice degli appalti. Quindi, su richiesta della parte ricorrente, il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.

 

Motivi della decisione

 

  1. In via preliminare il Collegio ritiene che – sebbene questa Sezione, a seguito di un separato ricorso proposto dalla società M.P. 95, abbia annullato gli atti relativi alla prima gara indetta per l’affidamento della concessione del servizio di rimozione veicoli in sosta d’intralcio e/o pericolo nel territorio di Roma Capitale, a partire dall’avviso relativo all’indagine esplorativa pubblicato dalla stazione appaltante in data 18 maggio 2015 – persista l’interesse della società ricorrente all’annullamento dei seguenti atti: A) lettera di invito alla prima gara, di cui alla nota prot. n. (…) del 17 giugno 2015; B) determinazione dirigenziale n. 1498 in data 3 novembre 2015, con la quale sono state disposte l’esclusione della società ricorrente dalla prima gara, la non convalida dell’aggiudicazione provvisoria disposta in suo favore, l’escussione del deposito cauzionale e la segnalazione all’ANAC; C) nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015, limitatamente alla parte in cui l’Amministrazione si è determinata nel senso di non intervenire in autotutela sulla suddetta determinazione dirigenziale n. 1498 in data 3 novembre 2015. Si deve infatti rilevare che la sentenza di questa Sezione n. 1873 del 2016 – sebbene sia stata resa nell’ambito di un giudizio di cui era parte anche la società CLT – allo stato non risulta passata in giudicato.
  2. Sempre in via preliminare il Collegio ritiene che non possa essere accolta l’ulteriore prospettazione della società ricorrente, tesa ad estendere il c.d. effetto caducante della sentenza n. 1873 del 9 febbraio 2016 agli atti della seconda procedura di gara. Difatti, stando a quanto riferito da Roma Capitale nelle sue memorie difensive, il mancato invito della ricorrente a partecipare alla gara ponte sarebbe dipeso da molteplici ragioni, che possono essere riassunte come segue: A) l’esclusione della ricorrente medesima dalla prima gara; B) motivi di opportunità, connessi non solo al venir meno del rapporto di fiducia, a seguito delle dichiarazioni non veritiere rese nella prima gara, ma anche a notizie emerse dagli organi di stampa; C) la volontà dell’Amministrazione di applicare il principio di rotazione degli operatori economici; D) la circostanza che la società ricorrente abbia tardivamente manifestato la propria intenzione di partecipare alla nuova gara; E) l’avvio immediato del Giubileo della Misericordia, che ha sconsigliato la riapertura del termine per la presentazione delle offerte. Pertanto, sebbene sia innegabile che la gara ponte è stata indetta anche in conseguenza dell’esclusione della società ricorrente dalla prima gara, tuttavia non può ritenersi che gli atti della gara ponte siano parte della medesima sequenza procedimentale, perché le decisioni sottese all’indizione della gara ponte sono frutto anche di ulteriori autonome valutazioni della stazione appaltante. Deve allora ritenersi che persista l’interesse della società ricorrente anche all’annullamento: A) sia della determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015, con la quale è stata indetta la gara ponte, della nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015, limitatamente alla parte in cui l’Amministrazione si è espressamente determinata nel senso di non invitare la ricorrente alla gara ponte; B) sia della determinazione dirigenziale n. 1500 del 4 novembre 2015 con la quale è stato provvisoriamente disposto l’affidamento del servizio ad altri soggetti, nelle more della conclusione della gara ponte.
  3. Ancora in via preliminare il Collegio ritiene infondata l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla società M.P. 95 sul presupposto della mancata impugnazione, da parte della ricorrente, della determinazione dirigenziale n. 1500 del 4 novembre 2015, con la quale, nelle more della conclusione della nuova gara indetta con la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015, il servizio è stato affidato alla società Italsoccorso Srl. Difatti – premesso che l’interesse della società ricorrente riguarda evidentemente la gestione a regime del servizio – è sufficiente evidenziare che la predetta determinazione dirigenziale è stata impugnata con il ricorso per motivi aggiunti.
  4. Poste tali premesse, occorre procedere innanzi tutto all’esame dei primi due motivi del ricorso introduttivo (riproposti con i motivi aggiunti), con i quali la società CLT censura la sua esclusione dalla prima gara. In proposito il Collegio ritiene che non possa essere accolto il primo motivo (che avrebbe carattere assorbente), con il quale la ricorrente – sulla base di un’articolata ricostruzione della disciplina relativa ai consorzi stabili – perviene ad affermare che, anche in ragione della peculiare natura della gara in questione (procedura negoziata, indetta ai sensi dell’art. 30 del codice degli appalti), la stazione appaltante, invece di disporre l’esclusione della ricorrente stessa in ragione della asserita carenza dei requisiti generali in capo a due delle consorziate indicate nell’offerta, ben avrebbe potuto limitarsi a precludere l’esecuzione del servizio alle due consorziate, oppure chiedere alla ricorrente di revocare la dichiarazione presentata in sede di offerta, nella parte in cui essa dichiara di concorrere anche per conto delle predette consorziate. Difatti, secondo la giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 244; id., Sez. III, 4 marzo 2014, n. 1030), la connotazione di consorzio stabile comporta l’esecuzione delle prestazioni contrattuali ad opera di un soggetto affidatario costituito in forma collettiva, che stipula il contratto in nome proprio e per conto delle consorziate, con la conseguenza che ai fini della verifica dei requisiti di qualificazione, atti a comprovare la capacità tecnica e la solidità generale, il consorzio può cumulare quelli posseduti dalle imprese consorziate e usufruirne in proprio. Di conseguenza la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4703) ha chiarito che anche i consorzi stabili, se in forza della natura di soggetto collettivo legittimamente cumulano indistintamente i requisiti tecnici e finanziari delle imprese consorziate, devono tuttavia comprovare il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del codice degli appalti in capo ad esse; del resto, se così non fosse, per gli operatori economici privi dei requisiti di cui all’art. 38 risulterebbe agevole, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire ad un consorzio da utilizzare come “copertura elusiva” dell’obbligo di possedere i requisiti generali. Di conseguenza, posto che l’affidabilità morale rappresenta un requisito ineludibile e specifico per ogni singolo esecutore, la carenza dei requisiti di cui all’art. 38 in capo alle imprese consorziate indicate come esecutrici dell’appalto non può non comportare l’esclusione del consorzio stabile. Né giova alla ricorrente far leva sul fatto che l’art. 38 non sia espressamente richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice degli appalti. Difatti il terzo comma dell’art. 30 prevede espressamente che la scelta del concessionario deve avvenire “nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici” e la stessa ricorrente finisce per ammettere che le disposizioni dell’art. 38 – nel richiedere il possesso dei requisiti di ordine generale – costituiscono espressione di un principio di carattere generale e di matrice comunitaria, come tale senz’altro applicabile anche alle procedure per l’affidamento delle concessioni. Pertanto resta solo da evidenziare che – qualora si accedesse all’ulteriore prospettazione della ricorrente, secondo la quale nelle procedure per l’affidamento delle concessioni il principio sotteso all’art. 38 (secondo il quale sono esclusi dalla gara i soggetti privi dei requisiti generali) comunque non implica che la carenza dei requisiti generali in capo ad uno dei consorziati designati per l’esecuzione dell’appalto determini automaticamente l’esclusione del consorzio stabile – in tali procedure si riproporrebbe il rischio dell’adesione al consorzio come mero espediente per eludere l’applicazione del principio sotteso all’art. 38.
  5. Passando al secondo motivo di ricorso – con il quale la ricorrente mira a dimostrare l’insussistenza delle violazioni gravi rispetto agli obblighi tributari, che la stazione appaltante ha ritenuto “definitivamente accertate” in capo alle consorziate A. e A. e che hanno determinato la sua esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti – il Collegio preliminarmente osserva che non vi è motivo per disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle Entrate o per disporre l’esecuzione una verificazione sulla posizione fiscale delle predette consorziate, potendosi ritenere la stessa già adeguatamente acclarata in base alla documentazione versata in atti. Ciò premesso il Collegio osserva innanzi tutto che, con riferimento al requisito di regolarità fiscale di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti, costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili (cfr. parere dell’ANAC n. 199 del 5 dicembre 2012). Infatti, solo in tal caso l’inadempimento tributario può ritenersi indicativo del mancato rispetto degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse, mentre non è sufficiente la circostanza che l’operatore economico sia destinatario di una cartella esattoriale, attesa la necessità non solo che la pendenza con l’Erario sia stata debitamente accertata dai competenti organi come esistente ad una determinata data, ma anche che la pretesa tributaria si sia consolidata in favore della Amministrazione finanziaria per l’inutile decorso del termine di impugnazione. Ne consegue che, con particolare rifermento alla posizione della società A. – sebbene nell’attestazione dell’Agenzia delle Entrate in data 7 agosto 2015 (richiamata nella richiesta di chiarimenti formulata dalla stazione appaltante con nota del 14 agosto 2015) venga qualificata come “violazione definitivamente accertata” la seguente annotazione “Ricorso avverso l’AVV. RETT. E LIQ. 2007 S. 1T N. 001067-000 A 001 per l’anno d’imposta 2007, relativo alla società in oggetto deciso in I Grado con esito parzialmente favorevole all’ufficio con importo accertato di Euro 215.284,00” – tuttavia dal riferimento espresso ad un avviso di rettifica e liquidazione, contenuto in tale annotazione, ben si poteva desumere che il predetto importo di Euro 215.284,00 non equivaleva ad un debito di natura tributaria accertato nei confronti della predetta società, bensì al valore accertato dall’Agenzia delle Entrate, in relazione all’acquisto di un terreno da parte della società stessa, peraltro rideterminato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, a seguito di ricorso presentato dalla medesima società, in Euro 182.122,50. Coglie, quindi, nel segno la ricorrente quando afferma che tale annotazione non consentiva alla stazione appaltante di ritenere che la società A. fosse priva del requisito della regolarità fiscale al momento della presentazione dell’offerta, perché – come si può evincere dalla attestazione della medesima Agenzia delle Entrate in data 13 novembre 2015 (versata in atti anche da Roma Capitale) – solo in tale data l’Agenzia delle Entrate ha provveduto alla iscrizione a ruolo della somma complessiva di Euro 38.297,99 a titolo di imposte, interessi e sanzioni.
  6. Diverse considerazioni valgono – come già sommariamente indicato da questa Sezione nell’ordinanza cautelare n. 5676 del 2015 – per la posizione della società A., in relazione alla quale la stazione appaltante ha correttamente ritenuto di poter desumere la mancanza del requisito della regolarità fiscale non solo dall’attestazione dell’Agenzia delle Entrate in data 13 agosto 2015, richiamata nella richiesta di chiarimenti formulata con nota del 20 agosto 2015, ma anche dalla risposta a tale richiesta fornita dalla predetta società con nota del 10 settembre 2015. Difatti si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 18 novembre 2011, n. 6084; T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 13 settembre 2013, n. 4269), l’impresa che abbia ottenuto una rateizzazione del debito tributario deve essere considerata in regola ai fini della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, stante il valore novativo che tali atti assumono, fermo restando che la sussistenza del requisito della regolarità fiscale deve essere valutata con riferimento al momento ultimo per la presentazione delle offerte; pertanto la mera presentazione di una richiesta di rateizzazione del debito tributario non esclude – anzi conferma – il carattere della definitività del debito stesso, perché la rateizzazione implica la certezza dell’ammontare e dell’esistenza della pretesa erariale, la quale non può essere più contestata in sede giudiziale, e non è comunque pienamente certo il suo accoglimento prima della adozione del relativo atto, con l’ulteriore conseguenza che la dichiarazione di non aver commesso infrazioni definitivamente accertate non può essere validamente resa prima dell’effettivo accoglimento della domanda di rateizzazione. Ciò posto, con riferimento alla fattispecie in esame non può farsi a meno di evidenziare che la società A. – nel fornire i chiarimenti richiesti dalla stazione appaltante con la suddetta nota del 20 agosto 2015, in relazione al contestato mancato pagamento delle cartelle esattoriali n. 09720140092209401 (relativa ad un importo pari ad Euro 14.445,05) e n. (…) (relativa ad un importo pari ad Euro 22.572,91) – si è limitata a rappresentare soltanto che le cartelle stesse “sono in fase di istruttoria per la rateizzazione. Sarà premura di questa Società trasmettere copia dell’avvenuta rateizzazione di rateizzazione non appena l’Agenzia delle Entrate restituirà l’apposita modulistica”, senza fare alcun cenno all’intenzione di impugnare tali cartelle esattoriali innanzi alla competente Commissione Tributaria. Risulta quindi evidente che: A) da un lato, è stata la stessa società A. a fornire alla stazione appaltante gli elementi in base ai quali essa è stata ritenuta non in possesso del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti; B) dall’altro, nessun rilievo può assumere – ai fini della valutazione della legittimità dell’esclusione della società ricorrente – il fatto che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma abbia provveduto dapprima a sospendere le predette cartelle, con il decreto presidenziale n. 2638/4/15 del 18 novembre 2015, e poi a dichiararle inefficaci con la sentenza n. 2330/4/16 del 4 febbraio 2016. Difatti tali provvedimenti giurisdizionali sono successivi non solo alla scadenza del termine ultimo per la presentazione delle offerte (5 maggio 2015), ma anche all’adozione dell’impugnata determinazione dirigenziale n. 1498 del 3 novembre 2015.
  7. Una volta acclarata la legittimità della determinazione dirigenziale n. 1498 del 3 novembre 2015 e della nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015, nella parte in cui l’Amministrazione si è determinata nel senso di non intervenire in autotutela sulla predetta determinazione dirigenziale, resta da valutare la legittimità degli ulteriori provvedimenti adottati dopo che la prima gara è andata deserta e, in particolare, se debba ritenersi legittima o meno la scelta della stazione appaltante di non invitare la società ricorrente a partecipare alla nuova gara, scelta implicitamente operata con la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015 ed espressamente confermata con la nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015. A tal riguardo si è già evidenziato che – come più volte ribadito da Roma Capitale nelle sue difese – la decisione di non invitare la società ricorrente è maturata sulla base di molteplici ragioni, riassumibili come segue: A) l’esclusione della ricorrente medesima dalla prima gara; B) motivi di opportunità, connessi non solo al venir meno del rapporto di fiducia, a seguito delle dichiarazioni non veritiere rese nella prima gara, ma anche a notizie emerse dagli organi di stampa; C) la volontà dell’Amministrazione di applicare il principio di rotazione degli operatori economici; D) la circostanza che la società ricorrente abbia tardivamente manifestato la propria intenzione di partecipare alla nuova gara (motivazione espressamente ribadita con la nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015); E) l’avvio immediato del Giubileo della Misericordia, che ha sconsigliato la riapertura del termine per la presentazione delle offerte (motivazione espressamente ribadita con la nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015). Ebbene il Collegio ritiene che – dovendosi valutare la decisione della stazione appaltante in base al principio tempus regit actum – tale decisione non possa essere giudicata legittima, alla luce delle seguenti considerazioni.
  8. Innanzi tutto risulta fondato il quinto motivo del ricorso introduttivo (riproposto con i motivi aggiunti), nella parte in cui la ricorrente deduce che il mancato invito non può essere giustificato con il venir meno del rapporto di fiducia con l’Amministrazione. Difatti, con particolare riferimento alle ragioni che hanno determinato l’esclusione dalla precedente gara, alla quale ha fatto seguito anche la segnalazione all’ANAC, il Collegio osserva che: A) questa Sezione già nell’ordinanza cautelare n. 5676 del 2015 non aveva fatto alcun riferimento alla violazione contestata alla società A. come valido motivo che potesse giustificare l’esclusione della ricorrente dalla prima gara; B) se è vero quanto affermato in precedenza con riferimento alla posizione della posizione della società A. nell’ambito della prima gara, non può tuttavia sottacersi come, alla data del 1 dicembre 2015, la stazione appaltante avesse piena contezza del suddetto decreto presidenziale del 18 novembre 2015, perché tale provvedimento risulta allegato al ricorso introduttivo. Pertanto – posto che, come evidenziato dalla ricorrente, la segnalazione all’ANAC, di per sé, costituisce soltanto l’avvio di un autonomo procedimento – la sopravvenuta adozione del predetto decreto presidenziale, evidentemente idonea a far ritenere che la violazione contestata alla società A. dovesse ancora essere qualificata come definitivamente accertata, avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante a ritenere che l’esclusione della ricorrente potesse essere dipesa da una situazione di fatto oramai superata. Quanto poi agli ulteriori motivi di opportunità, connessi a notizie emerse dagli organi di stampa, trattasi evidentemente di ragioni che non possono, di per sé, giustificare il mancato invito di un operatore economico.
  9. Né può ritenersi che la decisione della stazione appaltante sia adeguatamente supportata dalla volontà di applicare il principio di rotazione degli operatori economici da invitare nelle procedure negoziate, espressamente richiamato dall’art. 57, comma 6, del codice degli appalti. Difatti la giurisprudenza ha precisato che il principio di rotazione, essendo funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, di guisa che: A) la sua episodica mancata applicazione non vale ex se ad inficiare gli esiti di una gara già espletata, una volta che questa si sia conclusa con l’aggiudicazione in favore di un soggetto già in precedenza invitato a simili selezioni, ovvero già affidatario del servizio (Cons. Stato, Sez. VI, 28 dicembre 2011, n. 6906); B) in difetto di situazioni particolari, riscontrabili ad esempio in ipotesi di precedenti inadempimenti contrattuali, non può essere invocato sic et simpliciter per escludere un concorrente che chieda di essere invitato a partecipare ad una procedura negoziata (T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. II, 14 ottobre 2015, n. 1325; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 16 gennaio 2015, n. 179; T.A.R. Molise Campobasso, Sez. I, 17 aprile 2014, n. 269). In definitiva, posto che l’art. 57, comma 6, del codice degli appalti pone sullo stesso piano i principi di concorrenza e di rotazione, la prevalente giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso di privilegiare i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione, per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare (anche) il gestore uscente del servizio a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale. Ciò posto, il Collegio ritiene che nel caso in esame il principio di rotazione non possa essere utilmente invocato per giustificare il mancato invito della ricorrente in quanto la stessa nel quinto motivo del ricorso introduttivo, oltre ad eccepire che ha regolarmente gestito il servizio per oltre dieci anni, ha eccepito di essere il principale operatore del settore attivo sul territorio capitolino, circostanza che trova riscontro nel fatto che sia l’unico soggetto che ha presentato un offerta nella prima gara. Pertanto il suo invito, lungi dal pregiudicare l’applicazione del principio di rotazione, avrebbe semmai favorito la concorrenza.
  10. Infine il Collegio ritiene che il mancato invito non possa essere giustificato dal fatto che la ricorrente abbia tardivamente manifestato la propria intenzione di partecipare alla nuova gara, né dall’avvio immediato del Giubileo della Misericordia. Difatti – a prescindere da ogni considerazione in merito alla circostanza che né la determinazione di indizione della nuova procedura negoziata, né l’art. 57 del codice degli appalti prevedono un’istanza di partecipazione da parte dei soggetti interessati – assume rilevanza decisiva il fatto che il giorno antecedente l’adozione della suddetta nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015 questo Tribunale, con decreto presidenziale n. 5366 del 30 novembre 2015, abbia sospeso la nuova procedura negoziata. Pertanto la stazione appaltante, quantomeno a seguito della ricezione della diffida presentata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 243-bis del codice degli appalti, ben avrebbe potuto invitare la società ricorrente a partecipare alla gara senza che ciò comportasse un “differimento dei termini di presentazione delle offerte non conciliabile con l’urgenza di provvedere”, posto che tali termini risultavano comunque già sospesi con il suddetto decreto presidenziale.
  11. Diverse considerazioni valgono per la domanda di annullamento della determinazione dirigenziale n. 1500 del 4 novembre 2015, con la quale è stato disposto l’affidamento provvisorio del servizio al solo fine di garantire la prosecuzione del servizio stesso nelle more dell’espletamento della gara ponte. Difatti la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di esclusione della società ricorrente dimostra l’infondatezza dell’unica censura dedotta avverso la predetta determinazione dirigenziale, incentrata sull’invalidità derivata della stessa per effetto dei vizi dei vizi che avrebbero dovuto condurre all’annullamento del predetto provvedimento di esclusione.
  12. Stante quanto precede, i ricorsi in epigrafe indicati devono essere accolti in parte e, per l’effetto si deve disporre l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015 e della nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015 nella parte in cui non ammettono la società ricorrente a partecipare alla nuova procedura negoziata.
  13. Tenuto conto del parziale accoglimento delle domande proposte dalla società ricorrente e della complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 14266/2015 e sul ricorso per motivi aggiunti in epigrafe indicato, li accoglie in parte e, per l’effetto, annulla la determinazione dirigenziale n. 1535 del 16 novembre 2015 e la nota prot. n. (…) del 1 dicembre 2015 nei limiti indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Elena Stanizzi, Consigliere

Carlo Polidori, Consigliere, Estensore