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Si può derogare il principio di rotazione negli appalti pubblici?

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Par condicio contrahendi e garanzia di massima partecipazione a tutti gli operatori economici sul territorio Europeo, come noto, devono essere gli unici fari ad orientare l’operato della stazione appaltante nell’affidamento delle commesse pubbliche.

Quid iuris, nel caso in cui l’amministrazione ha la necessità e l’urgenza di affidare un determinato servizio all’operatore economico uscente e, soprattutto, a quali condizioni può esser derogato il principio di rotazione negli appalti pubblici?

Sulla tematica, si segnala un recente contributo ermeneutico del Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 17 gennaio 2019 n. 435 che ha stabilito: «Il concorrente che lamenti la mancata applicazione del principio di rotazione, può ricorrere già avverso l’ammissione del gestore uscente, che concreta a suo danno, in via immediata e diretta, la paralisi di quell’ampliamento delle possibilità concrete di aggiudicazione che il principio di rotazione mira ad assicurare».

Il filo conduttore che guida le argomentazioni dei Giudici amministrativi, si rinviene nello scopo che il legislatore intende perseguire con attraverso l’introduzione del principio di rotazione. In particolare, il suddetto principio tende di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), ciò è maggiormente avvertito nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.

È imperativo, quindi, per la pubblica amministrazione favorire la distribuzione temporale delle opportunità di guadagno tra tutti gli operatori potenzialmente idonei.

Di converso, una deroga al principio di rotazione è ammessa solo se le ragioni di eccezionalità e le impellenti esigenti che l’amministrazione intende perseguire siano adeguatamente motivate, con particolare riferimento, ad esempio, al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento.

Al di fuori dei casi previsti, l’operatore economico – che lamenti la mancata applicazione del principio di rotazione – può tutelare le proprie ragioni impugnando il provvedimento di ammissione del gestore uscente, giacché tale determinazione concretizza, in via immediata e diretta,  un danno nella sua sfera giuridica con la consequenziale impossibilità di inverare la tanto vituperata libera concorrenza che il principio di rotazione mira ad assicurare (cosi già Cons. Stato, VI, 31 agosto 2017, n. 4125).

Pertanto, ai sensi dell’art. 120 comma 2-bis del Codice del processo amministrativo, il dies a quo di proposizione del ricorso decorre dell’ammissione del concorrente per violazione del principio di rotazione, verificandosi la condizione prevista d il quale individua nella data di pubblicazione dell’atto di ammissione, ex art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, o comunque nel giorno in cui l’atto stesso è reso in concreto disponibile, secondo la nuova formulazione dell’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, introdotta dall’art. 19 d.lgs. n. 56-2017 (Cons. Stato, V, sentenza breve 3 aprile 2018 n. 2079).