La Cassazione si pronuncia nuovamente sul furto con destrezza
In tema di furto, l’aggravante della destrezza si configura nell’ipotesi in cui “il comportamento dell’agente si estrinsechi in un quid pluiris rispetto all’ordinaria condotta diretta alla sottrazione-impossessamento del bene,…ossia a quanto comunemente necessario per porre in essere la condotta furtiva”.
E’ quanto ha stabilito la V sezione della Corte di Cassazione il 27 settembre scorso nella sentenza n°40262, ricordando la prevalente giurisprudenza in materia.
Preliminarmente, poiché la ratio di tale aggravante è preordinata a sanzionare l’aggressione al patrimonio in condizioni di minorata difesa, il quid pluris, di cui parla la Corte, può esplicarsi nella particolare capacità di approfittare di una situazione di tempo e di luogo momentaneamente favorevole per l’agente.
La particolare abilità della condotta dell’agente, che il legislatore intende maggiormente punire, si realizza quindi nell’approfittamento di questa frazione di tempo in cui la parte offesa si trova in una situazione di minorata difesa in quanto ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, perchè impegnata in attività di vita o di lavoro o distratta dallo stesso agente, intenzionato appunto a distoglierla dal controllo e dal possesso della cosa.
Quindi la condotta furtiva aggravata dalla destrezza deve costituirsi di due momenti.
L’azione di sottrazione-impossessamento deve necessariamente essere preceduta dall’azione volta ad approfittare di una situazione favorevole o a crearla.
Nel caso di specie, la Corte non rileva tale aggravante avendo gli imputati posto in essere delle manovre furtive del tutto goffe, tali addirittura da attirare l’attenzione dei vigilanti che immediatamente notano la sottrazione di merce dagli scaffali del supermercato.
In conclusione, quindi, la Corte ribadisce un costante orientamento giurisprudenziale volto a delineare le linee guida per l’accertamento dell’aggravante ex art. 625 co.1 n.4 c.p. che il giudice di merito deve seguire.