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La Cassazione delinea i contorni del concorso esterno in associazione di stampo mafioso.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

DIRITTO PENALE. La Cassazione delinea i contorni del concorso esterno in associazione di stampo mafioso.

Nell’architettura normativa disegnata dal Legislatore in materia penalistica è indubbio che la legge sia il punto di partenza ontologico e certo. Il principio di legalità vive di due rationes: una di carattere politico ed uno di carattere relazionale. Tuttavia, non può mancarsi di constatare il ruolo fondamentale dell’attività interpretativa da parte del giudice. Oggi, infatti, la piramide delle fonti di kelseniana memoria sembra sempre più lontana: non abbiamo più un diritto piramidale e statocentrico. Oggi abbiamo, più che altro, un sistema reticolare e policentrico. Peraltro, siamo molto lontani dalla concezione di Beccaria che voleva il giudice quale semplice “bocca della legge” in quanto il ruolo della giurisprudenza risulta sempre più complesso. Già da diversi anni, la Suprema Corte ha evidenziato la necessità di una relazione concorrenziale tra la legge e il giudice tant’è che – si afferma- il principio di legalità non può essere neanche immaginato senza la cooperazione della Giurisprudenza. La rilevanza del diritto vivente significa, dunque, legalità non solo formale ma anche materiale. Difatti, l’art. 7 della CEDU ha enucleato un concetto di legalità che comprende anche la giurisprudenza nel senso che, attualmente, oggi il principio di legalità formale deve fare i conti con un’innovata carica di legalità materiale. Giurisprudenza quale formante del principio di legalità.

Sede elettiva per registrare la tenuta del principio di legalità è offerta proprio dalla dibattuta figura del concorso esterno nei delitti associativi.

La fattispecie del concorso eventuale nei reati a cd. concorso necessario, ed in modo particolare il concorso esterno nel reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, ha rappresentato una vexata quaestio tant’è che si sono resi necessari molteplici interventi della giurisprudenza di legittimità (ex pluribus, Demitry, Carnevale, Mannino e Dell’Utri). Inizialmente, con la sentenza Demitry, si era introdotto l’elemento della cd. fibrillazione dell’associazione mafiosa; elemento, poi, non più richiesto dalla giurisprudenza successiva, essendo tuttavia necessario che sia provata una reale efficienza causale del contributo atipico del concorrente. Anche la Corte Edu si è pronunziata in subiecta materia nel noto caso Contrada, affermando che ci sarebbe stata violazione dei principi di legalità, tassatività, prevedibilità e determinatezza in quanto la ricostruzione ermeneutica sul concorso esterno in associazione di stampo mafioso sarebbe successiva all’epoca dei fatti contestati all’imputato.

Con la pronuncia in esame (Cass. pen. n. 32996/2016), la Suprema Corte ha annullato la sentenza del G.i.p. del Tribunale di Catania che era addirittura giunta alla conclusione che tale fattispecie criminosa “non potrebbe dirsi esistente nell’ordinamento giuridico italiano”. L’impugnata pronunzia basava la sua motivazione su due rilevanti sentenze del 2015: la pronuncia n. 48/2015 della Corte costituzionale nonché la sentenza Contrada della CEDU. I Giudici di Piazza Cavour hanno sconfessato l’impostazione del g.i.p., affermando che il concorso esterno in associazione di stampo mafioso non è un reato di elaborazione pretorile bensì si colloca nel pieno rispetto del principio di legalità (e dei suoi corollari) ex artt. 25 Cost. e 1 c.p. Difatti, la suddetta fattispecie criminosa rinviene la sua fonte normativa nel combinato disposto degli articoli 110 c.p., quale clausola estensiva del nostro ordinamento applicabile a tutte le norme di parte speciale, e dell’art. 416 bis del codice Rocco. Inoltre, gli Ermellini hanno precisato che il riferimento alla sentenza Contrada non appare pertinente in quanto la Cedu si è ivi preoccupata della prevedibilità dell’imputazione e non dell’esistenza del concorso esterno in associazione di stampo mafioso, per la quale non sussistono dubbi.

Rebus sic stantibus, il principio di legalità è fatto salvo, seppur nell’ottica di una fisiologica cooperazione con la giurisprudenza.

 

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Anna Sofia Sellitto
Giudice penale presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università “Federico II” in cinque anni accademici, discutendo una tesi in diritto penale. Presso il medesimo Ateneo, si è specializzata in professioni legali ed ha seguito il master-corso di perfezionamento in Diritto dell’Unione europea. Ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli ed ha conseguito il titolo di avvocato. Ha frequentato diversi corsi di approfondimento post lauream ed ha collaborato alla redazione del Codice di procedura civile 2017 di M. Santise, edito da Giappichelli.