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Diritto Penale. Nel reato di abuso d’ufficio l’associazione di consumatori può considerarsi persona offesa

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Nel reato di abuso d’ufficio l’associazione di consumatori può considerarsi persona offesa

La Corte di Cassazione, nella sentenza di sotto riportata, ha affermato il principio secondo cui l’associazione dei consumatori, in quanto legittimata, in base al Codice del Consumo, ad agire a tutela degli interessi collettivi degli associati in materia di diritto alla salute, può considerarsi persona offesa dal reato di abuso in atti d’ufficio, stante la natura di reato plurioffensivo, quando ha per fine o effetto di arrecare ad altri un danno ingiusto.

Nel caso in esame, l’associazione, che dichiarava essere un’associazione di consumatori di rilevanza nazionale ex art. 137 del citato decreto, lamentava la nullità assoluta del decreto di archiviazione, non essendo stata avvisata della richiesta di archiviazione quale persone offesa. Erroneamente il pubblico ministero, prima, e il giudice, poi, avrebbero negato alla ricorrente i diritti riconosciutidall’art. 91 c.p.p., dovendosi essa ritenere un’associazione portatrice di interessi qualificati, lesi dai reati riferiti in denuncia e suscettibili di provocare un danno diretto -patrimoniale e non patrimoniale- anche in capo all’associazione.

La Cassazione ha accolto il ricorso, in particolare osservando come l’associazione lamentava irregolarità nello svolgimento di procedimenti amministrativi volti all’autorizzazione di impianti potenzialmente pericolosi per la salute pubblica in aree ristrette comunali. Per effetto dell’espresso richiamo operato dall’art. 139 del Codice del Consumo al precedente art. 2, l’associazione doveva quindi ritenersi legittimata ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti in materia di diritto alla salute. Va a tale proposito rilevato, osservano i Supremi Giudici, che il delitto di abuso in atti d’ufficio (per cui si procedeva) è reato plurioffensivo quando ha per fine o effetto di arrecare ad altri un danno ingiusto. Il reato è alloraidoneo a ledere non solo l’interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della pubblica amministrazione, ma anche il concorrente interesse del privato a non essere turbato nei suoi diritti -nel caso che ci occupa, sub specie di interesse collettivo/corporativo dell’associazione alla tutela del diritto alla salute-dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale.

Cass. Pen., Sez. VI, 5 dicembre 2014, n. 51080

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovanni – Presidente –

Dott. CONTI Giovanni – Consigliere –

Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere –

Dott. MOGINI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G. N. IL (OMISSIS) parte offesa;

nel procedimento c/:

IGNOTI;

avverso l’ordinanza n. 3662/2012 GIP TRIBUNALE di CHIETI, del 19/04/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO MOGINI;

lette le conclusioni del PG Dott. CESQUI Elisabetta che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.

 

Svolgimento del processo

 

1. L’Associazione CODICI Abruzzo – Centro per i Diritti del Cittadino ricorre per il tramite del proprio difensore avverso il decreto di archiviazione emesso il 19 aprile 2013 dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Chieti nel procedimento penale rubricato contro ignoti al n. 819/2012 R.G.N.R. – n. 3662/2012 R.G. G.I.P. per il reato di abuso in atti d’ufficio.

2. Il 20 gennaio 2012 l’Associazione ricorrente ha presentato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Chieti una denuncia riguardante presunte anomalie di procedimenti amministrativi del Comune di (OMISSIS). La ricorrente chiedeva di essere informata nel caso di richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 408 c.p.p., comma 2. Tale informazione veniva peraltro omessa e il G.I.P. provvedeva comunque all’archiviazione del procedimento per insussistenza del fatto.

 

Motivi della decisione

 

1. Con unico motivo l’associazione ricorrente, che dichiara essere un’associazione di consumatori di rilevanza nazionale D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 137 e ss. lamenta la nullità’ assoluta del decreto di archiviazione impugnato. L’omessa previa informazione di essa persona offesa circa la richiesta formulata dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 408 c.p.p. avrebbe impedito la corretta instaurazione del contraddittorio e produrrebbe un vizio rilevante ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c). Erroneamente il pubblico ministero, prima, e il giudice, poi, avrebbero negato alla ricorrente i diritti riconosciuti dall’art. 91 c.p.p., dovendosi essa ritenere un’associazione portatrice di interessi qualificati, lesi dai reati riferiti in denuncia e suscettibili di provocare un danno diretto – patrimoniale e non patrimoniale – anche in capo all’associazione.

Chiede pertanto l’annullamento del decreto di archiviazione impugnato e la rimessione in termini per proporre opposizione.

2. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato.

3. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. L’associazione ricorrente dichiara essere un’associazione di consumatori di rilevanza nazionale, a tale titolo inserita nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 137 (“Codice del Consumo”). Lo stesso Codice, all’art. 2, riconosce e garantisce espressamente i diritti e gli interessi collettivi e individuali dei consumatori e degli utenti, dei quali promuove la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa. La tutela del diritto alla salute è posta dal Codice al primo posto tra i diritti fondamentali riconosciuti ai consumatori e agli utenti (art. 2, comma 2). Il successivo art. 139, che richiama al proposito l’art. 2, riconosce alle suddette associazioni la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti relativi alle materie disciplinate dal codice. Per effetto di tale richiamo, tra tali materie deve ritenersi compresa la tutela del diritto alla salute.

Diversamente dagli interessi diffusi, per definizione senza titolare, che possono subire pregiudizio anche se il bene leso non può divenire oggetto di appropriazione individuale, essendone preclusa la riconducibilità ai singoli interessati alla tutela, gli interessi collettivi considerati dalle citate norme del Codice del Consumo sono quelli propri ad una categoria di persone e riconducibili all’associazione che se ne fa portatrice, la quale è in possesso dei requisiti di struttura e rappresentatività imposti dalla legge ed è stata costituita proprio in vista della loro salvaguardia.

L’ente è in questo caso portatore di un interesse proprio, di tipo corporativo, distinto dalla somma degli interessi soggettivi comuni ai soci e/o a questi imputabili come singoli. Per questa gamma di interessi deve ritenersi ammesso l’autonomo intervento dell’ente quale persona offesa ai sensi dell’art. 90 c.p.p., anzichè’ quello, proprio agli enti solo equiparati all’offeso (e condizionato al consenso di quest’ultimo), di cui all’art. 91 c.p.p., potendo l’associazione far valere un interesse collettivo/corporativo suo proprio suscettibile di lesione diretta a seguito della condotta incriminata. Per di più, in tal caso risulta inapplicabile il limite recato dall’art. 212 norme coord. c.p.p., poichè è astrattamente configurabile in capo a siffatta associazione un danno risarcibile, azionabile nel processo nelle forme previste dall’art. 74 c.p.p..

4. Nel caso di specie l’esposto presentato dalla associazione CODICI Abruzzo lamenta irregolarità’ nello svolgimento di procedimenti amministrativi volti all’autorizzazione di impianti potenzialmente pericolosi per la salute pubblica in aree ristrette del Comune di (OMISSIS). Si è visto che per effetto dell’espresso richiamo operato dall’art. 139 del Codice del Consumo al precedente art. 2, l’associazione ricorrente deve ritenersi legittimata ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti in materia di diritto alla salute. Va a tale proposito rilevato che il rubricato delitto di abuso in atti d’ufficio è reato plurioffensivo quando ha per fine o effetto di arrecare ad altri un danno ingiusto.

Il reato è allora idoneo a ledere non solo l’interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della pubblica amministrazione, ma anche il concorrente interesse del privato a non essere turbato nei suoi diritti – nel caso che ci occupa, sub specie di interesse collettivo/corporativo dell’associazione alla tutela del diritto alla salute – dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale.

Ne consegue che il soggetto “danneggiato” riveste, ai sensi e per gli effetti dell’art. 90 c.p.p., la qualità di persona offesa dal reato ed è legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione del pubblico ministero (Sez. 6, n. 13179 del 29 marzo 2012; n. 17642 del 10 aprile 2008).

Per quanto precede, nel caso di specie v’è dunque coincidenza tra l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice che si assume violata e l’interesse perseguito istituzionalmente dall’associazione. Alla ricorrente, che ai sensi dell’art. 408 c.p.p., comma 2 aveva fatto espressa richiesta di essere avvisata dell’eventuale richiesta di archiviazione, deve dunque ritenersi attribuita, in qualità di persona offesa, la legittimazione a proporre opposizione avverso la richiesta del pubblico ministero. L’omissione di quell’avviso ha determinato la nullità del decreto di archiviazione (Sez. 3, n. 34220 del 24 giugno 2010). Il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato senza rinvio con trasmissione degli atti al pubblico ministero perchè provveda all’adempimento previsto dalla norma da ultimo citata.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2014