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Coronavirus: Il TAR ha accolto il ricorso del governo contro l’ordinanza della Regione Calabria

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Con ricorso innanzi al T.A.R. per la Calabria, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato l’ordinanza n° 37 del 29 Aprile, con la quale il Presidente della Regione Calabria aveva autorizzato la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie ed agriturismi con la somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto.

Nel ricorso predisposto dall’Avvocatura dello Stato, il Governo aveva sostenuto che l’ordinanza della governatrice Jole Santelli anticipava di fatto “l’efficacia di disposizioni di allentamento delle misure restrittive di contrasto e contenimento del contagio da Covid-19” ed inoltre che risultava “emanata senza alcuna previa interlocuzione formale con il Gooverno” e dopo “un iter istruttorio lacunoso, illogico e senza alcuna motivazione scientifica”.

Nella sua memoria difensiva, la Regione Calabria aveva eccepito il difetto di giurisdizione, ritenendo che la questione dovesse essere risolta innanzi alla Corte Costituzionale, quale giudice dei conflitti di attribuzione ai sensi dell’art. 134 della Costituzione, rimarcando peraltro “l’assoluta legittimità del provvedimento e la piena conformità ai principi di adeguatezza e proporzionalità richiamati dal D.l n° 19 del 2020 per la rimodulazione delle miure regionali ai rischi effettivamente presenti sul territorio”.

Con sentenza ex art. 60 del c.p.a., precisamente la n° 841 del 09.05.2020, i giudici hanno definito la questione.

Il giudice amministrativo, nella sua motivazione, ha premesso l’impossibilità di sostituirsi alle amministrazioni nel delicato bilanciamento dei molteplici interessi in gioco: da un lato, il diritto alla salute; dall’altro, la libertà di iniziativa economica e privata.

Pertanto, la valutazione effettuata dal G.A., quale giudice naturale della funzione pubblica, è meramente tecnica e tesa alla verifica della legittimità del provvedimento impugnato.

Partendo dall’analisi normativa dell’art. 41 della Costituzione, il T.A.R. ha osservato che l’ordinamento nel riconoscere la libertà di iniziativa economica, prevede che essa non possa svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Tuttavia, ha riconosciuto anche che non è prevista una riserva di legge in ordine alle prescrizioni da imporre all’imprenditore allo scopo di assicurare che l’iniziativa economica non sia di pregiudizio per la salute pubblica, sicché tali prescrizioni possono essere imposte anche con un atto di natura amministrativa.

Pertanto, il T..A.R. non ha colto “(…) un contrasto, in particolare nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, tra la citata norma costituzionale e una disposizione legislativa che demandi al Presidente del Consiglio dei Ministri di disporre, con provvedimento amministrativo, limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti, allo scopo di affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus COVID-19. (…) Tanto più che, come rivela l’esame dell’art. 1 del d.l. n. 19 del 2020, il contenuto del provvedimento risulta predeterminato (…) mentre alla discrezionalità dell’Autorità amministrativa è demandato di individuare l’ampiezza della limitazione in ragione dell’esame epidemiologico (…)”.

In buona sostanza, secondo il T.A.R. spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri l’individuazione delle misure necessarie a contrastare la diffusione della pandemia sanitaria (Art 117, comma 2 e 3 della Costituzione), mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art. 3 del D.L. n° 19 del 2020 che, nel caso di specie, non risultano integrati.

A tale proposito, il Collegio ha anche osservato che da un lato il d.l. n° 19 del 2020 comporterebbe un’inammissibile delega al Presidente del Consiglio dei Ministri del potere di restringere le libertà, ma ha anche riconosciuto che proprio il principio di sussidiarietà dell’art. 118, comma 1,della Costituzione impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali debba essere operata al livello amministrativo unitario.

Il T.A.R., inoltre, ha avvalorato le sue considerazioni affermando che: “(…) una volta accertato che l’individuazione nel Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Autorità che deve individuare le specifiche misure necessarie per affrontare l’emergenza è conforme al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., deve altresì essere affermato che ciò giustifica l’attrazione in capo allo Stato della competenza legislativa, pur in materie concorrenti quali la «tutela della salute» e la «protezione civile (…)”, richiamando un precedente della Corte Costituzionale, la sentenza n° 303 del 01.10.2003, con la quale il giudice delle leggi aveva teorizzato che “(…) l’avocazione della funzione amministrativa si deve accompagnare all’attrazione della competenza legislativa necessaria alla sua disciplina, onde rispettare il principio di legalità dell’azione amministrativa, purché all’intervento legislativo per esigenze unitarie si accompagnino forme di leale collaborazione tra Stato e Regioni nel momento dell’esercizio della funzione amministrativa (…)”.

Di conseguenza, secondo il T.A.R. “(…) l’art. 2 d.l. n. 19 del 2020 prevede espressamente che il Presidente del Consiglio dei Ministri adotti i decreti sentiti – anche – i Presidenti delle Regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale. Quanto illustrato esclude che si possa affermare che nel caso di specie siano stati attribuiti all’amministrazione centrale dello Stato poteri sostituitivi non previsti dalla Costituzione. L’art. 120, comma 2 Cost., invero, prevede che «il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. (…) Nel caso di specie non vi è stato un intervento sostitutivo dello Stato, bensì avocazione delle funzioni amministrative in ragione del principio di sussidiarietà, accompagnata dalla chiamata in sussidiarietà della funzione legislativa “(…)”.

Inoltre, il d.P.C.M. 26 aprile 2020, dal canto suo, non è un atto a carattere normativo, bensì un atto amministrativo generale; esso non può essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice amministrativo, essendo piuttosto onere del soggetto interessato promuovere tempestivamente l’azione di annullamento

Con riguardo agli ulteriori motivi di ricorso avanzati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il T.A.R. ha accolto il difetto di motivazione ravvisato nell’ordinanza regionale, prevedendo a tale proposito che l’ordinanza regionale motivava la nuova deroga alla sospensione dell’attività di ristorazione con il mero riferimento al valore di replicazione del virus, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia.

Al contrario, i giudici calabresi hanno sentito l’esigenza di porre in primo pianto il fatto che, come ormai noto, il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto, ma anche da altri elementi, quali: a) l’efficienza e capacità di resistenza del sistema sanitario regionale; b) l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate.

In tale ottica, pertanto, è necessario fare riferimento ad un più generico principio, quello europeo, il cd. principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici, soprattutto in un contesto di assoluta incertezza sanitaria.

Siffatto principio, come già riconosciuto dallo stesso Consiglio di Stato, deve tradursi in una prevenzione anticipata dei potenziali rischi e, di conseguenza, un provvedimento come quello calabrese è sicuramente contrario a tali coordinate ermeneutiche.

In ultimo, il T.A.R. ha anche riconosciuto da parte della Regione Calabria una violazione del principio di leale collaborazione, consistito nell’omessa consultazione preventiva del Governo; tale ultima violazione è considerata dalla giurisprudenza amministrativa, quasi unanimemente, quale elemento sintomatico del vizio dell’eccesso di potere (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. del 14 dicembre 2001, n° 9),

Alla luce delle criticità rilevate, la I Sezione del T.A.R. per la Calabria ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, annullando per l’effetto l’ordinanza della Regione Calabria e respingendo le eccezioni di inammissibilità sollevate dal “governo” calabrese.