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Falso in bilancio, cambio di rotta della Cassazione: le “valutazioni sono ancora elemento del reato”.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Falso in bilancio, cambio di rotta della Cassazione: le “valutazioni sono ancora elemento del reato”.

Il Falso in bilancio, cambio di rotta della Cassazione: le “valutazioni sono ancora elemento del reato”. A cura di Maria Angela Trapasso Il nuovo falso in bilancio comprende anche le valutazioni quando queste ultime sono state effettuate in violazione di criteri determinati sul piano normativo oppure indiscussi su quello tecnico.

A queste conclusioni è approdata la Corte di cassazione con la sentenza n.677 depositata in data 3 marzo che cambia drasticamente orientamento rispetto alla decisione dello scorso luglio. In un’altra pronuncia della stessa Cassazione – la 33774, depositata il 30 luglio – si era invece attestata l’irrilevanza penale delle valutazioni nel falso in bilancio. Tali contrasti sembrerebbero far presagire un futuro pronunciamento delle Sezioni unite, sebbene bisognerà attendere se è destinata a consolidarsi una delle due linee interpretative del nuovo articolo 2621 del Codice civile.

La sentenza, in esame, in particolare sottolinea che il bilancio è composto in larga parte da enunciati estimativi o valutativi, frutto di operazioni concettuali che associano a determinate componenti un dato numerico nell’espressione di un giudizio di valore. «Non può allora dubitarsi – osserva la Cassazione nella sentenza in oggetto– che nella nozione di rappresentazione dei fatti materiali e rilevanti (da intendere nelle accezioni anzidette) non possano non ricomprendersi anche e soprattutto tali valutazioni». I giudici non eludono poi l’obiezione per la quale ogni valutazione ha in sé un coefficiente di soggettività e, di conseguenza, di opinabilità che non deve automaticamente essere oggetto di sanzione penale. Tuttavia ricordano che quando la valutazione deve essere parametrata a criteri predeterminati, di legge o di prassi universalmente accettate, costituisce falsità l’elusione da quei criteri nel senso di discordanza da un modello di verità convenzionale che può essere conseguito solo nel rispetto di quei parametri. Per la Cassazione le valutazioni espresse in bilancio non sono, dunque, frutto di semplici congetture o arbitrari giudizi di valore, ma devono uniformarsi a criteri valutativi determinati dalla disciplina civilistica – tra i quali il nuovo articolo 2426 del Codice civile – le direttive e i regolamenti di diritto comunitario (da ultimo, ricorda la Corte, la direttiva 2013/34/Ue). uovo falso in bilancio comprende anche le valutazioni quando queste ultime sono state effettuate in violazione di criteri determinati sul piano normativo oppure indiscussi su quello tecnico.

A queste conclusioni è approdata la Corte di cassazione con la sentenza n.677 depositata in data 3 marzo che cambia drasticamente orientamento rispetto alla decisione dello scorso luglio. In un’altra pronuncia della stessa Cassazione – la 33774, depositata il 30 luglio – si era invece attestata l’irrilevanza penale delle valutazioni nel falso in bilancio. Tali contrasti sembrerebbero far presagire un futuro pronunciamento delle Sezioni unite, sebbene bisognerà attendere se è destinata a consolidarsi una delle due linee interpretative del nuovo articolo 2621 del Codice civile. La sentenza,in esame, in particolare sottolinea che il bilancio è composto in larga parte da enunciati estimativi o valutativi, frutto di operazioni concettuali che associano a determinate componenti un dato numerico nell’espressione di un giudizio di valore. «Non può allora dubitarsi – osserva la Cassazione nella sentenza in oggetto– che nella nozione di rappresentazione dei fatti materiali e rilevanti (da intendere nelle accezioni anzidette) non possano non ricomprendersi anche e soprattutto tali valutazioni».

I giudici non eludono poi l’obiezione per la quale ogni valutazione ha in sé un coefficiente di soggettività e, di conseguenza, di opinabilità che non deve automaticamente essere oggetto di sanzione penale. Tuttavia ricordano che quando la valutazione deve essere parametrata a criteri predeterminati, di legge o di prassi universalmente accettate, costituisce falsità l’elusione da quei criteri nel senso di discordanza da un modello di verità convenzionale che può essere conseguito solo nel rispetto di quei parametri. Per la Cassazione le valutazioni espresse in bilancio non sono, dunque, frutto di semplici congetture o arbitrari giudizi di valore, ma devono uniformarsi a criteri valutativi determinati dalla disciplina civilistica – tra i quali il nuovo articolo 2426 del Codice civile – le direttive e i regolamenti di diritto comunitario (da ultimo, ricorda la Corte, la direttiva 2013/34/Ue).

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