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Controlimiti: la Corte Costituzionale rinvia alla Corte di Giustizia.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Controlimiti: la Corte Costituzionale rinvia alla Corte di Giustizia.

La Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 l. 130/2008 (Ratifica Trattato di Lisbona) nella parte in cui autorizza la ratifica e rende operativo l’art. 325 paragg. 1 e 2 T.F.U.E., torna ad affrontare la delicata questione dei rapporti tra diritto dell’Unione Europea e principi fondamentali dell’ordinamento nazionale, generatasi in merito all’istituto della prescrizione.

Nella ormai nota sentenza Taricco, la Corte di Giustizia ha affermato che l’art. 325 T.F.U.E. impone al giudice nazionale di non applicare il combinato disposto degli artt. 160, ultimo comma, e 161, secondo comma, c.p. (che comportano per i reati fiscali l’aumento di un quarto del tempo necessario a prescrivere), allorquando ciò gli impedirebbe di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave, che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, ovvero quando le frodi che offendono gli interessi finanziari dello Stato membro sono soggette a termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per le frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

La Corte di Cassazione (III Sez. Pen.) e la Corte d’Appello di Milano, in qualità di giudici rimettenti, dubitano della compatibilità di questa soluzione con i principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e con il rispetto dei diritti inalienabili della persona, in quanto la disapplicazione delle norme in materia di prescrizione, che concerne anche condotte anteriori alla data di pubblicazione della sentenza Taricco, determinerebbe un aggravamento del regime della punibilità di natura retroattiva. Mancherebbe, altresì, una normativa adeguatamente determinata, non essendo chiaro né il requisito della gravità delle frodi, né il concetto di numero considerevole di casi di impunità, la cui interpretazione verrebbe lasciata alla discrezionalità del giudice.

Ebbene, se per un verso, il riconoscimento del primato del diritto dell’Unione Europea è dato ormai acquisito, per altro verso, afferma la Consulta, l’osservanza dei principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e dei diritti inalienabili della persona è condizione perchè il diritto comunitario possa essere applicato in Italia. Qualora tale osservanza venisse meno, sarebbe necessario dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge nazionale di ratifica dei Trattati, per la parte relativa all’ipotesi normativa in contrasto. Non vi è dubbio, inoltre, che il principio di legalità in materia penale esprima principio supremo dell’ordinamento, posto a presidio dei diritti inviolabili dell’uomo. Ad esso è soggetto il regime della prescrizione, di talchè è necessario che esso sia analiticamente descritto da una norma che vige al tempo della commissione del fatto. Si tratta, infatti, di un istituto che incide sulla punibilità della persona e che rinviene la sua ratio nella valutazione legislativa di rinuncia alla pretesa punitiva da parte dello Stato, a fronte del trascorrere di un certo lasso di tempo dalla commissione del reato. Sebbene alcuni Stati membri diano una connotazione processuale all’istituto de quo, appare utile osservare che non sussiste nel diritto dell’Unione alcuna esigenza di uniformità, pertanto ciascuno Stato membro è libero di attribuire alla prescrizione natura sostanziale o processuale, in conformità con la sua tradizione costituzionale.

Sulla base di tali premesse, la Corte Costituzionale rinvia alla Corte di Giustizia europea al fine di sollecitare un nuovo chiarimento sul significato da attribuire all’art. 325 T.F.U.E. sulla base della sentenza resa nella causa Taricco; in particolare, la Consulta chiede se tale norma debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare la normativa nazionale in materia di prescrizione, sebbene ciò sia privo di una base legale sufficientemente determinata, ad onta del carattere sostanziale dell’istituto de quo, soggetto, per ciò solo, al principio di legalità. Da qui, l’ulteriore quesito relativo al se la sentenza Taricco debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di disapplicare le norme in tema di prescrizione anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione di uno Stato membro.